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Riceviamo e pubblichiamo:
La situazione depurativa degli impianti di depurazione di Lazzaro nonostante le continue denunce di questo comitato è drammatica.
Da qualche tempo abbiamo notato che la stazione di pompaggio delle acque reflue comunali posta nell’alveo del Torrente Oliveto non è più alimentata da corrente elettrica e il depuratore comunale posto più a monte si presenta in stato di completo abbandono e disuso. Ciò ha suscitato in noi incredulità e seria preoccupazione per la nostra salute anche perché il depuratore, come ben si sa non ha mai depurato le acque come dovrebbe e fino ai primi giorni di questo mese le scaricava a cielo aperto su quel poco di spiaggia rimasta per poi giungere a mare, per tale motivo si ravvisava la necessità di attivare le Istituzioni competenti affinché accertassero dove avvenisse lo scarico delle acque reflue urbane.
La risposta è venuta fuori da sola e in maniera abbastanza scontata: le acque non depurate dall’impianto dell’Oliveto sarebbero state all’insaputa della popolazione dirottate in località San Vincenzo. Infatti, un impressionante scarico clandestino di acque non depurate giunge in destra della foce del Torrente San Vincenzo, ove occultato tra i frangiflutti è posto lo scarico dell’omonimo depuratore comunale, situato poco più a monte . Per quanto è possibile visivamente osservare oltre allo scarico del depuratore comunale di San Vincenzo, che avviene, come detto fra i frangiflutti, in direzione monte/mare, si nota una tubazione posta Reggio/Melito che scarica violentemente una notevole quantità di acque reflue non depurate da ritenersi verosimilmente prodotte dalle abitazioni poste al Centro di Lazzaro e periferie Nord del paese, le cui acque dovrebbero giungere attraverso la stazione di pompaggio dell’Oliveto all’omonimo depuratore comunale.
Anche la stazione di pompaggio delle acque reflue comunali posta nell’alveo fluviale di San Vincenzo sembrerebbe inattiva e il depuratore in stato di completo abbandono.
E’ una situazione ambientale fortemente compromessa: la colorazione e l’odore delle acque sversate a mare,non è per nulla rassicurante e visto che anche il depuratore di San Vincenzo da sempre scarica direttamente a mare le acque reflue senza subire alcun tipo di depurazione non si comprende come potrebbero risultare parametri conformi ai limiti della legge e dichiarare le acque marine balneabili.
Come ben emerge dai fatti ripetutamente segnalati e documentati da questo comitato, per quanto riguarda la mancata depurazione delle acque fognarie si sono superati tutti i limiti sfidando la pazienza dei cittadini, che sono stati sempre tenuti all’oscuro di ogni decisione presa dall’Ente territorialmente competente.
Non è dato sapere chi avrebbe deciso di dirottare lo scarico in località San Vincenzo e nasconderlo tra i massi, ove sarebbe difficile individuarlo se non per l’odore pestilenziale che lo stesso emana e per il tipico colore che assumono le acque marine nello specchio circostante lo scarico ben visibile nelle giornate di mare calmo. Giova ricordare che il vigente ordinamento degli enti locali (Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articolo 107, e successive modificazioni) prevedendo la delega di autonomi poteri organizzativi ai dirigenti amministrativi dell’ente comunale non esclude comunque il dovere di controllo in capo alla figura politicamente ed amministrativamente apicale del comune.
Male non fa ripetere che lo scorso 20 settembre Goletta Verde di Legambiente, in merito all’inquinamento del litorale di Lazzaro comunicava a noi del Comitato di esser passati durante la giornata del 9 luglio a monitorare la costa di Reggio Calabria. Sono stati prelevati campioni in sei punti critici (fogne vere e proprio con esalazioni delle più tossiche) proprio nella città di Reggio Calabria, tra cui Lazzaro, dove lo scarico di fogna in località San Vincenzo che hanno provato a nascondere tra i frangiflutti del lungomare, sfocia direttamente in mare. Dopo averlo scovato e campionato è uscito fuori FORTEMENTE INQUINATO con dei valori di batteri stupefacenti. E’ stata convocata conferenza stampa e divulgato i dati denunciando la grave situazione.
