Presentato il Calendario Storico dell’Arma 2012

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In copertina, il Parlamento plaude alla BENEMERITA Arma dei Carabinieri.

Dalla relazione ufficiale del 24 giugno 1864:

“L’interesse che tutti prendono perché l’Arma dei Carabinieri (parte eletta dell’Esercito) proceda di bene in meglio è in ragione appunto del pregio in cui essa è tenuta e degli indefessi e segnalati servigi che la rendono dovunque veramente benemerita del Paese”.

E’ questo il secondo dei “Calendari della memoria”, un ciclo che, inaugurato lo scorso anno, ci accompagnerà allo straordinario appuntamento del Bicentenario dell’Arma, nel 2014. I cinquant’anni di storia istituzionale che vi sono rievocati – dal 1864 al 1914 – coincidono con i primi intensi impegni per il giovane Stato italiano all’indomani della proclamazione dell’Unità. Sono gli anni in cui la “Stazione” dei Carabinieri diviene, nelle piccole come nelle grandi Municipalità, punto di riferimento per tutti i cittadini e il “Maresciallo” figura complementare a quelle del Sindaco e del Parroco.

E’ il momento in cui la società italiana inizia ad assumere quel patrimonio di valori e di simboli che la distinguerà nelle epoche successive e sarà modello di ispirazione per narrazioni letterarie e ricostruzioni storiche, con il Carabiniere costantemente protagonista.

L’Arma dei Carabinieri è per tutti gli Italiani la “Benemerita”.

Un riconoscimento significativo che ben sintetizza, nel comune sentire della gente, la straordinaria abnegazione con cui i Carabinieri si pongono quotidianamente al servizio della comunità nazionale, garantendo la sicurezza e l’ordinata convivenza civile. Questo è il motivo per cui la copertina del Calendario Storico 2012 – il secondo dei “Calendari della memoria”- è dedicata all’Assemblea Parlamentare che il 24 giugno 1864, in una relazione ufficiale indirizzata al Governo, afferma l’interesse della Nazione per l’Arma, definendola “Benemerita” per i servizi che essa rende in ogni parte d’Italia. Un appellativo che ha sempre impegnato la coscienza di tutti i Carabinieri, orgogliosamente consapevoli del dovere di onorare con il presente una impareggiabile storia di eroismo e di incondizionata dedizione al bene comune. Una storia lunga ormai quasi due secoli, nel corso dei quali l’Arma è stata, prima, interprete dello spirito risorgimentale e, poi, vigile e affidabile sentinella a tutela della legalità e dei valori fondanti della Nazione. Un impegno che le tavole di questo Calendario illustrano con brevi ed efficaci tratti, leggendo le vicende salienti della storia d’Italia, dal 1864 al 1914. Sono gli anni in cui la Stazione Carabinieri diviene, nelle piccole come nelle grandi municipalità, espressione pulsante della vicinanza dello Stato al cittadino.

Sono gli anni in cui il Comandante di Stazione si afferma quale riconosciuta figura di riferimento per le comunità, accanto al sindaco, al parroco e, come si può rilevare dalla iconografia popolare, accanto al farmacista. E’ in questa relazione con il territorio e con le sue comunità che affonda le radici quella speciale e affettuosa intesa tra i Carabinieri e gli Italiani. Un’intesa che si alimenta, ad un tempo, della generosa dedizione dei militari dell’Arma e del consenso con il quale sono ricambiati dai cittadini.

Il Calendario del 2012, scorrendo cinquant’anni di storia dell’Arma e della Nazione, ha il merito di annodare i fili del passato a quelli del presente, utilizzando l’essenza della missione dei Carabinieri da 198 anni: “essere al servizio” degli altri. E infatti, è proprio quell’ “essere al servizio” il comune denominatore che lega il sindaco, il parroco, il farmacista e il maresciallo in una preziosa complementarietà, riferimento sicuro e affidabile per i cittadini.

