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No, non è stato piacevole per nulla l’intervento del Governatore al Congresso provinciale del Pdl di Reggio Calabria. Si può capire che sentirsi assediati per gli attacchi che si subiscono, ormai senza soluzione di continuità, da molto tempo, può far perdere lucidità, ma scivolare pesantemente, così com’è scivolato, non era proprio il caso. No, non era proprio il caso considerando che non si è trattato di semplice infortunio quanto, piuttosto, dell’emergere, dinanzi alle difficoltà del presente, di mai sopite nostalgie di cultura autoritaria e totalitaria di cui ci si è pasciuti in gioventù. Ma l’operazione, che nell’immediato ha potuto ricevere sostegno ed applausi, è un’operazione a perdere dinanzi all’opinione pubblica calabrese e nazionale.
Stimolare gli istinti irrefrenabili della pancia, di una parte dei propri sostenitori, infatti, è indice di difficoltà argomentativa e di manipolazione strumentale, né più e né meno come quando (in termini calcistici) si tenta di mandare la palla in fuorigioco. A che serve, infatti? Non certamente a ridurre la pressione degli avversari contro il Governatore e la sua politica, ma solo a riproporre, nella fattispecie, vecchie divisioni tra Reggio ela Calabria, quelle esistenti nella sua stessa città, e quelle presenti all’interno dello stesso PdL dove non ci sono solo ex militanti di AN o nostalgici del vecchio MSI, ma anche forze genuinamente libertarie e democratiche che, a suo tempo, hanno risposto all’appello di Berlusconi, al fine di evitare il pericolo di consegnare il paese ad una sinistra illiberale.
Non solo debolezza, però, ma anche assenza di lucidità che nessuna platea plaudente può mai sostituire. Solo una difficoltà d’analisi può, infatti, far regalare un terreno politico a forze che, fino ad ora annaspavano inseguendo soluzioni giudiziarie, e che adesso sfrutteranno a pieno il gratuito regalo.
Sbaglia, quindi, platealmente Scopelliti quando rispolvera vicende di 40 anni fa con chiavi di lettura di parte. La manifestazione dei 60.000, con la parola d’ordine ‘Nord e Sud uniti nella lotta’ non fu decisa dalla CGIL e dai sindacati di categoria degli edili e dei metalmeccanici di Cgil, Cisl ed Uil, ‘contro la città di Reggio’, ma a favore della stessa per farla uscire dall’isolamento in cui era stata trascinata dalla cecità dei gruppi dirigenti che, con il motto ‘boia chi molla’, puntavano a sfruttare la protesta popolare senza offrire alcuno sbocco positivo.
Da quella manifestazione si è snodato un percorso che ha portato ai grandi movimenti sindacali reggini degli anni ’70, al grandioso movimento per la ‘vivibilità di Reggio’, ed a conquistare quel famoso ‘decreto Reggio’ che ancor oggi produce i suoi effetti, se è vero, come è vero che proprio quel decreto ha permesso alla città di migliorare il suo ‘status’, ed al Governatore di costruire il suo iter politico.
E’ quel decreto, infatti, che ha dato vita al cosiddetto ‘modello Reggio’, tanto osannato in ogni angolo della Calabria e d’Italia, ma che, più correttamente, andava e va indicato come ‘modello decreto Reggio’. Si è trattato di uno strumento straordinario di cui pochi, allora, ne capirono l’importanza e fra essi non certamente gli eredi del ‘boia chi molla’ che restavano ostili e in buona compagnia con la sinistra di matrice comunista.
Utilizzare quella manifestazione per poter attaccare qualche giornalista le cui inchieste, oggi, non piacciono, è misera cosa. I giornalisti non vanno osannati solo quando fa comodo, ne vanno demonizzati quando le loro posizioni non collimano con i propri percorsi. Per prendere le distanze da giornali le cui impostazioni sono lontane dalle nostre scelte c’è un sistema semplicissimo: evitare di finanziarli direttamente o indirettamente e senza, comunque, parlare di complotti tutti da dimostrare.
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