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Oggi, nelle province di Reggio Calabria, Milano, Monza e Verona, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione ad un’Ordinanza di Custodia Cautelare, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 23 persone, appartenenti alla ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale denominata cosca “ASCONE”, operante a Rosarno (RC) e territori limitrofi, responsabili a vario titolo di:
– associazione di tipo mafioso;
– concorso in favoreggiamento personale aggravato dall’aver agevolato l’attività di un sodalizio di tipo mafioso;
– danneggiamento aggravato dall’aver agevolato l’attività di un sodalizio di tipo mafioso;
– rapina aggravata dall’aver agevolato l’attività di un sodalizio di tipo mafioso;
– concorso in ricettazione aggravata dall’aver agevolato l’attività di un sodalizio di tipo mafioso;
– concorso in intestazione fittizia di beni aggravata dall’aver agevolato l’attività di un sodalizio di tipo mafioso;
– riciclaggio;
– fabbricazione, detenzione e porto illegale in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi comuni da sparo e clandestine, detenzione illegale di munizioni per armi comuni da sparo e locazione e comodato di armi, aggravati dall’aver agevolato l’attività di un sodalizio di tipo mafioso;
– spaccio in concorso di sostanze stupefacenti del tipo cannabis indica, eroina, cocaina.
L’indagine, avviata nel 2006 a seguito dell’omicidio di SABATINO Domenico [soggetto organicamente inserito nel sodalizio criminale di ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale denominata cosca “PESCE” radicata nella città di Rosarno (RC)] rientra in una più ampia attività investigativa sviluppata dai Carabinieri e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria nei confronti delle cosche di ‘ndrangheta operanti nel territorio della città di Rosarno (RC), che ha già portato all’esecuzione delle operazioni All Inside 1 e 2 ed al sequestro di numerosi beni per un importo complessivo di oltre 230 milioni di Euro con le operazioni All Clean 1 e 2.
L’attività investigativa ha fornito uno spaccato degli assetti criminali esistenti a Rosarno, documentando gli equilibri – peraltro precari – tra i soggetti appartenenti alle diverse cosche. In particolare, le acquisizioni investigative hanno evidenziato le dinamiche criminali di due delle più importanti associazioni mafiose imperanti sul territorio di Rosarno con ramificazioni transnazionali, oltre che su tutto il territorio nazionale: i “PESCE” ed i “BELLOCCO”.
Si è accertato come i “PESCE” ed i “BELLOCCO” costituiscano tuttora due poli intorno ai quali gravitano altre cosche, ad esse collegate sia da legami di parentela che da cointeressenze affaristiche. È emerso che non si tratta di poli contrapposti, ma ognuno dei due sodalizi costituisce baricentro di interessi di tipo economico e criminale e, anche in presenza di sovrapposizione di interessi, le due articolazioni territoriali della ‘ndrangheta si sono adoperate per evitare che si creassero fratture ed anzi sono intervenute per ricomporre gli attriti creatisi tra le cosche satelliti. È il caso delle vicende che hanno riguardato le cosche “ASCONE” e “SABATINO”, rispettivamente legate ai “BELLOCCO” ed ai “PESCE”. In relazione a ciò, questi ultimi sono stati i principali artefici delle azioni di fuoco subite dagli ASCONE.
Nel corso dell’attività investigativa, proprio dal monitoraggio e dal controllo dei componenti della famiglia ASCONE, sono emersi tratti salienti e connotati del sodalizio cui fanno parte ovvero il “gruppo BELLOCCO”, con specifico riferimento alla frangia costituita dagli “ASCONE”. I termini utilizzati, emersi nel corso delle intercettazioni, sono inequivocabili: si parla del “battesimo” di ASCONE Vincenzo; si delineano le figure apicali caratterizzate da capacità decisionale, con specifico riferimento a BELLOCCO Domenico, ASCONE Antonio e ad suoi figli Michele e Vincenzo; vengono indicate le alleanze tra le famiglie (e i relativi legami di parentela e/o di comparatico); vengono circoscritti i territori assoggettati al loro controllo; emerge la spartizione degli interessi economici sul territorio.
A proposito del “battesimo” di ASCONE Vincenzo, il detenuto, sottoposto ad intercettazione ambientale in carcere, così ha riferito a proposito del suo rito di affiliazione alla ‘ndrangheta: “a me, a me quando mi hanno battezzato con questo, mi disse: dovete camminare per i fatti vostri, che sei solo che gli zii tuoi non valgono niente, sai come te lo metti nella testa …(parla a basa voce)…. che le persone li conoscono quanto valgono”. I membri della cosca ASCONE si sono mostrati pienamente consapevoli dell’esistenza del sodalizio criminale al quale appartengono e volontariamente hanno mostrato condivisione nell’organizzazione e nell’assegnazione di ruoli e scopi. La reclusione all’interno di un istituto di pena è vista dagli affiliati alla cosca come una obbligatoria esperienza di vita per un mafioso, utile per crescere e maturare; così Rocco FURULI nel corso di un dialogo intercettato: “io dico, io dico, io non dico che io non cresco nella galera, qua e là, ma io dico che se capita, deve capitare per cose giuste, non voglio il male di quegli altri qua e là, e mi raccolgo qualche “garbo” per andare dentro il carcere, si o no, “garbo” non ne raccolgo niente, io dico se a uno gli tocca gli tocca farsela, ma che vai a farti tutto il coso, andando parlando assai ti atteggi di meno, e vedi che nella galera se sono cose che devono finire finiscono, anzi un onore deve essere che va in galera”.
