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Parte la “maratona” di “Tabularasa 2011 – Lo Scandalo”, un processo di sviluppo culturale che non solo vuole lasciare il segno in questa terra ma vuole creare un momento di riflessione per il nostro paese.
Ripartire, cambiare la formamentis di un’Italia che non può più tacere e disconoscere la verità, “urlare” gli scandali per non dimenticare, per non perdersi.
E queste tre settimane della kermesse culturale organizzata dall’Associazione Urba, editrice della testata on line Strill.it,, serviranno per condividere ed iniziare assieme al popolo reggino un percorso di crescita necessario. Questa scommessa inizia proprio da Piazza Castello con un tema ostico, “Donne e uomini ammazzati dalla ‘ndrangheta”, dove ad ascoltare gli ospiti c’è la città, ci sono tanti giovani, adulti, professionisti, anziani che sperano ancora di avere una società “per bene”, hanno voglia di “scoprire” la storia e chiamare le cose con il proprio nome.
Si parte quindi con due giovani giornalisti calabresi Danilo Chirico e Alessio Magro, impegnati in prima linea in quella battaglia culturale atta a restituire un’identità a tutti quegli anonimi che non hanno avuto giustizia. Insieme ai due autori del libro “Dimenticati” edito da Castelvecchi Editore, agli organizzatori della kermesse Giusva Branca e Raffaele Mortelliti, hanno risposto all’appello di “Tabularasa” Giuseppe Pignatone (Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria), Francesco Forgione (già Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia) e Filippo Veltri (Responsabile redazione calabrese Ansa). Tutto comincia da storie cancellate delle vittime di ‘ndrangheta, storie criminali intrise di nomi, volti, corpi innocenti che, ancora oggi, sono sconosciuti.
“In Italia sbagliano sia a scriverla che a pronunciarla e, se ci pensiamo un attimo, questo è davvero emblematico. Abbiamo un ritardo di 30 anni – afferma il giornalista Chirico – per troppo tempo, abbiamo fatto finta di non sapere cosa sia la ‘ndrangheta pur sapendo che è la più potente delle mafie.
La ‘ndrangheta ha un consenso sul territorio ed è questo che la rende forte. Nel libro “Dimenticati” non solo raccontiamo storie di vittime della ‘ndrangheta che per amore della propria terra sono morte ma sfatiamo il codice criminale secondo il quale i malavitosi non uccidono donne e bambini”.
“ E’ un libro bello e importante perché ci interroga, interroga la nostra terra e sprona la sua gente a ricostruire la nostra memoria – aggiunge Forgione – Ci illudiamo che la nostra terra sia pacificata ma in realtà, è intrisa di ipocrisia: dobbiamo combattere l’ipocrisia, un atteggiamento collettivo che non ha voluto vedere la ‘ndrangheta come potere, Oggi finalmente questo cono d’ombra si è rotto e se siamo qui in tanti a discutere, a parlare del fenomeno vuol dire che le cose sono cambiate. Se non la sconfiggiamo qui non riusciremo a sconfiggerla nel paese.
Col tempo, la ‘ndrangheta ha radicato le sue radici perché ha avuto un consenso collettivo tacito, omertoso e noi dobbiamo combatterlo con tutte le nostre forze ma non bastano buoni magistrati e forze dell’ordine per prosciugare questo male. Dobbiamo costruire una stagione di indignazione. I buoni magistrati non sono quelli dei salotti televisivi ma quelli che fanno i processi in Tribunale. Abbiamo bisogno di rigore. Cominciamo a lavorare sulla società civile, i simboli vanno bene ma se sono simboli collettivi”.
L’ex Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia è un fiume in piena e si indigna nella “nomina in giunta del cognato di un malavitoso che, sicuramente, non sarà un comportamento penalmente perseguibile ma moralmente ripugnante”.
“Non ricordarsi delle vittime di ‘ndrangheta è una dimenticanza colpevole – postilla Filippo Veltri –Dobbiamo avere la consapevolezza che noi stiamo partendo: se non partiamo da qui, da questa terra, non andremo da nessuna parte tantomeno la magistratura. Il cono d’ombra sono i dimenticati, è la volontà di chi ha voluto sottacere gli eventi”.
Ma il “problema numero uno della Calabria è che Reggio è la capitale della ‘ndrangheta – aggiunge Pignatone – Il libro “Dimenticati” costruisce la base della memoria, dobbiamo saper ricordare e non rimuovere le centinaia di morti che ci sono dietro di noi.
Ognuno ha una storia, una famiglia e ci sono persone sdegnate perché, ancora oggi, non è stata resa loro giustizia. Parte della nostra vita che ci condiziona sono questi morti. Non credo che si possano dare risposte semplici a problemi complessi che richiedono inevitabilmente risposte altrettanto complesse. Grazie ad un lavoro sinergico tra forze dell’ordine e magistratura oggi abbiamo la fotografia reale della ‘ndrangheta”.
Il Procuratore Pignatone si sofferma sull’inteso lavoro di “chi vuole davvero bene a questa terra” e più volte rimarca che “Reggio Calabria è la testa, il cervello della ndrangheta”. “Solo quando riusciremo a contrastare questo motore potremmo vivere in un paese pulito – aggiunge ancora – Servono molti bravi professionisti normali. Un Maradona da solo non basta, ci vuole una squadra perché da soli non si conclude niente”.
Ma c’è chi pur amando tanto la propria città è “costretto” ad abbandonarla. “Io e Danilo siamo andati via da Reggio Calabria però siamo presenti in questa città – afferma Magro – Spesso chi muore è perché ama troppo questa terra. Il conflitto generato dall’amore del posto in cui si vive e quello con la ‘ndrangheta crea un forte cortocircuito. Cecè Grasso aveva un’auto-concessionaria a Locri e non ha mai voluto pagare il pizzo: gli era stata data la possibilità di aprire un autosalone in un altro posto ma lui è voluto rimanere nella sua terra pagando un prezzo molto alto, la vita. Non mi sento di dire che chi ha abbandonato questa terra è un codardo . A volte il problema è di dare l’esempio ma la lotta la si fa quando si vede che dal’altra parte c’è qualcuno che ha voglia di interloquire. Ma se poi vediamo una giunta provinciale con elementi discussi, sui quali si potrebbe dire tanto, capisco perché ci sia gente che decide di andar via da questa terra”.
Chi sicuramente non vuole andare via dalla Calabria ma la vuole raccontare nelle sue mille sfaccettature sono i Kalafro protagonisti, nel finale, di un piacevole momento musicale che ha chiuso la prima serata.
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