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Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione si sono pronunciate per dirimere il contrasto determinatosi a seguito dell’ applicazione del Dl 11/09 che aveva stabilito che l’ unica misura cautelare applicabile in caso di contestazione del reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, art 74 DDP 309 /90, fosse quella carceraria.
In virtù di tale innovazione normativa, a carico Ambrogio Antonio, indagato per associazione finalizzata al traffico di Stupefacente (Operazione Joti), che si trovava sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, veniva ripristinata con provvedimento del GIP la custodia cautelare in carcere.
Contro tale provvedimento i difensori, Avv. Pietro Modaffari e Giuseppe Putortì, proponevano appello di fronte al Tribunale del Riesame sostenendo che la modifica legislativa non poteva provocare automaticamente l’aggravamento della misura ma era necessario un aggravamento del quadro cautelare che giustificasse il ripristino della misura.
Il Tribunale della Liberta di Reggio Calabria recependo la tesi difensiva, accoglieva il ricorso disponendo l’applicazione degli arresti domiciliari in luogo della custodia in carcere.
Contro tale provvedimento ricorreva in Cassazione il P.M. sostenendo che l’applicazione della misura cautelare in carcere si imponeva a fronte di novella normativa senza necessità di rappresentare e motivare sopravvenute esigenze cautelari.
La Sez. I della Cassazione investita del ricorso, rilevando un contrasto di decisioni da parte della Suprema Corte, rinviava davanti alle Sezioni Unite. Le Sezioni Unite, all’ udienza del 31.03.001, Dopo l’intervento del Procuratore generale della Cassazione e dell’Avv. Pietro Modaffari, rigettava il ricorso del P.M, confermando il principio sostenuto dalla difesa e recepito dal Tribunale del Riesame di Reggio Calabria.
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