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Nella mattina odierna, i Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno arrestato in Calabria il latitante AQUINO Domenico cl. 1965, esponente di vertice della ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale denominata “cosca aquino”, operante in Marina di Gioiosa Jonica, mentre si trovava nascosto all’interno di un’abitazione, di proprietà del suocero TAVERNESE Vincenzo, sita all’ultimo piano di un immobile di quattro piani in contrada Scinuso di Marina di Gioiosa Jonica.
AQUINO Domenico, detto “u biondo”, era ricercato a seguito di un provvedimento restrittivo che lo aveva raggiunto al termine della prima fase della maxi operazione “Il Crimine”, conclusa nel mese di luglio 2010 e coordinata dalle Procure Distrettuali di Reggio Calabria e Milano. L’attività investigativa che aveva portato all’arresto di circa 300 indagati per associazione mafiosa ed altro, aveva tra l’altro delineato la figura del predetto latitante all’interno della “locale” di ndrangheta di Marina di Gioiosa Jonica.
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Giudicato con il rito abbreviato in data 08.03.2012, AQUINO Domenico è stato condannato dal GUP di Reggio Calabria alla pena di anni 3 di reclusione.
Tra il 2010 ed il 2011, l’Arma, sotto il coordinamento della Procura Distrettuale di Reggio Calabria (dott. Nicola Gratteri), aveva individuato e sequestrato bunker risultati nella disponibilità del latitante, presso la propria abitazione ovvero di soggetti individuati quali fiancheggiatori. In particolare:
– in data 11.10.2010, nel corso di perquisizioni domiciliari presso le abitazioni dei latitanti AQUINO Domenico, AQUINO Giuseppe e AQUINO Rocco siti in Marina di Gioiosa Jonica strada Porticato, venivano rinvenuti n. 2 bunker, di cui il primo presso l’abitazione di AQUINO Giuseppe di piccole dimensioni, con chiusura azionata da un congegno meccanico scorrevole tramite un telecomando che emetteva segnali ad un lampione in ferro presente all’interno della villa posta nelle vicinanze del cancello d’entrata; il secondo presso l’abitazione del fratello Domenico, nel garage seminterrato dell’abitazione, avente notevoli dimensioni, addirittura metri 6,50 x 2,50 circa, il cui accesso era celato da una parete mobile azionata da un congegno meccanico scorrevole su binari;
– in data 29.06.2011, nel garage dell’abitazione del fratello latitante Giuseppe AQUINO veniva rinvenuto un BUNKER delle dimensioni di mt. 1,60x 1,70 x 2,00, accessibile attraverso una botola a scorrimento manuale della larghezza di mt.0,90.
– La perquisizione veniva estesa anche all’abitazione di TASSONE Rocco nato a Gioiosa Jonica il 13.04.1953, residente a Marina Gioiosa Jonica Strada Pantalogna n.50, presunto fiancheggiatore del latitante, ove veniva scovato un altro bunker delle dimensioni di metri 1,10 x 1,15 e 2,50, accessibile per il tramite di una botola dell’ampiezza di metri 0,90, con possibilità di apertura sia tramite scorrimento manuale, sia elettricamente. All’interno di quest’ultimo rifugio venivano rinvenuti kg. 8,8 di sostanza stupefacente da taglio per la droga del tipo prometazone e grammi 200 di dorozen.
Nel febbraio e agosto scorsi i Carabinieri avevano tratto in arresto i suoi fratelli AQUINO Rocco cl. 1960, già inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi stilato dal Ministero dell’Interno, esponente apicale della “Provincia” e di vertice del “locale” di Marina di Gioiosa Jonica, e AQUINO Giuseppe cl. 1962, elemento di spicco dell’omonima cosca.
L’odierno intervento, eseguito dai Carabinieri del ROS, del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria, dello Squadrone Eliportato Cacciatori di “Calabria” e dell’8° N.E.C. di Vibo Valentia, costituisce un risultato di eccezionale rilevanza nell’ambito di un’ampia manovra investigativa sviluppata dall’Arma e coordinata dalla Procura Distrettuale di Reggio Calabria nei confronti delle cosche della ‘ndrangheta che ha determinato, a partire dal 2004, la cattura di numerosi capi clan del calibro di Giuseppe MORABITO, Pasquale CONDELLO, Gregorio e Giuseppe BELLOCCO, Giuseppe e Salvatore COLUCCIO, Antonio PELLE, Girolamo MOLÈ, Sebastiano PELLE, Santo GLIGORA, Saverio TRIMBOLI, Francesco PERRE e Francesco PESCE, AQUINO Rocco, TRIMBOLI Rocco e da ultimo AQUINO Giuseppe che, dalla latitanza, continuavano a dirigere i sodalizi di riferimento.
AQUINO Domenico (09.05.1965), figlio di Vincenzo e fratello di Rocco (cl. 60) e Giuseppe (cl. 62), fa parte, per diritto di sangue, dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta attiva in Marina Gioiosa Jonica (RC), già gravato da pregiudizi penali per guida senza patente, violazione legge urbanistica, modificazione dello stato dei luoghi, furto aggravato, favoreggiamento personale e concorso esterno in associazione mafiosa.
A conferma della sua appartenenza alla ‘ndrangheta, già nell’anno 1997, nell’ambito di una indagine finalizzata all’accertamento dell’ipotesi delittuose di cui all’art.416 bis c. p., al fine di rendere inoffensive le enormi abitazioni dei componenti della citata famiglia, rese vere e proprie fortificazioni (ovviamente abusive), la DDAdi Reggio Calabria, con provvedimento nr.89/97 RGNR DDA dd. 29.07.1997, disponeva la perquisizione delle loro unità immobiliari (interessato compresso), con contestuale sequestro delle telecamere esterne, dei proiettori di luce e quant’altro ritenuto utile alle indagini.
