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Le Comunità Montane fin dalla loro istituzione con Legge 1102/71, ora disciplinate dall’Art. 27 del D.Lgs. 18/08/2000, n° 267 (T.U.E.L.), perseguono l’obiettivo primario di eliminare gli squilibri di natura sociale ed economica tra le zone montane e il resto del territorio nazionale. Esse sono state costituite al fine di valorizzare le zone montane tramite l’esercizio delle proprie funzioni, garantendo servizi capaci di incidere positivamente sulla qualità della vita e, razionalizzare ed ottimizzare i servizi da rendere alle popolazioni residenti.
Nel contesto di una crisi economica globale che sta imponendo una radicale trasformazione del modello di finanza pubblica, tesa ormai ad accelerare i processi di evoluzione federalista dello Stato, asseconda una logica crescente di forti restrizioni di spesa.
Le modifiche anche costituzionali intervenute nell’assetto istituzionale del paese, hanno determinato una continua riduzione dell’attenzione dello Stato verso le Comunità Montane fino alla totale eliminazione di qualsiasi intervento finanziario statale, deciso con la Legge finanziaria 2010, compreso il cd “Fondo Consolidato” con la conseguenza di privare gli enti anche delle risorse necessarie per il pagamento delle retribuzioni al personale, quindi di lasciare alle Regioni il compito di provvedere con propri mezzi al funzionamento ed alle attività delle Comunità Montane.
Le Comunità Montane nel corso degli ultimi anni sono gli unici fra gli enti locali che hanno subito un radicale taglio del costo della politica, sia azzerando le indennità degli amministratori, sia tagliando di oltre il 60% il numero dei componenti degli organici esecutivi ed anche riducendo il numero dei consiglieri preesistenti. Questo processo di azzeramento dei costi della politica nelle Comunità Montane, avvenuto senza alcuna lamentela da parte degli Amministratori, è la migliore dimostrazione del legame profondo tra quanti sono impegnati nella direzione politica degli enti montani e la realtà della montagna calabrese, un legame che testimonia quanto spirito di dedizione, passione civile e politica esiste verso i problemi ed il ruolo della montagna calabrese.
Non si capisce perché ancora una volta la riforma debba necessariamente penalizzare così profondamente le Comunità Montane che rappresentano solo una limitata parte del sistema endoregionale, considerato che è già in atto la soppressione delle Province, privando le zone montane di una “programmazione” per il loro sviluppo, essendo tutti gli altri enti, esistenti o ipotetici, (Vedi il tentativo di trasformarle in unione dei Comuni) di “erogazione di servizi”.
Le Comunità Montane sono già unione dei Comuni, enti locali costituiti fra Comuni montani e parzialmente montani, per la valorizzazione delle zone montane per l’esercizio di funzioni proprie, di funzioni conferite e per eventuali esercizi associati delle funzioni comunali, ai sensi dell’Art. 27 del D.Lgs. 267/2000 (T.U.E.L.), ora previsti nella Spending Review, evitando la costituzione di nuovi Enti, in regime di legislazione privatistica, che rischiano di diventare fin dal momento della creazione dei contenitori vuoti.
Oltre poi l’esperienza di lavoro del personale oramai solo ed esclusivamente ex Legge 285/77, accumulata nei decenni di attività (oltre 34 anni) venga salvaguardata ed utilizzata per dare slancio ad una nuova politica di sviluppo ed evitare che vada dispersa e frammentata, perdendo il valore aggiunto alla forte presenza degli Enti montani, sui singoli territori i quali dipendenti, pur non percependo lo stipendio da 8 mesi, con spirito di servizio, dedizione professionale ed abnegazione lavorativa continuano a garantire il loro funzionamento, a vantaggio e beneficio dei Comuni membri, pur inadempienti in termini di quote associative.
Solo il policantismo calabro, anche quello che veste panni innovatori, può ignorare tali problemi, affamare 408 famiglie e dormire sonni tranquilli.
Non v’è chi non vede che tale situazione, al limite ormai della sopportazione esistenziale stia inducendo le Comunità Montane ad una indotta superfluità ed inconsistenza istituzionale che vanifica ogni speranza e prospettive di futuro per i nostri territori, già martoriati da fenomeni crescenti di involuzione economico-culturale ed evitare un prevedibile rischio di ordine pubblico, quale reazione dei 408 dipendenti che in regime di riforma del mercato del lavoro e, nella fattispecie, più dettagliatamente, di riforma dell’Art. 18 dello Statuto dei lavoratori, non si sentirebbero più garantiti, alla soglia della pensione.
La convinzione che solo uno scatto di orgoglio ed una ferma volontà a non cedere ad una insipienza che neutralizzi e porti alla deriva la vita stessa dei nostri Enti sovra comunali, ci indice a rivolgerci alla classe politica calabrese, affinché si possa ripristinare e potenziare l’essenziale ruolo e funzioni, fin qui svolte, dalle Comunità Montane, attribuite dalle Leggi Comunitarie, Nazionali e Regionali.
La nostra accorata richiesta, sicuri di interpretare il pensiero e la condivisione dei colleghi di tutte le Comunità Montane Calabresi, vuole scongiurare i pericoli insiti in una diversa decisione in merito. Si auspica che la Regione Calabria, sia la maggioranza di governo che l’opposizione, la quale non è esente, ne giustificata e assolta dalla sue responsabilità, poiché non propositiva, (tanto peggio, tanto meglio) la recepiscano con atto formale oltre a legiferare sulla continuità amministrativa dei nostri enti e il loro potenziamento.
Lavoratori ex Legge 285/ Comunità Montana dell’Area Grecanica – Melito Porto Salvo (R.C.)
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