Questo post é stato letto 19750 volte!
L’ipotesi dell’esclusione di Gioia Tauro e del Ponte sullo Stretto dal piano delle infrastrutture più urgenti dell’Unione Europea potrebbe rappresentare un altro grosso macigno sul futuro del Mezzogiorno, in particolare di Calabria e Sicilia.
A una così grave ipotesi ( anche se non definitiva, come ha sottolineato il portavoce del Commissario Ue ai Trasporti durante una conferenza stampa svoltasi a Bruxelles) è seguito il silenzio non solo della classe politica locale e nazionale, ma anche degli eurodeputati, di qualsiasi schieramento politico, eletti anche con i voti dei calabresi.
Dietro tale proposta, secondo il nostro parere, potrebbe nascondersi una precisa strategia: abbandonare al proprio destino soprattutto la Calabria, vista come una sorta di palla al piede non solo del nostro Paese, ma anche dell’intera Unione. Il colpo basso è stato incassato senza alcuna reazione: come se, in tutti questi anni, il manufatto stabile tra le due marginali regioni fosse una delle tante leggende metropolitane che vengono utilizzate per esorcizzare i mali di una terra, dall’Unità d’Italia ad oggi, spesso tagliata fuori da qualsiasi strategia di sviluppo.
La crisi economica globale, che in questo particolare momento produce panico e grosse perdite a tutte le piazze europee e americane, assesta contraccolpi mortali alle economie deboli come la nostra, alle prese con la scarsa competitività dei suoi prodotti, con un alto tasso di disoccupazione ( soprattutto giovanile) e con una scarsissima crescita del Pil regionale.
La Calabria è una regione povera di infrastrutture, che sono la “conditio sine qua non” dello sviluppo: un sistema ferroviario arretrato di quarant’anni, mentre in altre regioni si viaggia con l’alta velocità; un’autostrada sempre più lontana dalla conclusione del suo ammodernamento: in altre realtà del Paese la circolazione scorre su quattro corsie, mentre da noi per realizzare quella d’emergenza chissà quanto ancora dobbiamo attendere; con una complessa e squilibrata struttura aeroportuale che, in termini di tariffe, soggiace al monopolio di alcune compagnie; con una rete portuale, nonostante gli ottocento chilometri di costa, ignorata dalle politiche di sviluppo; con lo scalo container di Gioia Tauro, ormai in crisi profonda; e tutta una serie di vertenze settoriali che tracciano la mappa di un disagio socio – economico senza precedenti.
A proposito del futuro dello scalo container gioiese, non possiamo non rilevare che, negli ultimi tempi, è diventato di moda parlare di logistica. Che senso ha – ci chiediamo – parlare di logistica quando il Porto è carente di reti di collegamento ferroviarie è stradali? Con la gente dobbiamo parlare un linguaggio chiaro, sfrondandolo dal politichese e senza quegli orpelli linguistici che disorientano la pubblica opinione.
Abbiamo sempre sostenuto che, se non accompagnato da altre importanti infrastrutture, il Ponte non sarà in grado di produrre ricadute sia sui territori calabrese e siciliano sia sull’intero Mezzogiorno. Tuttavia, questa grande infrastruttura è un catalizzatore di investimenti, ancor più importante se inserito nell’ambito del corridoio Paneuropeo n. 1 Berlino – Palermo. Se da questa lunga rete infrastrutturale dovesse essere eliminato il Ponte, tutta la parte meridionale della Penisola verrebbe di fatto tagliata fuori dalle politiche di sviluppo dei prossimi anni.
Sarebbe pertanto un gravissimo errore, sopratutto perché significherebbe non cogliere il rilievo strategico delle relazioni con i Paesi del Nord Africa. Ipotesi che, se realizzata, provocherebbe un colpo mortale per la Calabria e la dirimpettaia Sicilia. Se a ciò aggiungiamo l’esiguità di risorse, rapportate all’attuale stato di crisi attraversata dal Paese, da utilizzare per il rilancio del Mezzogiorno, non ci resta che chiudere la porta al futuro: frantumare le speranze dei giovani, assistere al massiccio ritorno all’emigrazione.
Difronte a questo scenario occorre un nuovo protagonismo della classe dirigente, di quella politica, delle forze sociali, imprenditoriali, della società civile: a tutte queste componenti viene chiesto di mettere da parte la rissosità e le divisioni per ritrovarsi, al di là di camarille e degli schieramenti, sui temi vitali dello sviluppo socio – economico prerequisito del sistema democratico. La messa in discussione del Ponte sullo Stretto dovrebbe aiutare il Mezzogiorno a fare fronte comune per rivendicare nuove possibilità di sviluppo per accorciare l’attuale squilibrio socio – economico che oggi caratterizza territori appartenenti allo stesso Paese.
Questo post é stato letto 19750 volte!