Mala e buona sanità a Reggio: la professionalità non sempre necessita di mezzi

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Da una nostra lettrice riceviamo e pubblichiamo:

 

 

Buongiorno Direttore,

sono una cittadina di Reggio Calabria e Le scrivo con l’augurio che Lei voglia pubblicare quanto di seguito al solo fine
di rendere pubblico quanto accade (ma sono certa che la stragrande maggioranza delle persone, purtroppo, ne sia già a
conoscenza) e per cercare di trovare una giusta soluzione che rientri nelle regole del vivere civile e della deontologia dei
professionisti ai quali ci “affidiamo”.
L’articolo 1 del Codice di Deontologia Medica, prevede che il medico che si iscrive per la prima volta all’Ordine è
chiamato a pronunciare il giuramento professionale. Pur essendo un atto a carattere simbolico, è nel contempo concreto
ed impegna il medico ad osservare i precetti etici e deontologici che sono alla base della professione.
Negli ultimi anni, per una serie di circostanze, mi sono dovuta rivolgere a medici che operano in strutture pubbliche e,
con parecchie difficoltà, ho dovuto barcamenarmi tra silenzi, mezze parole, assenza di ascolto nei confronti del
paziente, mancanza di soluzioni e di privacy e soprattutto mancanza di professionalità.
Rivolgersi agli ospedali ed alle strutture pubbliche, spesso significa andare a fare una visita specialistica e sentire che da
lontano qualcuno urla il tuo nome e cognome e, a volte, anche la tua data di nascita!
Significa trovarsi in un ambulatorio per fare una visita e vedere personale addetto e non, entrare ed uscire da quella
stanza senza il ben che minimo riguardo per il paziente, per la sua privacy, per la gente che da fuori può vederlo mentre
si apre la porta senza alcuna attenzione.
Nel 2015 ormai, tutte le strutture rivolte al pubblico seguono dei semplici criteri di privacy: esistono i numeri ed i codici
che si utilizzano al posto del nome del paziente/utente.
Le porte sono dotate di chiave, basta utilizzarla laddove il buon senso non sia sufficiente.
In ambulatorio, oltre allo specialista e all’infermiera, non dovrebbe passare nessun altro, perlomeno fin quando il
paziente si trova lì a confrontarsi con il medico discutendo delle proprie problematiche o sottoponendosi a visita.
Oltre a ciò, puntualmente capitava che alla consegna dei vari referti, alla domanda “Dottore quindi cosa devo fare?” mi
vedevo di fronte un “professionista” che faceva spallucce, abbassava lo sguardo e non dava risposte. Di conseguenza,
mi trovavo costretta a rivolgermi a specialisti che operano nel privato per cercare quel poco di “sicurezza” in più, quella
giusta privacy e qualità del servizio e, dunque, di professionalità e discrezione.
Ciò, naturalmente comportava delle spese importanti che non sempre possono essere sostenute.
Perché bisogna diventare matti e avere “santi i paradiso” per fruire di un consulto degno di questo nome nelle strutture
pubbliche? (“giuro… di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione,
nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l’eliminazione di ogni forma di discriminazione in
campo sanitario” questo recita il terzo punto del moderno giuramento di Ippocrate).
I professionisti che vi operano sono pagati per svolgere il proprio lavoro che, vista la scelta della professione, dovrebbe
essere un desiderio avverato dopo anni di studio e, soprattutto, scegliere di diventare medico significa scegliere di
“buttarsi sul paziente per fare il possibile affinché possa stare bene” (parole di un bravo medico del Pronto Soccorso di
un ospedale pubblico della provincia di Ferrara al quale mi sono dovuta rivolgere anni fa).
Il diritto alla salute è una norma regolata dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), noi cittadini, quindi,
possiamo/dobbiamo usufruire di questo diritto e i professionisti di settore devono garantire a tutte le persone che si
rivolgono a loro di potere avere un’accoglienza degna e un consulto professionale con tanto di soluzione (laddove sia
possibile) e di delucidazioni valide. Il paziente non è un ignorante. Il paziente è un essere umano che in quel dato
momento sta male e va aiutato. Il medico non si può fermare di fronte ad un foglio con delle analisi del sangue senza
sapere cos’altro fare. Bisogna intervenire e, spesso, l’intervento dev’essere tempestivo.
Altrimenti ci si ferma un attimo, si fa un autoesame di coscienza e qualora non si sia in grado di svolgere la professione
medica bisogna avere il coraggio di cambiare!
La meritocrazia è un termine astratto in Italia e lo dimostrano i fatti, in molti settori.
E’ necessario che i professionisti che dimostrano di avere un valore abbiano la possibilità di essere riconosciuti in
qualche modo e per quelli che non lo dimostrano ci deve essere una giusta soluzione affinché possano decidere se
migliorarsi o lasciare la professione.
Con ciò, non farò i tanti nomi di chi non svolge il proprio lavoro con precisione, dedizione e professionalità
nascondendosi dietro il fatto che mancano i fondi, mancano le strutture, manca di tutto! Un medico che voglia svolgere
bene il proprio lavoro lo fa anche senza fondi e strutture! Quindi ciò che manca è la voglia e la preparazione per
svolgere al meglio la propria professione!
Un medico che voglia fare bene ed essere davvero un medico, lo fa al di là del lettino vecchio, dei guanti in lattice di
una misura diversa, dell’infermiera che c’è o non c’è. Essere medico non è solo una professione, significa dedicarsi
all’altro facendo il massimo per portarlo a guarigione, significa ascoltare ed essere comprensivi ed educati con chi in
quel momento sta soffrendo.
L’ultimo punto del moderno giuramento di Ippocrate recita come di seguito:
(“giuro…”) “di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità,
osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in
contrasto con gli scopi della mia professione.”
Quanti e quali professionisti rispettano questo giuramento? …
Dopo tante vicissitudini personali, familiari e dopo essermi confrontata anche con alcuni amici in merito alla scelta di
medici e specialisti, posso affermare che fortunatamente, anche nella nostra città, operano medici degni di avere questo
titolo professionale e lo fanno anche in situazioni di disagio, all’interno di strutture pubbliche approssimative e senza
grandi strumentazioni. Da ciò si evince la competenza di specialisti che riescono nella loro missione senza la pretesa di
avere mille infermieri al seguito ma con la voglia di mettere il paziente al centro di tutto. Medici, specialisti che non
hanno bisogno che il paziente arrivi con la “raccomandazione” per avere le attenzioni che merita. Privacy, competenza,
professionalità, discrezione e disponibilità degne di nota di merito. Sottolineo, pertanto, il fatto che chi come me,
fortunatamente, è riuscita a trovare dei medici validi, non può fare altro che consigliarli ad amici e parenti. Per questo,
voglio rendere merito a chi, in mezzo a tanta incompetenza, è riuscito a dimostrare di avere valore e a confermare, nel
tempo, la propria professionalità, competenza e disponibilità. Fra questi, voglio fare il nome del Dottor Giovanni
Micalizzi, specialista in ginecologia ed ostetricia, che opera all’interno di una struttura pubblica nella quale c’è un
ambulatorio con un lettino, un lavabo, una scrivania e tre sedie.
La vera professionalità non sempre necessita di mezzi per poter essere espressa.
Maria Stella Crupi

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Author: antonio.albanese

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