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Nella serata di ieri, i carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria e quelli di Milano hanno arrestato la madre e la sorella della collaboratrice di giustizia Giuseppina PESCE, dando esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria, dott. Vincenzo Pedone, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria.
Le accuse formulate a carico di Ferraro Angela e Pesce Marina dalla DDA di Reggio Calabria sono di avere preso parte nell’ambito della associazione di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta, operante sul territorio della provincia di Reggio Calabria, del territorio nazionale ed estero costituita da molte decine di locali, articolate in tre mandamenti e con organo di vertice denominato “Provincia”, alla cosca Pesce, operante in Rosarno, zone limitrofe e Milano, a sua volta inserita nel territorio compreso nella fascia tirrenica della provincia reggina, che attraverso la forza intimidatrice tipica dei sodalizi mafiosi controlla le attività economiche, attraverso la gestione di interi settori imprenditoriali e commerciali.
Le due donne sono, altresì, accusate del reato di estorsione e di una serie di intestazioni fittizie di beni.
Il provvedimento coercitivo trae fondamento, prevalentemente, dalle dichiarazioni accusatorie rese ai magistrati della DDA di Reggio Calabria da PESCE Giuseppina – figlia di FERRARO Angela e sorella di PESCE Marina – il cui contributo è stato definito dal Gip “ granitico riscontro e naturale completamento del compendio investigativo già raccolto”.
FERRARO Angela e PESCE Marina erano già state destinatarie del provvedimento di fermo emesso lo scorso 26 aprile dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, nell’ambito dell’operazione cd. ALL INSIDE, che ha comportato l’arresto di ben 40 persone e la disarticolazione della potente cosca di ndragheta.
A FERRARO Angela i magistrati della DDA reggina contestano un ruolo di collegamento tra il marito detenuto Pesce Salvatore e gli altri membri del clan, sia detenuti (ad es. il fratello Ferraro Giuseppe, il figlio Pesce Francesco cl. 84), che in libertà.
PESCE Marina è accusata di avere svolto un ruolo di collegamento e trasferimento di comunicazioni ed ordini tra il padre Pesce Salvatore ed il fratello Pesce Francesco cl. 84, entrambi detenuti e gli altri associati; in particolare, per avere svolto il ruolo di intermediaria circa le specifiche disposizioni date da PESCE Salvatore e PESCE Francesco cl.84 sui i destinatari e le modalità delle attività estorsive, nonché per avere partecipato all’attività di intestazione fittizia di beni e reimpiego dei capitali illeciti del gruppo criminale.
In quella occasione, il Gip di Milano, pur ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza nei confronti di entrambe le indagate, le aveva rimesse in libertà, ritenendo insussistenti le esigenze cautelari.
Con il provvedimento di fermo del 26 aprile 2010 la DDA di Reggio Calabria aveva mosso le stesse accuse anche a PESCE Giuseppina, la quale, però, nello scorso mese di ottobre 2010, ha intrapreso un’intensa e proficua collaborazione con i magistrati della DDA di Reggio Calabria, che ha portato significativi risultati investigativi, consentendo l’emissione di ulteriori provvedimenti coercitivi nei confronti di altri affiliati alla cosca PESCE, tra i quali anche gli stretti congiunti della stessa Giuseppina.
Il provvedimento che oggi ha riportato in carcere la sorella e la madre della collaboratrice ripercorre gli aspetti salienti di una collaborazione che contiene “precise e circostanziate chiamate di correo anche nei confronti dei suoi più stretti congiunti ( il padre PESCE Salvatore, la madre FERRARO Angela, i fratelli Francesco e Marina), confermando il pesante quadro indiziario nei loro confronti”.
Giuseppina, sin dall’inizio, ha innanzitutto riconosciuto le proprie responsabilità, ammettendo di aver effettivamente svolto il ruolo di intermediaria tra il padre detenuto e gli altri sodali, circa disposizioni e direttive relative alle attività criminali della cosca, oltre ad essersi prestata a intestare fittiziamente attività commerciali, per eludere provvedimenti ablativi della A.G. Successivamente fornendo preziosi particolari ha ammesso l’esistenza della potente cosca di ndrangheta, operante sul territorio della città di Rosarno e con ramificazioni nel nord del paese; dalla posizione privilegiata di figlia del boss PESCE Salvatore (fratello di PESCE Antonino cl. 53, storico capo dell’omonima consorteria criminale), sorella di PESCE Francesco cl. 84, dedito alle attività estorsive gestite dalla famiglia; cugina di PESCE Francesco cl. 78, attualmente latitante, figlio di Antonino cl. 53 e temibile successore al vertice della cosca, ha ricostruito l’intero organigramma della potente famiglia mafiosa, descrivendo il ruolo di ciascun componente, compresi i suoi stretti congiunti; ha riferito circa le vicende relative alla successione al vertice della cosca, a causa della detenzione dello zio PESCE Antonino cl. 53, precedente capo indiscusso del gruppo; ha descritto l’ascesa al potere del pericoloso cugino PESCE Francesco cl. 78, sottrattosi al provvedimento coercitivo del 28.4.2010 e tuttora latitante; ha dettagliatamente indicato attività economiche riconducibili alla cosca mafiosa; ha contribuito a fare luce su una serie di omicidi riconducibili alla cosca mafiosa, tra cui quello di PESCE Annunziata – secondo quanto riferito dalla collaboratrice – uccisa dallo zio boss PESCE Antonino cl. 53 e dai fratelli Antonino e Rocco, detti “i sardignoli”, a causa di una relazione extraconiugale con un appartenente alle Forze dell’Ordine.
Il ruolo svolto da PESCE Giuseppina all’interno della potente cosca mafiosa e lo stretto legame di sangue che la lega ai sodali hanno reso il contributo da lei fornito estremamente significativo, nell’ambito di una realtà criminale difficilmente penetrabile e poco permeabile a fenomeni collaborativi.
Quanto riferito da Giuseppina PESCE ha trovato importantissime conferme negli esiti di attività di investigazione autonomamente svolte dai Carabinieri e nell’attività di riscontro prontamente avviata, che ha consentito tra l’altro il rinvenimento di ben 3 bunker, di cui uno all’interno dell’abitazione del latitante PESCE Francesco cl. 78.
Le due donne arrestate dai Carabinieri a Milano sono state immediatamente tradotte a Reggio Calabria, dove nei prossimi giorni verrà celebrata l’udienza preliminare che le vede imputate insieme ad altri 74 affiliati alla cosca PESCE (cd. procedimento ALL INSIDE), per i quali la DDA reggina ha chiesto il rinvio a giudizio.
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