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Vorrei consigliare ai miei amici Giacomo Battaglia e Gigi Miseferi di non impegnarsi, da professionisti qual sono, nell’interpretare ruoli difficili e significativi come quelli che li hanno visti in prima linea nel film ” quel che resta”. Infatti, sarebbe stato molto più semplice per loro e proficuo ( per non so chi) travestirsi da ndranghetisti, uomini di malaffare e , senza sforzarsi, usare il loro ( nostro) dialetto per interpretare ruoli violenti , da ignoranti (!) in pellicole ambientate in qualunque posto della Calabria….. Per essere ammessi al festival del Film di Roma!
Ahimè è fin troppo facilmente constatabile che in ogni film o fiction quando si parla in calabrese è sempre perché chi lo parla è un ignorante, bifolco e irrimediabilmente mafioso.
Repaci , Seminara, Alvaro, Calogero…….. Calabresi per errore!
Ricordate la fiction “gente di mare ” ? Gli ufficiali e la gente perbene : accento del nord, eleganza e legalità . Al sud riservati gli assassini e gli ignoranti.
Per una volta si realizza con i fondi della Regione e della Provincia di Reggio un film che rievoca il tremendo terremoto del 1908, con possibilità di vedere usi e costumi dell’epoca, sia pur nel contesto di una storia struggente, col risultato che …..per l’inclusione nel festival di Roma …..non c’è posto. Neppure fuori concorso.
Non faccio il vittimista di professione ma è davvero singolare che chi di dovere taccia di fronte alla esclusione di un importante ramo della cultura calabrese e della storia recente, dopo aver speso tante risorse pubbliche.
Io, nella mia qualità di assessore alla cultura della Provincia, Ente direttamente interessato , lo faccio. Di più chiedo , e l’ho fatto ufficialmente con le modalità di rito, che il film venga ceduto interamente alla Provincia perché ne curi la diffusione .
Contrariamente a molti, anche finanziatori, ho avuto il piacere di assistere alla proiezione di ” quel che resta” e ritengo sia un’opera utile alla conoscenza della nostra storia, dove le interpretazioni sono di qualità , non solo per i nomi, ma sopratutto per il pathos che gli artisti hanno saputo infondere nei diversi personaggi, resi estremamente verosimili dall’elevato amore che traspare nel loro agire.
L’arte senza passione è commerciale.
Questo film tocca il cuore di noi calabresi ancor più di qualunque rievocazione fredda di quello che fu l’evento più cruento della Natura avversa, nel secolo scorso.
I Reggini, il mondo della cultura hanno il diritto di vederlo.
Hanno già , senza saperlo, pagato il biglietto.
Dott. Eduardo Lamberti–Castronuovo
Assessore
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