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“Il Consiglio Comunale è l’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo”. Lo sancisce l’articolo 32 della Legge n. 142 dell’8 giugno 1990. Dunque, interesse del Consiglio Comunale dovrebbe essere quello di indirizzare e vigilare nella massima trasparenza la gestione della cosa pubblica nell’esclusivo interesse dei cittadini.
In un Paese democratico, interesse del Palazzo dovrebbe essere quello di pubblicizzare al massimo l’attività amministrativa, per dimostrare che non c’è nulla da nascondere e che tutto si svolge sotto una campana di vetro, ancora una volta nell’esclusivo interesse dei cittadini.
Capita, invece, che, ieri, in occasione del Consiglio Comunale di Reggio Calabria, nella bufera dopo l’ispezione dei commissari del ministero dell’Economia, che hanno accertato una voragine nel bilancio dell’ente, gli operatori televisivi di GS Channel, Reggio TV e Telereggio siano stati messi alla porta. Non solo. Gli agenti della Polizia Municipale, nell’azione di allontanamento dall’aula di quanti erano intervenuti al Consiglio Comunale sul bilancio muniti di telecamere fisse e mobili, hanno proceduto ad identificarne alcuni, alla stregua di delinquenti colti in flagranza di reato.
E, come se non bastasse, il giornalista Sergio Conti del “Corriere della Calabria” è stato identificato ed accompagnato fuori dall’aula con l’accusa di aver ripreso qualcosa con il suo telefono cellulare. “Stavo solo scattando delle fotografie a corredo del servizio giornalistico”, ha spiegato Conti, al cospetto di un’aula che, invece di difendere la libertà di stampa e il diritto dei cittadini ad essere informati, tranne qualche rara eccezione, ha pilatescamente assistito alla cacciata degli operatori dell’informazione.
Sotto accusa il presidente del Consiglio Comunale, Seby Vecchio, ed il sindaco, Demetrio Arena, il quale si è limitato a riferire in aula di aver chiesto l’identificazione del giornalista per accertare se fosse autorizzato a riprendere la seduta. Giustificazioni? Nessuna. Semplicemente i vigili urbani hanno ricevuto l’ordine di non consentire riprese.
E dire che, senza bisogno di scomodare la libertà di stampa, lo stesso regolamento del Consiglio Comunale prevede che le riprese televisive, da parte degli accreditati, possono essere effettuate in modo saltuario, ovvero non integrale. Naturalmente, per garantire il diritto di cronaca.
Dunque, mentre in tutto il Paese cresce la voglia di massima trasparenza (a proposito l’Ufficio Stampa del Comune non aveva acquistato delle telecamere ed una regia per la famosa Web Tv?), garantendo la ripresa e trasmissione integrale delle sedute dei Consigli delle pubbliche amministrazioni (come, del resto, avveniva regolarmente a Reggio Calabria nella cosiddetta “prima Repubblica”), nella città della Fata Morgana si tenta di nascondere persino l’evidenza accertata dai commissari del Ministero, governato, per altro, dalla stessa forza politica che amministra Palazzo San Giorgio.
Una brutta pagina per il Consiglio Comunale di una città che ha assoluto bisogno di luci e riflettori accesi (anche e soprattutto delle telecamere) e non certo di ombre infelici e sinistre, nel goffo tentativo di nascondere, sotto il tappeto rosso che porta ai piani alti di Palazzo San Giorgio, una realtà che, neppure a voler chiudere gli occhi, si riesce a non vedere.
Se ogni medaglia ha un suo rovescio, l’episodio serva da insegnamento soprattutto ai giornalisti: senza la stampa, “lor signori” sarebbero campane senza batacchio.
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