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Motta San Giovanni. Mentre si continua a parlare della necessità di urgenti provvedimenti di messa in sicurezza del Torrente Oliveto, passano gli anni, anzi i decenni, ma di concreto nulla si fa.
Il Comitato spontaneo di cittadini “Torrente Oliveto” da anni con periodica cadenza quadrimestrale ha ripetutamente lanciato l’allarme anche sulla situazione di dissesto idrogeologico in cui versa l’intero territorio di Lazzaro, per la minaccia rappresentata dai Torrenti Oliveto, Ferrina, Saetta, San Vincenzo e Catrica, soprattutto dal torrente Oliveto a rischio esondazione. Sono stati evidenziati i danni arrecati al territorio di Lazzaro nel corso degli anni a seguito di eventi a carattere alluvionale e dimostrato che ci troviamo attualmente sotto concreta minaccia.
E’ evidente che non ci sia la volontà di intervenire seriamente. Lo dimostra anche il fatto che tra gli interventi di sistemazione delle fiumare definiti dalla Provincia di Reggio Calabria per oltre diciassette milioni di euro, i precitati torrenti non sono stati interessati da tali interventi, mentre constatiamo che si continua ad interviene su alcune fiumare già oggetto di lavori di sistemazione idraulica.
Lo stato dei torrenti presenti nel reggino è da decenni noto a tutti gli Enti competenti, perciò i tempi necessari per una corretta progettazione, requisito indispensabile per la buona qualità dell’opera, sono stati più che abbondanti. Tuttavia, ogni anno dall’inizio dell’autunno vediamo che a seguito del ripetersi di eventi alluvionali di paurosa violenza che non risparmiano la Regione Calabria, si cerca di correre ai ripari con interventi aventi carattere di urgenza finalizzati per lo più alla canalizzazione delle acque nel caso si manifestassero paventati eventi meteorici. Lavori che si rivelano di poca rilevanza per fare cessare lo stato di pericolo, non certamente dal punto di vista economico.
Si ha l’impressione che per quanto riguarda l’Oliveto, la cui pericolosità interessa anche l’abitato di Motta, le altre fiumare di Lazzaro non sono tenute in considerazione, gli interventi si vogliono fare a parole e sulla carta. Infatti, lo scorso mese di ottobre il competente ufficio della Provincia di Reggio Calabria invitava il Sindaco e il responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Motta San Giovanni a provvedere alla chiusura dei varchi. Tale invito veniva rimandato al mittente dal Sindaco, che in forza dei compiti a Lui delegati in materia di protezione civile, disponeva, senza un formale provvedimento, che la Provincia di Reggio Calabria, in qualità di Ente titolare delle funzioni, adottasse entro giorni dieci dal ricevimento dell’invito tutte le azioni per eliminare il potenziale pericolo esistente. Di giorni ne sono trascorsi, ma provvedimenti concreti non ne sono stati presi.
Ci rafforza in tale convincimento l’intervento dell’Amministrazione comunale eseguito nel mese di dicembre 2011 con le modalità della somma urgenza, nella zona posta a monte e a valle del viadotto ANAS, altezza Autocalabra, che non ha eliminato, né allontanato il reale pericolo gravante sulla pubblica e privata incolumità e su pubbliche strutture. Vi è di più. In questi giorni si è concluso l’intervento della Provincia in località San Giorgio di Motta SG in corrispondenza del centro abitato, anche in questo caso il pericolo non è stato rimosso.
Va ricordato che i funzionari della protezione Civile hanno più volte certificato che alla foce del torrente Oliveto meglio identificata in prossimità della Ss 106 verso valle la situazione si appalesa ancora più grave, in quanto in caso di piena, non escludendo anche la possibile deviazione della portata idrica verso il varco, tutta la zona circostante potrebbe essere interessata da allagamenti che inevitabilmente coinvolgerebbero viabilità, insediamenti abitativi e terreni agricoli.
In conclusione, tutto ciò che dovevamo segnalare circa la pericolosità del torrente Oliveto e sulle conseguenze disastrose che potrebbero derivare in caso di piena sono state più volte ampiamente illustrati a tutte le Istituzioni competenti. Giova comunque ripetere che se la situazione alla foce è allarmante, non è di meno nell’area antistante il depuratore e per circa 250 metri verso monte dello Stesso. Lungo tale tratto, sprovvisto di argini, il letto, anzi il torrente, è scomparso anche per la presenza della fitta e alta vegetazioni e alberi che ostruiscono lo scorrimento delle acque aumentando il pericolo per la collettività e per le opere poste a valle.
Tutti sappiamo che con il cambiamento climatico la nostra vita non è più la stessa. I luoghi cambiano, i rischi cambiano e aumentano, l’attenzione deve cambiare. Chi ha la responsabilità della gestione del territorio non può più sperare di farla franca se commette errori.
Per quanto precede, atteso che la stagione delle grandi piogge è alle porte si chiede che si intervenga con immediatezza e seriamente affinché venga rimossa la situazione di grave pericolo che incombe sulla pubblica e privata incolumità.
Vincenzo CREA
Referente unico dell’ANCADIC Onlus
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