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Chi ieri si innalzava a censore e fustigatore dei fatti altrui, oggi è costretto a riflettere sulle proprie magagne. Non si può ragionare con il “così fan tutti” perché si precipiterebbe in un vortice senza fondo.
Le dimissioni da Assessore del mio amico Luigi Tuccio vanno lette nell’ottica della politica vissuta come servizio alla comunità che si rappresenta. Luigi, con questo gesto, ha plasticamente dimostrato l’essenzialità di un patrimonio morale verso il quale tutti dovrebbero avere riconoscenza.
È chiaro tuttavia che non si può permettere che il futuro della nostra città sia affidato nelle mani di chi, alimentando artatamente la cultura del sospetto (senza che ci siano elementi basilari che in uno stato di diritto possano essere considerati degni di una seppur minima azione giudiziaria) tenti di far passare sotto silenzio la propria incapacità politica, se non i propri problemi etici.
Non è accettabile che ci siano soggetti che reputino di potere alzare il dito contro chiunque a seconda delle convenienze o degli schieramenti. Certamente ci sono e ci saranno sempre i giustizieri del giorno e della notte, le comari del paesino custodi del sacro fuoco dell’indignazione, i “Richelieu” cui bastano tre righe per una condanna a morte.
Ma contro i giustizieri, le comari del paesino e i Richelieu ci sono secoli di lotte e di vittorie del diritto e della democrazia. Cari censori dalle vesti stracciate, ricomponetevi. Esistono leggi e consultazioni. Il resto è chiacchiera degna tutt’al più di qualche giornaletto scandalistico, che sbatte il “mostro” in prima pagina.
Ma, stando così le cose, il vero mostro è colui il quale viene additato alla gogna pubblica o chi tenta, in ogni modo e con ogni mezzo, di denudarlo per mostrarne le presunte deformità? Non è esercizio edificante esibirsi in sterili acrobazie per tentare di dimostrare che la propria casa non è in rovina solo perché la casa del vicino sembra avere una crepa. Riparate le vostre case, dopo potrete occuparvi delle eventuali crepe degli altri.
Ed allora, in tal senso, il nobile gesto di Luigi Tuccio va valorizzato e, soprattutto, andrebbe colto come occasione per aprire un dibattito culturale e sociologico sulle infiltrazioni mafiose e sul contesto difficile esistente nella nostra realtà. Dove tutti, nessuno escluso, dovrebbero avere il coraggio di mettersi in discussione, di tentare di comprendere il perché di un male pervasivo che non risparmia nessun settore e che si insinua malignamente. Chi moralizza e giudica rifletta. Chi avvelena taccia e impari da un grande Uomo quale è Luigi Tuccio.
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