Nel corso delle intercettazioni, disposte da questa Direzione Distrettuale Antimafia, sono emersi in maniera chiara accenni e menzioni al rispetto dei ruoli, delle mansioni, dei rituali e delle tradizioni della ‘ndrangheta: “Quandu lu gallu canta si faci Iornu buon giornu Saggiu Cumpagnu”; “Grazie per la bontà che avete e vi do la santa notte saggio compagno e quando il gallo cantera e formata società non e buon giorno ricordatevi che il buon giorno si vede dal mattino no dal canto del gallo lo so che non hai avuto mai l’onore di mess con uno come me Cmq santa notte”; “Quali sono le doti di un picciotto”; “Io battezzo questo Locale, come lo battezzavano i nostri …inc… cavalieri, con spade e spadini, bilance e misurini… in nome di San Michele Arcangelo, alzo gli occhi al cielo e vedo una stella polare ed è battezzato il Locale (ride)… e con parole di omertà”; “Allora stasera formate la società e poi secondo te potevo venire io co quei picciotti!”.
A conferire ufficialità e riscontro all’esistenza ed alla natura mafiosa della cosca ASCONE era l’esplosione della faida con la cosca PESCE risalente all’agosto del 2007. Le radici di tale conflitto, tuttavia, andavano individuate negli anni precedenti, allorquando veniva assassinato nel febbraio del 1999 Maurizio CANNIZZARO ed il fratello Domenico, ritenuti vicini al gruppo BELLOCCO-ASCONE. Tali uccisioni scatenarono una lunga serie di eventi sanguinosi, dall’attentato a Cosma PREITI, vicino ai PESCE, all’uccisione di D’AGOSTINO ed al tentato omicidio di GIOVINAZZO Francesco, culminando nell’agguato a SABATINO Domenico e nel tentato omicidio ai danni di Vincenzo ASCONE, sul lungomare di Nicotera. La fase culminante si registrava in occasione dell’omicidio di Domenico SABATINO nell’ottobre del 2006 ed alla risposta sapientemente preparata dai PESCE e concretizzatasi nel momento opportuno, ovvero quando BELLOCCO Giuseppe vero e proprio protettore di Vincenzo ASCONE – suo uomo di fiducia – era stato tratto da poco in arresto e ASCONE aveva pertanto perso chi potesse garantire per la sua vita. La cronologia degli eventi omicidiari ed il “botta e risposta” tra i PESCE e gli ASCONE originatisi – come detto – in occasione dell’uccisione di Maurizio CANNIZZARO, ha permesso di delineare la struttura organizzativa ed il modus operandi degli ASCONE e la loro intima connessione con i BELLOCCO.
Le principali attività illecite del sodalizio si sono manifestate nel traffico di sostanze stupefacenti e di armi, con il successivo investimento dei relativi proventi nell’acquisto di mezzi di trasporto, merci ed altri beni mobili ed immobili. Tra le prerogative e le capacità criminali emerse dalle indagini a carico della cosca “ASCONE” si appurava, oltre alla disponibilità di armi e droga, anche una prepotente infiltrazione nel tessuto economico rosarnese, tradottosi soprattutto nell’accaparramento del settore dei trasporti.
Sempre nel corso dell’attività coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, i Carabinieri si sono occupati anche delle ricerche del latitante Vincenzo ASCONE, figlio di Antonio ASCONE, che è stato latitante dal luglio del 2005 al 10 agosto del 2007, data in cui veniva tratto in arresto a seguito di un grave agguato mafioso mentre si trovava sul lungomare di Nicotera unitamente al cugino Aldo NASSO. Le investigazioni permettevano di accertare che Vincenzo ASCONE, sia durante la latitanza che dopo il suo arresto, occupava un ruolo di primo piano in seno al braccio armato ed operativo della cosca ASCONE, in particolare nel settore dell’approvvigionamento di armi, munizioni e sostanze stupefacenti. Nel corso delle indagini, peraltro finalizzate alla sua cattura, venivano rinvenuti un bunker e due covi utilizzati dall’ASCONE, nonché documenti falsi ed un consistente numero di armi da guerra, sia occultate sotto terra che nella pronta disponibilità degli affiliati al gruppo criminale, nonché un ingente quantitativo di sostanza stupefacente.
Nel corso dell’operazione odierna sono stati impiegati oltre 200 Carabinieri, supportati dai militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori, dell’8° Nucleo Elicotteri e del Nucleo Cinofili di Vibo Valentia.
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