Eppure tali accertamenti sono stati coraggiosamente contestati dal Dirigente pro tempore del Dipartimento dell’ARPACAL di Reggio Calabria, asserendo addirittura che si trattava di una fuoriuscita del c.d. “troppo pieno”, dall’Amministrazione comunale di Motta San Giovanni e da un consigliere di minoranza che addirittura pubblicamente asseriva che le nostre acque sono “limpide e cristalline”, addirittura “potabili.
In merito all’attuale situazione pericolosa che si ripercuote sull’igiene e sulla sicurezza pubblica sono state nuovamente attivate per gli accertamenti di competenza: la Capitaneria di Porto di Reggio Calabria, il Nucleo Operativo dei Carabinieri – N.O.E. – di Reggio Calabria, l’A.R.P.A.Cal direzione scientifica di Catanzaro, il Dipartimento di Reggio Calabria e la locale Procura della Repubblica.
Riteniamo sia indispensabile, oltre ai provvedimenti urgenti da adottare a tutela della salute dei cittadini, rimuovere i massi nell’area ove avviene lo scarico per facilitarne gli accertamenti e rendere visibile l’area inquinata interessata dallo scarico.
Non si comprende il motivo per il quale per i disagi causati dalla cattiva gestione del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani, che tra l’altro si trascinava da anni, lo scorso 30 luglio il Sindaco del Comune di Motta SG , ritenendo sussistere una situazione di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente ha emesso un provvedimento con il quale ordinava la rimozione dei rifiuti dal territorio comunale, mentre per quanto riguarda le acque permanentemente scaricate da oltre 40 anni a cielo aperto sul suolo e nel mare senza alcun tipo di depurazione nulla si fa, pur sussistendo un concreto pericolo per l’integrità dell’ambiente e l’incolumità delle persone. Forse è questione di visibilità?
Dobbiamo amaramente constatare che nel territorio reggino non c’è la volontà di risolvere tale problematica, si tende sempre di nascondere i problemi lasciando che tutto rimanga nell’ apparente tranquillità. La situazione ci presenta la stessa domanda alla quale non è stata data risposta: perché in altre località calabresi si cerca di mettere un freno all’inquinamento del mare sequestrando i depuratori e nel territorio reggino si permette che si continui ad avvelenare la nostra salute e l’ambiente in cui viviamo?. Pensavamo che la salute dei cittadini avesse dappertutto lo stesso valore e fosse tutelata nella stessa misura.
In conclusione alla luce dei fatti rilevato che da molto tempo sussiste un pericolo reale, concreto e grave per la salute dei cittadini e visto la necessità di evitare ulteriori rischi per la salute pubblica, tenuto anche conto del grave danno erariale arrecato, danno erariale comprensibile del danno patito dall’ambiente e quindi dalla popolazione, che si riterrà per ovvi motivi senz’altro maggiore poiché l’inquinamento provocato e che tutt’ora persiste continua ad esporre la popolazione in pericolo di insorgenza di malattie anche gravi le cui manifestazioni possono avvenire anche nel lungo periodo, si rinnova la richiesta di un provvedimento cautelare reale dei depuratori e delle stazioni di pompaggio poste lungo gli alvei fluviali, fissando un termine entro il quale ripristinare la funzionalità degli impianti. La richiesta va estesa anche al depuratore di Motta San Giovanni, località Castelli, che da oltre 40 anni scarica quotidianamente tonnellate di liquami e schiume inquinanti nel corso d’acqua del torrente Oliveto.
Comitato Spontaneo “Torrente Oliveto”
rappresentato da Vincenzo Crea
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