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di Marisa Cagliostro
Il duro e stringente dibattito che si è svolto 2 giorni fa all’auditorium Zanotti Bianco tra alcune associazioni culturali, la Soprintendenza archeologica, rappresentanti della Direzione regionale dei Beni Culturali e Paesaggistici, politici, cittadini, riguardo i ritardi del completamento dei lavori del Museo Nazionale e quindi il mancato rientro dei Bronzi nel rinnovato Museo, ha dell’incredibile.
Un progetto, quello della ristrutturazione e adeguamento del Museo, salutato da tutti come una opportunità insperata per dare più degna ospitalità a reperti e visitatori, dotando le sale di tutti i sistemi tecnologici più moderni “per avvicinarlo agli standard museali europei”. Con ristorante/bar all’attico!
Un bando, predisposto probabilmente in tutta fretta e con indicazioni di linee direttrici che hanno dato adito a idee e soluzioni progettuali che sono andate al di là del dovuto e del richiesto, provocando incredibili aumenti di costi, quasi raddoppiati, e quindi ritardi nella ricerca di nuovi finanziamenti e nella conclusione dei lavori attinenti, per lo meno, l’edificio piacentiniano.
A questi ritardi si aggiunge oggi, per l’opinione pubblica ignara, come un fungo velenoso, l’impatto assolutamente inaccettabile, di un progetto di “completamento” che, con la presunta necessità di dotare il museo di locali accessori di servizio agli utenti, li recupera nel peggiore e più traumatico modo: sventrando il corso antistante l’attuale ingresso per ottenere un moderno “ipogeo“ della profondità di oltre otto metri, con collegamento sotterraneo. Scavi da effettuare in zona di vincolo archeologico per la sicura esistenza della antica necropoli e accesso da ricavare con la realizzazione di un enorme corpo vetrato semitrasparente (?) che occuperebbe lo spazio di circa metà dell’attuale storica piazza De Nava, ergendosi a tale altezza e larghezza da impedire la vista del museo dalla piazza e della piazza dal Museo. Per non parlare dei gradini per il sollevamento del tratto di corso! Chi scrive ha cognizione di causa in quanto ha avviato e tenuto per oltre dieci anni il Corso universitario di Museologia, è stata relatore di diverse tesi di laurea innovative nel settore, ha realizzato con equipe di specialisti il primo censimento regionale dei musei calabresi, ha progettato e realizzato musei pubblici e privati, parchi archeologici, rappresentato per anni l’Ateneo reggino per i Musei universitari presso la Conferenza nazionale dei Rettori, è vecchia socia ICOM (International Council of Museums) e conosce ovviamente cosa si intenda per standard museali.
Premesso questo, si faceva rilevare, nell’aspro dibattito promosso dagli Amici del Museo, che quest’ultima fase progettuale era dal 2011 nel sito internet dei concorsi europei e quindi era a portata di tutti. Ma questo non giustifica che nessuna occasione è stata mai organizzata per presentare il progetto alla città, all’Università, alle associazioni, alla politica locale che, ultima ma prima nelle responsabilità dirette, avrebbe dovuto leggere e vigilare sul rispetto dei luoghi per evitare scempi camuffati da presunta modernizzazione, a dispetto della vera scienza urbanistica e soprattutto senza cautela in un’area fragile e martoriata come quella della città di Reggio.
Che dire? La “città distratta”, così l’ha definita il collega urbanista prof. Costa, che, come alcuni di noi, si trova ad essere talvolta additato come Cassandra, ma a cui non serve la soddisfazione del “ve lo avevamo detto” !
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