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Prende il via dal primo giorno di dicembre, un evento unico nel panorama nazionale.
A scanso di equivoci, quello che accade, è una “situazione” che in buona sostanza potrebbe aver avuto molteplici declinazioni di settore come ad esempio, l’arte che si occupa di sport o lo sport che fa l’occhiolino all’arte. Ma mai si è vista un’intera squadra coinvolta in un operazione del genere. Ciò che accadrà a Reggio Calabria dall’1 al 15 dicembre, è un passo avanti, un’operazione culturale promossa dalla società Amaranto e moderata dalla galleria Technè Contemporaryart.
Scendono in campo per questa kermesse undici calciatori e undici artisti reggini a rafforzare l’idea che la cultura di un territorio si forgia anche attraverso il gioco delle differenze o delle “parti”. E’ così che la Reggina promuovendo il progetto, pensa di coniugare la disciplina del calcio con l’incontrollabile mondo dell’Arte contemporanea. Ma va oltre il già detto! Si tratta infatti di conciliare diversi linguaggi che scantonano, saltano la staccionata del luogo comune. Saranno interessati quattro “luoghi” della città, quattro “situazioni” che parleranno di “Umanesimo” come rinascita di nuovi valori e ancoraggio alla sostanza positiva che questa città con le sue “culture in divenire” ha sempre prodotto e a volte rinnegato. Lo Sport e l’Arte provano a rimettere in discussione i ruoli alterando i parametri in relazione alle caratteristiche del territorio. I confini di questa geografia immaginaria e di questi nuovi codici semantici segneranno le tappe del percorso che va a toccare i luoghi emblema di questa città, il suo cuore.
Dal Teatro Cilea al B’art, dal tapis roulant all’ex farmacia Pellicanò, che per l’occasione diventa luogo d’arte, infine alla Galleria Technè . Ben strutturato dal punto di vista strategico dunque, concentrato per definizione su una traiettoria che semplifica il percorso e trova il suo culmine nelle variazioni di senso e di spazio ma soprattutto nel potenziale interattivo e nelle dinamiche di un coinvolgimento eterogeneo. Tutto questo è solo l’inizio di un’avventura dove il contributo di ciascun calciatore e artista, annulla o potenzia se stesso, nell’idea stessa di squadra. Agli artisti non è stato dato il luogo della conservazione, ai calciatori è stato tolto il prato da sotto i piedi. Installazioni, video, pittura, performances, fotografia,scultura a opera di Sollazzo-Viola, Genoese Albanese-Missiroli, Scafidi-Castiglia, Penna-Barillà, Violi-Adejo, Lumia-Kovacsik, Donato-Marino, Plutino-Cosenza, Guinicelli-Rizzo Verruschi, TechnèLab-16 calciatori, Scialò Giovinazzo Condoluci Gitto Commisso Lombardo-Giosa
CORPO ESTREMO
Il fare arte attraverso l’uso del corpo è da qualche decennio patrimonio di performer e artisti visivi.
Il body artista usa spesso l’infermità e le sofferenze come luogo di elezione, non diventa sceneggiatore di storie di personaggi, ma diviene egli stesso la storia e i personaggi. Arriva ad elaborare ogni singolo momento della quotidianità, qualunque evento di una qualsiasi giornata; le radiografie del torace e del cranio; la registrazione della propria voce; il travestimento; l’inventario degli accidenti personali e non ultima la rappresentazione della sessualità.
l’artista, punta sul fronteggiarsi e confondersi dell’essere umano, invertendo i caratteri somatici, inventandosi personalità fittizie, il tutto al fine di mettere in crisi la cristallizzazione delle funzioni.
La sensibilità è veicolata dall’arte e quest’ultima fa ricerca attraverso l’interiorizzazione dei fenomeni; sociali o di costume non è rilevante. Rende evidenti le potenzialità insite nei fenomeno stessi.
Arte prestata allo sport , al calcio in particolare, o sport prestato all’arte? Dal punto di vista “artistico” è marginale. Dal punto di vista “calcistico” è marginale. Due mondi impermeabili trovano il punto di contatto nel corpo.
Il calciatore presta la sua fisicità alla sensibilità artistica divenendo egli stesso interazione: sia l’azione dell’artista che l’azione sportiva passa attraverso il suo corpo.
L’atleta è elemento contaminato e contaminante. Ibridazione di mondi divenuti permeabili essendosi creato un cortocircuito tra l’universalità del linguaggio dell’arte e l’abilità necessaria al gesto atletico.
In questi giorni passeggiando per il centro storico capita di imbattersi in situazioni d’arte contaminata da un corpo a corpo inusuale.
Undici artisti, come re Mida, toccano e trasformano gli atleti col rischio di un digiuno che li costringerà a rivedere l’azione. Ne viene fuori una mostra disarticolata e disomogenea dove l’elemento comune non è l’oro degli infelici, ma il pane dei “quotidiani”. È li che interviene l’osservatore-lettore a ribaltare il significato. La smitizzazione avviene uscendo dagli Stadi e dagli Studi.
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