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Tra qualche giorno le scuole riapriranno i battenti e nonostante la forza che ci deriva dalla nostra ricchissima tradizione culturale, didattica ed umana, non possiamo non affermare di avere un po’ di preoccupazione per la crisi economica e sociale che investe ogni settore ed, in primis, il sistema scolastico.
Che fosse finito il tempo delle vacche grasse lo avevamo ben capito da tempo, ma che dovevamo reimpostare il nostro modus vivendi dalle fondamenta , questo ci è tornato nuovo.
Affermo ciò pensando in particolare agli effetti che la manovra 2011 avrà sulla scuola, sull’università e sulla ricerca.
Saranno chiuse più di 1000 scuole; saranno tagliati 10.000 posti di lavoro, contenuti i turn over nelle università ; i salari dei pubblici dipendenti resteranno bloccati fino al 31.12.2014; saranno ingessati gli organici del personale docente, educativo ed ATA; saranno aggregate le Direzioni didattiche e le Scuole Secondarie di Primo Grado in Istituti Comprensivi , con tagli di posti di collaboratori scolastici, docenti e dirigenti scolastici .
Eppure la scuola aveva già dato tanto al Paese in termini di tagli e sacrifici economici , perché continuare ad insistere su di essa? Perché questa manovra finanziaria tanto esagerata ? Sembra quasi che ci si accanisca sempre con i soliti noti, dipendenti pubblici e persone a reddito fisso. Non sarebbe, invece, il caso che il Governo cambiasse strategia, dichiarando guerra aperta all’evasione fiscale e tagliando gli spropositati costi della politica?
Per uscire dalla crisi economica è necessario investire nei settori nevralgici di un paese per farlo diventare sempre più moderno e competitivo , per migliorare la vita del singolo e della collettività. La strada principale per uscire da questa situazione di stallo e per recuperare le posizioni nel confronto globale è quella di far crescere le nostre imprese, facendo diventare medie quelle piccole e grandi quelle medie. In un Paese come l’Italia che vede frenare la propria capacità produttiva il Mezzogiorno paga il prezzo più alto per i notevoli gap che, in questi ultimi trenta anni, hanno allargato la forbice tra il Nord e il Sud.
Per ricostruire l’Italia bisogna ripartire anche dalla scuola, proprio dal nostro settore, ridando fiato al lavoro nella conoscenza e fiducia a quanti credono ancora che formarsi ed essere istruiti fa bene a se stessi e alla comunità, che sostenere ricerca e innovazione crea lavoro e sviluppo. Noi vogliamo far parte di questa schiera e continuare ad essere convinti che nell’attuale scenario di incertezza politica ed istituzionale occorre premere sul pedale dell’impegno professionale per cercare di dare senso ad un processo di innovazione che caratterizza da anni il nostro sistema scolastico. In assenza di motivazioni più concrete, in termini contrattuali e salariali, occorre far leva sull’orgoglio professionale del personale che opera quotidianamente nelle scuole che ricevono poco e si sforzano di dare tanto.
Ed allora considerato che i grandi problemi che interrogano la scuola riguardano ogni ordine e grado scolastico è importante che vengano condivise alcune idee pedagogiche fondamentali per affrontare con successo la precarietà del momento.
Esse potrebbero essere costituite da:
- la centralità della persona che apprende, con l’originalità del suo percorso individuale e la rete di rapporti interpersonali verso cui si rapporta;
- il richiamo alla cittadinanza attiva : lo sviluppo ed il progresso del singolo è sviluppo e progresso anche per gli altri. La scuola deve formare cittadini in grado di partecipare consapevolmente e criticamente alla costruzione di collettività più ampie e diversificate, multietniche e multiculturali, sia quella locale, sia quella nazionale, europea e/o mondiale;
- il richiamo alla scuola come comunità: in quanto comunità educante la scuola genera spontaneamente una diffusa atmosfera di condivisione di emozioni e sentimenti. La scuola oltre ad “ insegnare ad apprendere”, deve anche “insegnare ad essere”, promuovendo la condivisione di quei principi e di quei valori che ci accomunano all’insegna del rispetto delle regole, della legalità, della democrazia, della costruzione del “ Bene Comune” di cui la scuola stessa è esempio concreto e fattivo.
- Apprendimento collaborativo: una modalità di apprendimento che si basa sulla valorizzazione della collaborazione all’interno di un gruppo di allievi.
Pertanto, ritengo che lo sviluppo dell’identità, la formazione di solide competenze non solo in relazione ai saperi fondamentali, ma anche alla cittadinanza, il possesso di una autonomia non solo di tipo motorio, ma affettiva e cognitiva, sono i “ fili rossi” che orientano l’intero curricolo dalla scuola dell’infanzia alla Scuola primaria, a quella Secondaria di Primo Grado.
La scuola, dunque, in questo momento di grande difficoltà finanziaria e sociale può fare tanto, anche se il cammino è arduo e difficile, anche se il suo sacrificio è mal pagato e non doverosamente considerato.
Ma è grazie al suo contributo fattivo che sarà possibile formare dei cittadini responsabili, impegnati e pronti a creare sviluppo e progresso, partendo dal territorio di appartenenza.
Non bisogna, perciò, arrendersi davanti alle difficoltà che emergono da manovre e strategie finanziarie. A denti stretti occorre andare avanti, valorizzando l’esistente, senza rimanere abbarbicati a logiche ormai superate. Con occhio attento e lungimirante occorre conoscere i bisogni del momento e operare per la costruzione di una nuova identità sociale e culturale.
Così, per esempio, sarebbe giusto mantenere vivo il patrimonio storico, culturale, linguistico della nostra terra, ma nel fare ciò è necessario passare “ dall’ esperienza dei nonni e dei padri a quella dei figli”. Ciò significa che pur conoscendo e tutelando il passato è fondamentale applicare l’esperienza e le conoscenze ad un contesto nuovo, moderno, diversificato.
Che dire poi dei diritti umani : sarebbe il caso di proporre un percorso didattico che tenga conto della normativa intervenuta nel tempo a difesa dell’uomo, della donna, dei bambini , delle bambine e della loro dignità. Ma sembra altrettanto interessante far conoscere le buone pratiche per esercitare tali diritti.
E, perché no, in considerazione della crisi economica che investe non solo l’Europa, ma potremmo dire tutto il mondo, abituare anche i più giovani, partendo dalle classi del Primo Ciclo d’Istruzione a sapersi destreggiare nel mondo della contabilità e delle finanze con l’Educazione Finanziaria.
Potrebbe essere un modo nuovo di educare ed istruire i giovani, ma anche un modo per coinvolgere le famiglie sui meccanismi che regolano i profili economici della società oltre che per orientare meglio le scelte future.
E’ con queste ed altre prospettive che sento di rinnovare ai ragazzi, alle famiglie e a tutte le componenti scolastiche un saluto e un augurio di cuore per l’anno scolastico che sta per iniziare, con l’auspicio che il contributo di ogni parte e di ciascuno possa continuare ad essere parte sostanziale della crescita della comunità melitese.
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