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“A chi vi dichiara cosa serve il latino e il greco voi dovete replicare: cosa servi tu? So che non è semplice abitare in Calabria ma qui ci sono le migliori maturità anche se l’Italia fa davvero poco per questa terra. Tutto ha una costruzione culturale”. Il cantautore Roberto Vecchioni il 27 febbraio incontra gli studenti del Liceo classico “Tommaso Campanella”, insieme alla preside Maria Rosario Rao e al professore Giovanni Mollica, per parlare della paura di vivere e morire sostenuta nel suo libro edito Einaudi “Il mercante di luce”. Una storia in cui traspare la poesia, l’arte e la bellezza ma anche la povertà del genere umano. Inizia così il professore ricordando agli studenti Gramsci che diceva: “non impariamo il greco e il latino per parlarlo perché sarebbe una pazzia ma lo impariamo per imparare a studiare. E’ tutto un sistema di cose nella lingua greca e latina che ci insegna a mettere insieme i pezzi del mondo, a riunirli – dice il professore Vecchioni – e non si studia solo al liceo ma si studia per tutta la vita. E chi non ha studiato queste lingue non sa davvero come risolvere i problemi”. Poi spazio alla sua “creatura” letteraria, a sfogliare le pagine del libro intrisi di sentimenti forti e afferma: “Prima di scrivere questo libro ne ho scritti altri sette – raccontaVecchioni – ma questo doveva essere il romanzo, quello che affrontava due importanti campi: l’amore tra un genitore e un figlio e l’amore per la bellezza della cultura. Stefano Quondam non mi assomiglia per nulla pur essendo un professore e amante della cultura classica, è arrabbiato con il mondo mentre il figlio diciassettenne Marco, affetto da progeria, rara sindrome che causa l’invecchiamento precoce, ha dentro un tarlo perché sa che presto morirà. Il padre allora deve dare un senso agli ultimi giorni di vita del ragazzo e deve dargli tutte quelle cose che sono nella poesia greca. L’amore, la notte, le stelle, la passione ma una cosa è dar tanto e un’altra è dar tutto. Stefano nutre lo sfortunato figlio con un cibo molto particolare a base di poesia e mitologia greca, mentre lateralmente scorre il mondo e in due mesi, riuscirà a lasciare al ragazzo la sua eredità”. Vecchioni parla delle preoccupazioni dei genitori per i figli, sul tempo che passa e quello che rimane di un uomo.” Ma chi è veramente il mercante di luce? “Il mercante non è il papà: questo è un uomo arido e non ama la vita mentre il figlio vuole comprendere il mistero del vivere . Il loro è l’ultimo incontro nel quale il padre espone quanto sia bella la poesia degli uomini quella che viene dall’antichità. “Non si deve aver paura né della vita né della morte. Sembra strano questo concetto perché tutti quanti abbiamo paura di finire un percorso ma non possiamo avere paura di vivere”. E per piegare questa angoscia, Stefano vuole guidare il figlio attraverso un viaggio nelle riflessioni degli antichi saggi, perché possa recuperare “dentro” ciò che gli difetterà per sempre “fuori”: il pathos esistenziale che i greci usarono per condire la loro felicità. Il figlio, dotto e curioso, è colpito davanti a quello che sa della vita e a un padre che gliene spiega il senso. Il senso che li congiunge è la poesia greca. “Oggi, c’è tanta preoccupazione: i ragazzi non avendo punti di riferimento devono accostarsi da qualche parte. Purtroppo, i genitori per vari impegni e problemi, non riescono ad ascoltarli e gli educatori sono missionari ma i ragazzi hanno perso la voglia, la curiosità di comprendere le cose. Il senso della vita non è far tutto in breve tempo ma è il senso della lentezza, della pazienza, del desiderio di centellinarla, di gustarla e di non spaventarsi eccessivamente. La vita è anche queste tenerezze, queste amabilità, queste fugacità e non importa quanto viviamo ma quanto luce viviamo. La vittoria è mia, ce l’ho dentro – conclude Vecchioni – e, alla fine, al papà sfugge la paura della vita così come al figlio sfugge la paura della morte. Sapere governare queste due forze, vita e morte, è la vera vittoria dei due protagonisti”.
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