Anche oggi l’Arma, proprio attraverso il tessuto di sicurezza delle sue Stazioni, si propone quale testimone e interprete di quei sentimenti, semplici e schietti, tratteggiati dalle tavole del Calendario e che, pur nell’aggiornata socialità dei tempi moderni, ispirano il vissuto quotidiano delle nostre popolazioni e generano la fiduciosa speranza in un prospero futuro per i nostri figli. I Carabinieri continueranno ad essere vigili e affidabili sentinelle.

Contro il brigantaggio

La repressione del brigantaggio impegnò lungamente l’Arma, che vi prese parte con oltre un quarto dei 18.461 Carabinieri che ne costituivano l’organico all’indomani della proclamazione dello Stato unitario. Nei territori meridionali operarono con successo le Stazioni delle Legioni Carabinieri di Napoli, Bari, Salerno, Chieti, Catanzaro e Palermo.

Anche in quello specifico contesto storico si evidenziò la straordinaria vitalità del modello organizzativo dell’Arma, che ancora oggi ha nella Stazione uno dei perni fondamentali dell’articolato dispositivo della sicurezza nazionale.

Leggendaria figura dell’Arma nella lotta al brigantaggio fu Chiaffredo Bergia (a sinistra, nel ritratto). Per le numerose ed importanti operazioni di servizio compiute nei territori delle Legioni di Chieti e di Bari, il Carabiniere Bergia fu promosso per meriti speciali prima al grado di Brigadiere e poi di Maresciallo, meritando numerose onorificenze, tra cui una Medaglia d’Oro e tre d’Argento, tutte al Valor Militare. L’eroico militare si spense a Bari, nel 1892, all’età di 52 anni, col grado di Capitano.

Sotto, Chiaffredo Bergia travestito da pastore nel periodo di servizio presso la Legione di Chieti. Il Sottufficiale si sottoponeva a lunghi

periodi di isolamento sulle montagne abruzzesi per dare la caccia alle agguerrite bande di briganti.

Sotto, nelle campagne di Taranto, uno scontro a fuoco tra i Carabinieri guidati dal Capitano Francesco Allisio e componenti dell’agguerrita banda Pizzichicchio.

Altri militari si distinsero nella lotta al brigantaggio: furono il Carabiniere Giuseppe Bursacchelli in Sicilia, il Capitano Salvatore Frau nel Salernitano, il Luogotenente Stefano Degiovannini in Abruzzo e il Maresciallo Francesco Rebola, che sgominò in Basilicata la banda Ninco Nanco.

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Addio, mia bella addio

Nel 1866, un rinnovato spirito patriottico indusse Vittorio Emanuele II ad entrare nuovamente in guerra contro l’Austria. L’Arma partecipò alla Terza Guerra d’Indipendenza con un contingente di 660 uomini, oltre al personale delle Stazioni di confine impegnate nel prezioso servizio di informazioni su movimenti e consistenza del nemico. L’esito vittorioso del conflitto permise all’Italia di conquistare il Veneto, il cui governo provvisorio fu inizialmente affidato all’Arma dei Carabinieri.

Garibaldi prese parte al conflitto con il «Corpo Volontari Italiani», di cui entrarono a far parte anche numerosi Carabinieri al comando del Capitano Vittorio Caravadossi.

Fu proprio a quest’ultimo che Garibaldi indirizzò, al termine della spedizione, le seguenti espressioni di encomio: “Accogliete una parola di lode per il magnifico contegno da Voi tenuto presso i corpi volontari in tutta la campagna del ‘66 e graditela come ben meritata da Voi e dai Vostri subordinati”.

Sopra, “I Carabinieri in un episodio della Terza Guerra d’Indipendenza”, da un dipinto di Sebastiano De Albertis.

A sinistra,”La partenza dei volontari”, del pittore Girolamo Induno. Sotto, l’ingresso delle truppe italiane in Piazza San Marco, a Venezia, il 19 ottobre 1866.

