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L’Assessore regionale al Lavoro Nazzareno Salerno ha rilasciato la seguente dichiarazione sulla festa del Lavoro:
“Quello del 2014 – ha dichiarato l’Assessore Salerno – non è un bel primo maggio, non lo è per l’Italia costretta a fare i conti, ormai da qualche anno, con una crescente disoccupazione e non lo è per la Calabria dove gli indici relativi alla disoccupazione sono allarmanti soprattutto per quanto riguarda i giovani.
La nostra regione con il 22,2%, nel 2013, ha fatto registrare il tasso di disoccupazione più alto d’Italia e quella giovanile è al 56,1%, il 16% in più della media nazionale, il 33,3% superiore alla media europea.
Dati straordinariamente preoccupanti e che vanno letti in uno con quelli relativi ai percettori di ammortizzatori sociali in deroga, nel 2013 ne sono stati finanziati in Italia per 2,5 miliardi di euro e servono ancora risorse per coprire interamente l’annualità.
E’ una situazione ben nota e le costanti e cicliche manifestazioni davanti all’assessorato regionale al lavoro rendono evidente come dietro ai numeri, che sono gravi ma possono apparire anche freddi, ci siano storie personali, angosce familiari, disperazioni alla ricerca di risposte definitive e rassicuranti.
In questi lunghi e difficili mesi nei quali ho ricoperto il ruolo di assessore regionale al lavoro ho ascoltato le richieste di chi un lavoro non ce l’ha e di chi ce lo aveva ed a causa della crisi economica lo ha improvvisamente perso; ho sentito le voci legittimamente rabbiose di chi non riesce a far fronte alle necessità quotidiane, di chi davanti ai figli vive questa condizione di precarietà come una lesione della propria dignità di madre o di padre.
Ho avuto la triste possibilità di verificare come una situazione del genere spinga tanti a mettere tutti i politici, chi ha responsabilità e chi no, in un unico calderone; mi sono reso conto di quanto sia difficile, se non impossibile di fronte alla disperazione ed all’angoscia lavorativa, spiegare le scelte, le decisioni, i provvedimenti, la vicinanza nei confronti dei lavoratori, dei disoccupati, di chi è alla ricerca di un lavoro che dia senso alla propria esistenza e gli consenta di rimanere in Calabria.
Abbiamo fatto sforzi straordinari per reggere l’onda d’urto della crisi, cito solo alcune delle iniziative intraprese: dal recupero di ingenti risorse da destinare ai percettori di ammortizzatori sociali in deroga allo strumento del credito sociale, dalla scelta di elaborare strumenti di sostegno che consentano il mantenimento dei livelli occupazionali all’impegno sulle decine di vertenze aziendali aperte in Calabria.
Tutto quello che era nelle nostre possibilità l’abbiamo fatto ma ci sono tre enormi problemi e da questi dipendono i risultati definitivi.
Il primo è rappresentato dalle risorse che sono insufficienti, sono aumentate in tutta Italia le esigenze e parallelamente sono diminuiti i fondi e questa è una situazione dalla quale occorre uscire al più presto.
Poi c’è il tema della burocrazia che rende complicatissimi percorsi che invece dovrebbero essere veloci e spediti proprio perché il loro punto d’arrivo è rappresentato dalla necessità di dare risposte a situazioni difficili; penso che gli interventi legislativi sulla disciplina del lavoro siano necessari ed utili ma l’urgenza riguarda innanzitutto gli strumenti e le procedure di intervento.
Passatemi una metafora, è come fare il restilyng di un’autovettura, ne rendiamo più attraente la linea ed aumentiamo la potenza del motore ma se poi per metterla in moto o per fargli prendere una direzione ci si mette dei mesi vuol dire che si è solo perso tempo; da questo punto di vista l’impegno del Governo Renzi e la volontà espressa da Alfano sono incoraggianti, speriamo che snellimento burocratico e velocità nelle decisioni arrivino presto.
Infine il terzo ed ultimo problema, questa regione è strutturalmente troppo debole e non è capace al suo interno di essere e sentirsi sistema; una responsabilità che riguarda innanzitutto la politica ma anche tutti coloro che – nell’ambito del proprio ruolo – possono dare una concreta mano d’aiuto.
Lo sport più in voga è quello dello scarico delle responsabilità, se c’è un problema l’atteggiamento immediato non è quello del contributo costruttivo ma quello più negativo e dannoso di chi si impegna non per risolverlo ma per individuare ragioni – giuste o sbagliate che siano – per far dipendere quel problema dalla responsabilità dell’avversario.
Per tutte queste ragioni penso che questo non sia un bel primo maggio, che questo giorno abbia una forza evocativa straordinaria ma allo stesso tempo – nelle condizioni date e di fronte alle tante e vuote celebrazioni retoriche – rischia di trasformarsi in una presa per i fondelli.
A chi ha un lavoro precario, a chi il lavoro lo ha perso o ancora a chi guarda ad un’occupazione ormai come un miraggio, a loro in questo primo maggio non va il mio augurio ma un abbraccio che vuol dire una sola cosa: so quanto sia difficile la condizione che vivete e come ho fatto in questi mesi continuerò ad impegnarmi al massimo delle mie possibilità e fin quando sarà possibile”.
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