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Un licenziamento illegittimo. A distanza di 2 anni e 7 mesi il Tribunale del Lavoro di Reggio Calabria ha dato ragione al giornalista Lucio Musolino, licenziato da quotidiano “Calabria Ora” nell’ottobre 2010.
La sentenza è stata notificata nei giorni scorsi agli avvocati Natale Carbone e Maria Grazia Mammì che hanno assistito Musolino dopo che quest’ultimo, lo ricordiamo, è stato epurato dal suo giornale con un fax.
In particolare, il Giudice del Lavoro Patrizia Morabito ha accolto il ricorso di Musolino che ha rinunciato a qualsiasi azione nei confronti del direttore Piero Sansonetti.
Tuttavia il Tribunale ha imposto agli editori di Calabria Ora il reintegro del giornalista nel posto di lavoro in precedenza occupato. “Il licenziamento – scrive, infatti, il giudice – è stato irrogato senza il rispetto delle garanzie procedimentali e già questo appare ragione sufficiente di radicale illegittimità del recesso» del rapporto di lavoro.
Ancora una volta, quindi, il giudice ha rilevato come gli editori di Calabria Ora abbiano licenziato Musolino non rispettando l’articolo 7 della legge 300/70 secondo cui “il datore di lavoro che intenda sanzionare condotte indisciplinate, debba preventivamente contestarle all’incolpato”. Cosa che non è stata fatta con Musolino, licenziato senza preavviso e con un fax mentre era in ferie.
Calabria Ora, inoltre, è stata condannata a risarcire i danni a Musolino il quale, appresa la notizia dai suoi avvocati, ha commentato: “Prendo atto che il giudice ha accolto il mio ricorso. È la terza volta che il Tribunale del lavoro certifica che sono stato epurato illegittimamente dal giornale per cui lavoravo. Lo aveva fatto il 28 marzo e il 10 giugno 2011 quando mi ha dato ragione al termine della procedura d’urgenza. Entrambe le volte, non sono stato né reintegrato né risarcito. La sentenza dimostra che anche nei giornali calabresi devono affermarsi le leggi e i contratti di lavoro”.
“Comunque – conclude Musolino che si occupava di cronaca nera e giudiziaria nella redazione di Reggio Calabria – non è questo il momento di fare polemiche. Ciò che conta è che sono stato licenziato per aver svolto il mio lavoro come ho sempre fatto. Negli ultimi mesi avevo scritto dei rapporti tra la ‘ndrangheta e la politica. Evidentemente questo aveva dato fastidio a qualcuno. Per la sentenza di oggi voglio ringraziare i miei avvocati, Carbone e Mammì, e il sindacato Fnsi che non mi hanno mai abbandonato dopo il licenziamento”.
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