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Garibaldi arrestato tre volte

La stampa illustrata dell’800 ci ha tramandato una eloquente documentazione iconografica degli episodi in cui i Carabinieri “arrestarono” le imprese di Garibaldi che, con le sue imprevedibili iniziative, rischiava di compromettere l’azione del Governo. Furono tre gli ordini di arresto che i Carabinieri dovettero eseguire nei confronti dell’eroe risorgimentale. Una prima volta a Chiavari nel 1849, poi a Sinalunga nel 1867 e, sul finire dello stesso anno, a Figline Valdarno. Quest’ultima occasione maturò in seguito alla sconfitta dei “Garibaldini” a Mentana, nei pressi di Roma, ad opera dell’esercito pontificio e delle truppe francesi. Il Governo italiano dovette prendere la dolorosa decisione di ordinare l’arresto di Garibaldi, nel timore che questi, per ripagarsi dell’insuccesso subito, puntasse decisamente su Roma per realizzare il sogno infranto nel 1849 con la Repubblica Romana. L’arresto venne eseguito alla stazione ferroviaria dal Luogotenente Colonnello Deodato Camosso.

A sinistra, il fermo del Generale Garibaldi operato a Sinalunga dal Tenente Federico Pizzuti, che diventerà Comandante Generale dell’Arma nel 1904.

In tutte le occasioni dei suoi fermi, Garibaldi ebbe ad esprimere il proprio compiacimento per la correttezza ed il riguardo dimostrati nei suoi confronti dai Carabinieri.

Sopra, l’attacco degli Zuavi francesi a Mentana (Roma), nei pressi di Villa Santucci, il 3 novembre 1867. A seguito della sconfitta di Garibaldi, il Primo Ministro Menabrea diede ordine ai Carabinieri di arrestare il Generale e di condurlo nel Forte del Varignano, a La Spezia. Gli illustratori dell’epoca ci hanno lasciato varie interpretazioni dell’episodio: Fortunino Matania rappresentò l’Ufficiale dell’Arma che procedette al fermo in atteggiamento visibilmente commosso (sotto), mentre il disegnatore Ghinzaghi ritenne di dare maggiore tensione alla scena dell’arresto, con un Carabiniere colto nell’attimo in cui non regge all’emozione (pagina a fianco, in basso).

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Sotto, trombettiere dei Corazzieri nell’uniforme indossata a Firenze il 30 aprile 1868.

L’elmo è in metallo con bronzatura blu-nera, sormontato dal cimiero bordato da ciniglia rossa.

La coda dell’elmo è in crine di cavallo nero.

Sul pettorale della corazza, in metallo brunito, e sull’elmo è la croce di Savoia in argento.

I pantaloni e i guanti sono in pelle bianca scamosciata e gli stivali, alla “scudiera”, in pelle lucida. Gli alamari sono gli stessi previsti per gli altri reparti dell’Arma dei Carabinieri.

Anche la sciabola è quella dei reparti a cavallo dell’Arma; otto anni più tardi verrà dotata di un’elsa particolarmente elaborata ed elegante.

Nascono a Firenze i Corazzieri

Il 30 aprile 1868 a Firenze, Capitale del Regno d’Italia dal 1864, si tenne la celebrazione ufficiale delle nozze tra il Principe ereditario Umberto di Savoia e la Principessa Margherita.

Per conferire alle celebrazioni la necessaria solennità si pensò ad un reparto militare di alta rappresentanza. La scelta cadde sui Carabinieri a cavallo. Il corteo regale si snodò per le strade di Firenze tra una folla straripante giunta da ogni angolo d’Italia. I Carabinieri indossarono le corazze e gli elmi utilizzati 26 anni prima a Stupinigi in occasione delle nozze del Re Vittorio Emanuele II e “rubarono la scena” alla stessa coppia principesca.

In virtù di tale successo, il reparto non venne più sciolto assumendo il nome di “Carabinieri Guardie del Re”, progenitori degli attuali Corazzieri che, a Palazzo del Quirinale, a Roma, svolgono i servizi d’onore e di sicurezza in favore del Presidente della Repubblica.