All’interno della famiglia AQUINO risultavano peraltro inseriti noti brokers internazionali del traffico di cocaina dal Sud America, come gli Scali (Antonio, Natale e Vincenzo) ed i Lucà (Francesco, Nicola e Giuseppe), alcuni dei quali al centro dell’indagine “Decollo” del ROS che nel gennaio 2004, aveva consentito l’esecuzione di complessivi 154 provvedimenti restrittivi con il sequestro di oltre5000 kgdi cocaina e la documentata importazione di altri7800 kg. Le indagini avevano anche documentato l’evoluzione criminale della famiglia AQUINO, dedita negli anni ’70 soprattutto alla commissione di truffe e fallimenti fraudolenti e, in una seconda fase, pienamente attiva nel narcotraffico internazionale con collegamenti funzionali in Canada e negli U.S.A. oltre che nel riciclaggio dei relativi proventi, per lo più reinvestiti nel settore immobiliare.
Infine, AQUINO Domenico era stato colpito dal provvedimento di fermo per il quale era ricercato, emesso dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, nell’ambito dell’operazione “Il Crimine”. L’operazione, nel cui ambito le Autorità Giudiziarie di Milano e Reggio Calabria hanno raccordato e coordinato numerosi procedimenti penali collegati fornendo un quadro complessivo ed unitario degli assetti organizzativi della ‘ndrangheta, delle sue articolazioni extraregionali e dei comuni interessi illeciti, ha accertato come la matrice criminale, dopo un lento processo evolutivo, già delineato da alcuni collaboratori di giustizia nei primi anni ’90, abbia raggiunto una nuova configurazione organizzativa, in grado di coordinare le iniziative criminali delle singole articolazioni, soprattutto nei settori dell’infiltrazione negli appalti pubblici e del traffico internazionale di stupefacenti[1].
Le investigazioni hanno infatti tecnicamente documentato come le cosche della provincia di Reggio Calabria rimangano il centro propulsore delle iniziative dell’intera ‘ndrangheta, nonché il principale punto di riferimento di tutte le articolazioni extraregionali, nazionali ed estere. A tal fine è stato creato un organismo assolutamente inedito, denominato “Provincia”, riferimento dei responsabili di tre “mandamenti” in cui sono stati ripartiti i “locali” del capoluogo e delle aree tirrenica e ionica. Un ordine gerarchico all’interno di tale organismo che, tuttavia, garantisce ai singoli sodalizi ampi margini di autonomia, risulta assicurato dai tradizionali gradi (“sgarro”, “santa”, “vangelo”) e ruoli (capocrimine, mastro di giornata e contabile) nei diversi livelli dell’organizzazione. L’attività investigativa ha documentato come tale modello organizzativo sia stato esteso anche alle proiezioni nel nord Italia (Lombardia, Liguria e Piemonte) e all’estero (in Svizzera e Germania[2]), con la costituzione di “locali” e, laddove maggiore è risultata la loro concentrazione, di organismi assimilabili ai “mandamenti”, come in Lombardia e Liguria. Tali articolazioni, seppur dotate di libertà decisionale relativamente alle attività locali, rimangono comunque dipendenti dalla ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria. Proprio nel corso delle indagini in parola, sono state documentate numerose riunioni tra i maggiori esponenti delle cosche del mandamento ionico, per la risoluzione di problematiche interne, tra cui quella relativa all’omicidio di Novella Carmelo. Sono così emerse ulteriori conferme circa l’operatività degli organismi denominati “provincia” e “mandamento” e la rispettiva influenza nella determinazione degli assetti dei sodalizi dipendenti, tra cui quello di Gioiosa Ionica, all’interno del quale veniva ricomposta una scissione, con la nomina a capo società di AQUINO Rocco, fratello di AQUINO Giuseppe e Domenico, in sostituzione di AQUINO Nicola Rocco. Inoltre è stato possibile individuare gli interessi economici della cosca nella gestione, anche attraverso prestanome, di alberghi, esercizi pubblici, imprese edili ed immobili. Alcuni di essi, per un valore di 10 milioni di euro[3], venivano sottoposti ad un provvedimento di sequestro preventivo.
[1] In tali settori, infatti, le attività investigative dell’ultimo decennio avevano rilevato la costituzione di “cartelli” di cosche per la gestione, attraverso imprese di riferimento, di importanti opere infrastrutturali ricadenti nel territorio di più sodalizi, nonché per l’organizzazione di ingenti quantitativi di cocaina dal sudamerica, attraverso i contatti di “brokers” calabresi con le organizzazioni produttrici.
[2] Nella zona di Zurigo, nonché nelle città di Singen, Francoforte ed altre località tedesche.
[3] Consistenti in un albergo, un bar e 2 imprese attive nel settore edile.
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Operazione Crimine :
Giuseppe Aquino e Domenico Aquino ASSOLTI PERCHE’ IL FATTO NON SUSSISTE !!!!
CORTE DI APPELLO DI RC Tutta questa pubblicità e maxi spese per catturare degli innocenti?? e adesso tutti questi danni chi li paga? Ovviamente i cittadini !!! Questo è il risultato di una complessa indagine che ha portato all’arresto di due innocenti che dopo quasi quattro anni di calvario sono riusciti a dimostrare la propria innocenza. Io dico pensate quanta gente c’è nelle patrie galere innocente!!! Le persone vengono sbattute nelle prima pagine dei giornali descritti come BOSS SUPERBOSS e poi una volta assolti non se ne parla o si cerca di non dare lo stesso rilievo.