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di Giovanni Alvaro
E’ un ritornello che non cambia mai, ed è un ritornello che non produce alcun effetto anche se viene cantato da un trio d’eccezione qual è quello che si è appalesato dopo la frana che ha investito il paesino di Maierato nel Vibonese in Calabria. Un Presidente nazionale dei Verdi, un Segretario regionale dei Comunisti Italiani, e un autocandidato a Governatore della Calabria successivamente targato IDV, hanno cantato una strofa a testa che, con piccole varianti, sostanzialmente era questa: “Fermiamo il Ponte sullo Stretto ed usiamo quei fondi per finanziare un piano straordinario per la messa in sicurezza del territorio”.
I tre signor No si atteggiano a novelli ‘salvatori della patria’ con una buona dose di ipocrisia finalizzata, (nelle loro misere speranze), a ‘rubacchiare’ qualche voto nella ormai imminente consultazione regionale. E ciò incuranti del ridicolo a cui si espongono ma di cui non si preoccupano. ‘Rubacchiare’ voti, anche se tra di loro e con i loro alleati, è l’ultima frontiera del loro impegno politico. Ma l’atteggiamento strumentale, con i forti lai per la gravità della situazione idrogeologica del territorio, è chiaramente intriso di malafede.
I tre sanno, e se non lo sanno si dedichino ad altre attività, che i fondi del Ponte sono quelli deliberati dal Cipe (1,3 miliardi di euro), e quelli frutto dell’aumento di capitale da parte della Società ‘Stretto di Messina’ (che ai 300 milioni iniziali ne ha aggiunti altri 900 qualche settimana fa). La parte di intervento pubblico, quindi, ammonta a 2,5 miliardi ed è pari al 40% del costo dell’opera. Il restante 60% sarà reperito sul mercato internazionale col sistema del project financing.
Di detti fondi, gli utilizzabili per altro sono solo quelli stanziati dal Cipe, così come fece, a suo tempo, il Governo Prodi sensibile, per mantenere unita l’armata Brancaleone, alle sollecitazioni verdi, rosse e arcobaleno di cui si era fatto interprete l’allora Ministro delle Infrastrutture, Alessandro Bianchi. Di quello storno, che bloccò l’iter esecutivo dell’appalto del Ponte, facendo perdere ben due anni, non si è vista alcuna traccia, tanto che nessuno saprebbe dire a cosa son serviti quei fondi, se veramente son serviti.
Basta, quindi, con l’ipocrisia. Spostare 1 miliardo e 300 milioni non serve a nulla. Il piano che viene pomposamente richiesto per mettere in sicurezza l’intero territorio nazionale costerà decine e decine di miliardi di euro e, quindi, non è possibile affrontarlo in tempi ravvicinati. Così come non lo ha potuto affrontare il Governo della cosiddetta sinistra che alternativamente, in questi 15 anni, è stato alla guida (?) del Paese, mentre qualcuno del trio è stato ed è ancora Assessore regionale della martoriata terra di Calabria distinguendosi per le campagne sul No e per i suggerimenti a Loiero che già da solo era in condizione di mal governare e di non comprendere la valenza strategica del Ponte sullo Stretto per il Sud e per l’intero Paese.
Il Ponte sarà, infatti, l’occasione che il Mezzogiorno dovrà saper utilizzare pienamente, perché non si tratta di costruire solo la struttura che permetterà l’attraversamento stabile dello Stretto ma di agganciarla ad un tracciato ferroviario che sopporti l’Alta Velocità (oggi ferma a Salerno), che si colleghi ad una autostrada che sia finalmente praticabile, e che sia supportata da una rete di porti che, attorno a Gioia Tauro, soddisfino la domanda di trasporto dal corridoio 1 verso il Medio ed Estremo Oriente e viceversa. Solo i ciechi e chi è in malafede non capisce che tutto ciò comporterà massicci interventi anche di salvaguardia e di difesa del territorio.
Speculare sulle disgrazie delle nostre popolazioni è quanto di più aberrante possa essere fatto. Ma tant’è, questa è la classe dirigente che ha distrutto il Mezzogiorno e che è necessario spazzata via definitivamente.
Giovanni ALVARO
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