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La prima lettera da Roma liberata

La prima lettera da Roma liberata a prima cronaca della presa di Roma del 20 settembre 1870 non venne scritta né da un giornalista, né da uno scrittore. La si deve al Luogotenente dei Carabinieri Giacomo Acqua, che, poche ore dopo l’ingresso in Roma, vergò una lettera diretta alla moglie Rosa, a Jesi, nelle Marche: “Entrati oggi alle 10 ante a Roma dopo un combattimento di 5 ore. Ti scrivo, dunque sono vivo, e sto bene. Abbiamo avuto poche ma dolorose perdite. Noi siamo entrati dalla breccia aperta in vicinanza di Porta Salaria, dalla nostra artiglieria. Addio di cuore. Saluta mio padre e la tua famiglia.

Tuo Giacomo”. Una rarità filatelica la lettera del Luogotenente Acqua, spedita da Roma il giorno della liberazione con francobollo italiano e annullo delle Poste vaticane. All’Ufficiale, ucciso nel 1874 a Genazzano (RM) in uno scontro a fuoco con alcuni banditi, è intitolata la caserma del Comando Legione “Lazio”, in Piazza del Popolo.

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A Roma, subito al lavoro

Erano trascorsi poco più di tre mesi dal loro arrivo a Roma quando i Carabinieri furono chiamati a soccorrere la popolazione a seguito dello straripamento del Tevere, che il 26 dicembre 1870 inondò il popoloso quartiere del Ghetto, la zona di via Condotti e di via del Corso,spingendosi fino a Piazza del Popolo, sulla quale si affacciava la caserma che i Carabinieri occuparono sin dal giorno del loro ingresso a Roma. La grave calamità indusse Vittorio Emanuele II ad  anticipare il suo ingresso nella Capitale designata dello Stato italiano.

Il Sovrano vi giunse il 31 dicembre, alle quattro del mattino e, scortato dai Carabinieri a cavallo, visitò le zone più colpite dall’inondazione. Nei giorni precedenti i militari dell’Arma avevano dato alla popolazione romana una prima tangibile prova della loro infaticabile generosità nel prestare soccorso agli abitanti delle zone alluvionate. Si era distinto, in particolare, il Luogotenente Michelangelo Spada, che operò con i suoi Carabinieri numerosi salvataggi di cittadini rifugiatisi ai piani superiori delle case del quartiere Tor di Nona, uno dei più colpiti della Capitale.

A destra e nel riquadro in basso, due momenti dell’azione di soccorso dei Carabinieri a favore della cittadinanza romana duramente colpita dall’inondazione del Tevere del 1870.

Sotto, la visita, alle prime luci dell’alba, di Vittorio Emanuele II ai quartieri di Roma, in occasione della grave alluvione. Furono moltissimi i cittadini che, malgrado l’ora notturna, fecero ala al corteo del Sovrano scortato dai Carabinieri a cavallo.

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Prima dell’esondazione del Tevere, il contingente di Carabinieri di stanza a Roma, sin dal 20 settembre 1870, aveva effettuato ben 192 operazioni di servizio per debellare il brigantaggio e la delinquenza comune che affliggevano la futura Capitale d’Italia. Inizialmente il distaccamento di Carabinieri giunto a Roma con le truppe del Generale Cadorna venne posto al comando del Luogotenente Colonnello Francesco Mariani e ordinativamente assegnato alla Legione territoriale di Firenze. Solo il 1°gennaio 1874, con l’istituzione della Legione Carabinieri di Roma, la Capitale ebbe un Comando territoriale autonomo

con competenza sull’intero Lazio, cui si aggiunse, quattro mesi più tardi, il “Comitato”, organo collegiale con funzioni di Comando Generale dell’Istituzione.

