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Riceviamo e pubblichiamo un comunicato del Sindaco di Locri Giovanni Calabrese:
“Il 17 ottobre è ormai prossimo e le sensazioni non possono che essere positive date le numerose adesioni già pervenute e l’incoraggiamento a non mollare che molti cittadini ci rivolgono quotidianamente. Scendete in strada al nostro fianco!
Il mio sincero ed accorato appello è rivolto ai cittadini della Locride, che, una volta per tutte, hanno la reale opportunità di dimostrare quanto ci tengono a questo territorio.
Abbiamo tutti quanti la possibilità di far vedere all’Italia intera la nostra unità, se questa realmente esiste.
I nostri avi hanno lottato con le unghie e con i denti, alcuni perdendo anche la propria vita, per la difesa della loro terra contro i proprietari latifondisti; poi hanno lottato affinché si concretizzasse l’annessione al neocostituendo stato italiano: quello stesso Stato che oggi ci toglie ogni minimo servizio in nome della spending review (in parole povere in un’ottica di risparmio).
Un risparmio deciso a tavolino, senza tenere conto di sperperi perpetrati negli anni e di situazioni apparentemente simili ma totalmente diverse per ogni singolo territorio d’Italia.
La Locride è proprio uno di questi, un’area particolare, depressa e in sofferenza. La Locride è realmente lontana dal resto d’Italia ed è innegabilmente fuori dall’Europa.
Un isolamento voluto da Roma e acconsentito da una datata classe politica regionale incompetente o disinteressata, se non per attività inerenti il proprio tornaconto personale in termini di voti.
Hanno tagliato i treni che collegavano la Locride con il Nord Italia, anche se di treno portavano solo il nome, accontentandoci nel 2015 di avere una linea non elettrificata (sic!) e un servizio non consono al prezzo pagato, pur di poter partire e arrivare nelle nostre stazioni.
Hanno deciso di non investire quanto promesso per la realizzazione di arterie stradali veloci: ne è limpido esempio la variante della nuova strada statale 106 che ha visto la luce dopo oltre un trentennio di parole e che negli anni ha subito riduzioni di tratte, isolando così paesi certi di avere una strada importante vicina per poter uscire dalla loro nicchia territoriale.
Nei comuni più piccoli e interni rispetto alla costa, hanno deciso di offrire un servizio postale a singhiozzo, con aperture a giorni alterni (quando va bene). Hanno deciso che non abbiamo diritto ad avere un lavoro dignitoso nel luogo dove siamo nati e cresciuti. Ora, dulcis in fundo, come se nulla fosse, hanno deciso di toglierci la Sanità con la prossima chiusura dell’Ospedale di Locri che, per varie contingenze, è diventato l’unico ed effettivo Ospedale della Locride, il solo tra Reggio e Catanzaro, quindi nell’arco di 200 chilometri.
Prima hanno attuato l’accorpamento con l’Azienda Sanitaria di Reggio Calabria, togliendo l’autonomia (in termini di gestione economica e sanitaria) al Nosocomio di Locri. Poi hanno deciso di trasformarlo in un Ospedale Spoke (riuscendo soprattutto nel loro principale intento: non far capire ai cittadini cosa volesse realmente significare), attuando però politiche totalmente diverse rispetto a quanto stabilito per legge per una struttura “Spoke”, basate sul NON finanziamento, sul NON investimento sul personale, sul NON adeguamento e/o manutenzione di macchinari ed attrezzature fondamentali per l’attività ospedaliera.
Quindi, come si fa, ad oggi, a parlare di sviluppo della Locride, di occupazione, di progetti futuri, se anche ciò che è minimo (ed essenziale) ci viene tolto? Come possiamo dire ai nostri figli di rimanere qui ad investire il loro futuro, in una terra che di prospettive ne ha poche? Come si fa a negare alle persone più anziane o economicamente più svantaggiate, la possibilità di curarsi “a casa loro”, senza necessariamente doversi spostare nel resto d’Italia?
La storia ci dice che i nostri nonni hanno lottato per avere la ferrovia, le strade, le scuole, che paradossalmente sono tutte strutture ed infrastrutture rimaste al secolo scorso, ma che ad oggi per fortuna ci ritroviamo, proprio grazie alla volontà e alla caparbietà di una classe borghese – popolare che, avendo a cuore il territorio dove vivevano, ne hanno voluto la loro presenza, non tanto per loro stessi ma per i loro posteri, e per lo sviluppo di un territorio dalle potenzialità infinite.
Ecco, rifacendomi e rifacendoci a questa storia, che è la nostra storia, apparentemente così lontana, ma realmente così vicina, faccio un appello a tutti i cittadini della Locride, a chi lavora per le Istituzioni, a chi opera in proprio, alle dipendenze o nel sociale, a chi fa parte di associazioni, a chi è disoccupato o studente, a chi ha i figli piccoli o a chi è anziano, nell’abbandonare ogni loro singolo impegno e nel venire a Locri il 17 ottobre per manifestare insieme e pacificamente a difesa e tutela del nostro Ospedale. Perché l’Ospedale della Locride non deve chiudere. E noi dobbiamo essere in tanti e soprattutto uniti, per far sentire la nostra voce, altrimenti si continuerà a decidere a tavolino sulla nostra pelle.
Rompiamo gli indugi! Per una volta dimostriamoci coesi e abbandoniamo atavici campanilismi che hanno solo fatto male a questo territorio.
Vi aspetto tutti quanti, da Bivongi a Staiti, da Monasterace a Palizzi, a partire dalle ore 9.00 davanti il Palazzo di Città, per poter poi procedere in corteo verso il nostro Ospedale.
Io non mollo, ma la battaglia deve essere comune!“.
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