Un raggio di sole sulla Bandiera dell’Arma

Il 14 marzo 1894, a Roma, il Re Umberto I consegnò al Comandante della Legione Allievi Carabinieri il Tricolore. Scrisse l’inviato di un settimanale:

“Nonostante il tempo piovigginoso, Roma fu tutta in festa… e quando l’aspersorio benedice la Bandiera, il pubblico scoppia in un fragoroso applauso. In quel momento appare un raggio di sole…”

(Incisione tratta da “La Tribuna Illustrata” dell’epoca).

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Nasce l’editoria dell’Arma

L’editoria nell’Arma prese vita nel 1872 per iniziativa dell’editore Carlo Marchisio, un privato che colse appieno l’opportunità di realizzare un periodico che esaltasse le innumerevoli benemerenze di servizio dei Carabinieri. Nacque così “Il Carabiniere, giornale militare”, con una formula editoriale semplice e incisiva: una cronaca d’apertura, illustrata da una stampa in copertina, che proponeva una delle operazioni di servizio compiute dai Carabinieri, seguita da articoli sulla storia patria, profili di personaggi famosi, rubriche di natura professionale e, infine, un romanzo a puntate. Cessata la pubblicazione

nel 1879, la rivista “Il Carabiniere” tornò a nuova vita nell’ultimo dopoguerra – questa volta sotto il patrocinio dell’Arma – a confermare il suo primato di longevità tra le testate italiane.

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L’arte scopre i Carabinieri

Nel 1884, a Torino, Sebastiano De Albertis presentò all’Esposizione di Belle Arti il quadro intitolato «Pastrengo nel 1848», che celebrava la travolgente carica dei Carabinieri a cavallo avvenuta il 30 aprile 1848 nel corso della I Guerra d’Indipendenza. Fu il Generale dei Carabinieri a riposo Bernardino Morelli di Popolo, che aveva partecipato alla carica con il grado di Capitano, a collaborare alla realizzazione del dipinto, ripercorrendo con l’autore i luoghi della battaglia e fornendogli tutte le informazioni circa le uniformi, le armi e le bardature. Il Re Umberto I acquistò il dipinto per il Castello di Racconigi, nei pressi di Torino, ove l’opera rimase fino al 1946, data in cui il quadro fu donato all’Arma ed esposto presso il Museo Storico di Piazza Risorgimento a Roma, ove tutt’oggi si trova.

L’episodio valse alla Bandiera dell’Arma la prima Medaglia d’Argento al Valor Militare con la seguente motivazione: “Per la gloriosa carica che con impeto irrefrenabile e rara intrepidezza eseguirono i tre Squadroni di guerra dei Carabinieri Reali decidendo le sorti della battaglia in favore dell’Esercito Sardo”.

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Soccorso, assistenza, protezione

Il 10 luglio 1884 la Stazione Carabinieri di Casnigo, in provincia di Bergamo, segnalò la presenza di due casi di colera. Erano i prodromi della grave epidemia che colpì quell’anno l’intera Penisola. Manifestazioni di panico e di intolleranza si susseguirono in ogni angolo d’Italia. Alcuni Comuni realizzarono veri e propri cordoni di isolamento per affrancarsi da possibili contagi. Il caso più eclatante si ebbe a Longobucco, in provincia di Cosenza, dove il 21 agosto 1884 gli abitanti impedirono ai Carabinieri della Sezione di Rossano Calabro di entrare nel centro abitato per verificare l’adozione delle previste misure di profilassi sanitaria. Si rese necessario l’intervento di militari di rinforzo della Compagnia di Cosenza per sottrarre il paese all’isolamento arbitrariamente adottato. A condurre l’operazione fu il Colonnello Carlo Pagni, Comandante della Legione, che conseguì il risultato di ripristinare la legalità senza ricorrere alla forza.

Tra il 1884 e il 1885, la psicosi creata dalla diffusione dell’epidemia di colera determinò in molte località della Penisola vere e proprie sommosse da parte delle popolazioni contro le autorità locali, accusate di non avere adottato tutte le misure atte a prevenire il morbo. In alcune città, particolarmente a Napoli e più in generale nel Meridione, venivano quotidianamente portate in processione le immagini dei Santi Patroni, nella speranza che le suppliche potessero sconfiggere il male.

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Contro il pericolo eversivo

Non erano trascorsi molti anni dalla proclamazione dell’Unità d’Italia quando, in diverse località della Penisola, si verificarono moti popolari di tipo insurrezionale, che assunsero in breve carattere esteso e organizzato. In Lunigiana i Carabinieri furono i primi a pagare un tributo di sangue per contrastare l’ondata sovversiva. Il Brigadiere Giuseppe Campi e il Carabiniere Adriano Fini vennero aggrediti e feriti da una turba di oltre 400 individui armati mentre pattugliavano a cavallo la zona di Passo della Foce. Fu poi la volta del Vicebrigadiere Luigi Mugnaini e del Carabiniere Celso Botolini, l’uno ferito, l’altro caduto esanime nello scontro con i rivoltosi. Dopo un mese di lotte, il Generale Nicola Heusch, Commissario Straordinario in Lunigiana, rivolgeva ai Carabinieri un indirizzo di compiacimento, grato per non essere stato costretto, grazie all’azione dei militari dell’Arma, ad applicare con durezza lo stato d’assedio. A sinistra, la sommossa scoppiata a Pietraperzia, in provincia di Caltanissetta, all’inizio dell’anno 1894.

In Sicilia la rivolta prese origine dall’aumento delle imposte daziarie, assumendo per simbolo un fascio di “ddisa”, un’erba di montagna, per cui il movimento prese il nome di “Fasci di Sicilia”.

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A Creta e in Cina, le prime missioni di pace all’estero

Nel 1897 i Carabinieri furono chiamati alla prima impegnativa missione all’estero con funzioni di polizia e di addestramento. Del contingente italiano inviato a Creta per risolvere la crisi greco-turca, faceva parte un drappello di Carabinieri al comando del Capitano Federico Craveri, con il compito, tra l’altro, di provvedere alla riorganizzazione della Gendarmeria di Creta. I positivi risultati di tale azione si manifestarono nel 1905, quando la guerra civile scoppiò nuovamente sull’isola. A sedarla fu proprio l’efficiente organismo di polizia cretese, strutturato sul modulo organizzativo dell’Arma.

A destra, da «L’Illustrazione Italiana» del 16 ottobre 1898:

“Il disegno mostra una delle scene nelle quali i Carabinieri si fecero onore, spiegando prontezza e coraggio nell’arrestare gli incendiari che s’eran gettati a nuove stragi contro i cristiani candioti.”

Sopra, equipaggio composto da Sottufficiali dell’Arma e da Gendarmi cretesi in servizio nella rada di La Canea. Sotto, esercitazione di Gendarmi candioti a cavallo, preceduti da un istruttore dei Carabinieri.

Nel Corpo di spedizione internazionale, inviato in Cina nell’agosto del 1900 per tutelare gli interessi europei a fronte della rivolta dei Boxers, figurava

un contingente di Carabinieri, cui venne affidato il compito di affiancare le forze di polizia locali per coordinare gli interventi volti a ripristinare l’ordine.

Nel marzo 1903, all’atto di avvicendare le truppe regolari che avevano fiaccato la rivolta xenofoba, si decise di costituire a Pechino un Distaccamento

fisso dell’Arma presso la Legazione italiana, con compiti di sicurezza e scorta.

Con la missione in Cina ebbe inizio per l’Arma il servizio a protezione delle Sedi diplomatiche nazionali all’estero.

A destra, un Carabiniere e due agenti di polizia cinesi dopo l’arresto di un membro della setta dei “Boxers”.

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“Carabinieri col dovere dell’eroismo”

l titolo è tratto dalla cronaca del giornalista siciliano Glauco Licata, che descrisse da testimone il disastroso sisma di Messina e Reggio Calabria del 28 dicembre 1908.

L’impegno dei Carabinieri è quello sempre dimostrato in simili circostanze. Già nel 1872 erano intervenuti nell’entroterra napoletano, in soccorso delle popolazioni colpite dall’eruzione del Vesuvio, quindi nello stesso anno in Toscana e nel Ferrarese per le ricorrenti alluvioni.

Il sostegno dei Carabinieri alle popolazioni non mancò nemmeno in occasione del grave sisma che colpì nel 1883 Casamicciola, sull’isola d’Ischia, e si rinnovò in Lombardia, Puglia, Veneto, in occasione delle inondazioni del 1903 e del 1905. La straordinaria dedizione dei Carabinieri nella dolorosa contingenza del terremoto di Messina e di Reggio valse alla Bandiera dell’Arma la concessione della Medaglia d’Oro di Benemerenza con la seguente motivazione: «Si segnalò per operosità, coraggio, filantropia e abnegazione nel portar soccorso alle popolazioni funestate dal terremoto del 28 dicembre 1908».

Sotto, l’opera di soccorso dei Carabinieri nella ricostruzione del pittore Silvano Campeggi.

Durante la cerimonia per la consegna dell’Onorificenza alla Bandiera dell’Arma, il Ministro della Guerra Paolo Emilio Spingardi disse tra l’altro: “…Voi meritate ancora il lusinghiero nome col quale il popolo, riconoscente, vi chiama “Arma Benemerita”. La Medaglia d’Oro di Benemerenza venne anche assegnata al Maggiore Carlo Tua e al Vicebrigadiere Mario Realacci. 32 Medaglie d’Argento, 82 di Bronzo, sempre di Benemerenza, 33 Menzioni Onorevoli e 1.029 Encomi Solenni premiarono i particolari meriti di altrettanti militari tra Ufficiali, Sottufficiali e Carabinieri che si prodigarono e si distinsero durante le

drammatiche giornate del terremoto di Messina e Reggio Calabria.

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Dal concerto in piazza all’esibizione alla Scala

Nati ufficialmente il 1°ottobre 1820 come Trombettieri inseriti nelle formazioni a piedi e a cavallo, i «Carabinieri musicanti» costituirono nel 1862 le Fanfare delle Legioni, col caratteristico pennacchio bianco e rosso. Il potenziamento della Fanfara della Legione Allievi di Roma portò alla nascita

dell’attuale Banda dell’Arma. Le frequenti esibizioni nelle manifestazioni di rilievo nazionale e la partecipazione, nel 1898, al Concorso internazionale di bande svoltosi a Torino in occasione dell’Esposizione Generale Italiana, ne delinearono il profilo di vera e propria “orchestra di fiati”. Dopo che la sua fama l’aveva già portata a esibirsi a Parigi e a Londra, il 15 marzo 1920 le venne assegnato il ruolo di «Banda dell’Arma dei Carabinieri».

Una fama artistica in continua ascesa, che il 19 marzo 2011, nell’ambito delle celebrazioni delle 5 Giornate di Milano, ha portato la Banda a tenere uno storico concerto al Teatro alla Scala, tempio mondiale della musica lirica.

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DECORAZIONI NEL PRIMO CENTENARIO (1814 – 1914)

ALLA BANDIERA

2 MEDAGLIE D’ARGENTO AL VALOR MILITARE

“PER LA GLORIOSA CARICA CHE CON IMPETO IRREFRENABILE E RARA INTREPIDEZZA ESEGUIRONO I TRE SQUADRONI

DI GUERRA DEI CARABINIERI REALI DECIDENDO LE SORTI DELLA BATTAGLIA IN FAVORE DELL’ ESERCITO SARDO”.

PASTRENGO, 30 APRILE 1848.

“PER I SEGNALATI SERVIZI RESI DALL’ARMA NELLA CAMPAGNA DI GUERRA IN LIBIA 1911-1912”.

2 MEDAGLIE DI BRONZO AL VALOR MILITARE

“PER ESSERSI DISTINTI NEL FATTO D’ARME PRESSO VERONA IL 6 MAGGIO 1848”.

“PEI FATTI D’ARME DEI 24, 25 E 27 LUGLIO 1848 ALLE GOLE DI STAFFALO, SULLE ALTURE DI SOMMACAMPAGNA,

ED IL DÌ 4 AGOSTO STESSO ANNO FUORI LE PORTE DIMILANO E NELL’INCOMINCIATO ASSEDIO DI PESCHIERA”.

1 MEDAGLIA D’ORO DI BENEMERENZA PER IL TERREMOTO DEL 1908

“SI SEGNALÒ PER OPEROSITÀ, CORAGGIO, FILANTROPIA E ABNEGAZIONE NEL PORTAR SOCCORSO

ALLE POPOLAZIONI FUNESTATE DAL TERREMOTO DEL 28 DICEMBRE 1908″.

INDIVIDUALI

5 MEDAGLIE D’ORO AL VALOR MILITARE

CAR. GIOVANNI BATTISTA SCAPACCINO, “ALLA MEMORIA” (1834); LUOG. GEROLAMO BERLINGUER (1835);

CAP. AGOSTINO CASTELLI (1840); BRIG. CHIAFFREDO BERGIA (1871); MAR. LUSSORIO CAU (1899).

7 MEDAGLIE D’ORO AL VALOR CIVILE

CAR. PIETRODOSIO (1861); BRIG. SALVATORECONZEDDU (1863); BRIG. ANGELOROSAULIANA (1881); LUOG. GIUSEPPE

ARTINA (1883); CAP. CESARECORALLI (1884); CAR. GIUSEPPE PERINO (1899);BRIG. GAETANOMONDA (1906).

18 MEDAGLIE D’ORO DI BENEMERENZA

BRIG. CLEMENTE CATTE (1856); CAR. GIOVANNI ANTONIO LOFFREDO (1856); BRIG. IGNAZIOMEREU (1856); V. BRIG. GIOVANNI

LIONE (1856); CAR. MICHELE SADDA (1856); CAR. GIOVANNIANTONIO TOLA (1856); BRIG. CARLOVIGO (1856); BRIG.

CESARE CAIRO (1869); BRIG. GIUSEPPE LEONE (1869); BRIG. GIACOMO SANGUINI (1869); APP. PASQUALE FRATI (1884); CAR.

ANTONIO DELFANTI (1884); CAR. GIOVANNI BATTISTA BERNAND (1884); CAP. GABRIELE RUZZI (1886); BRIG. ANGELO GOVERNO

(1886); TEN. GEN.GIUSEPPE DEL ROSSO (1908); MAGG. CARLO TUA (1908);BRIG. MARIO REALACCI (1908).

19 ORDINI MILITARI DI SAVOIA

CAR. MARTINO BERTOLOTTI (1823); CAR. GIOVANNI FONTANA (1823); CAR. GIUSEPPE CAVALLI (1823); CAR. RAFFAELE

UGAS (1823); CAR. SATURNINO DETTORI (1823); CAR. FRANCESCO CASALIS (1823); MAR. EFISIO SCANIGLIA (1856); CAP.

CAMILLO GOUTRY (1860); BRIG. CHIAFFREDO BERGIA (1861); S. TEN. GIACOMO ACQUA (1861); CAP. FRANCESCO ALLISIO

(1863); CAP. SALVATORE FRAU (1865); COL. EDOARDO SANNAZZARO DI GIAROLLE (1866); CAP. STEFANO

DEGIOVANNINI (1866); TEN.GEN. FEDERICO LOVERA DI MARIA (1867); CAR. RAIMONDO PISTIS (1873);

MAGG. EUGENIO BARATONO (1894); MAR. LORENZOGASCO (1906); TEN. GIOVANNI BATTISTA CAROSSINI (1907).

1.709 MEDAGLIE D’ARGENTO AL VALOR MILITARE

2.519 MEDAGLIE DI BRONZO AL VALOR MILITARE

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Author: Cristina

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