Questo post é stato letto 21080 volte!
Nel 2011 l’11,1% delle famiglie in Italia risulta relativamente povero, per un totale di circa 8,1 milioni di persone ed il 5,2% lo è in termini assoluti: circa 3,4 milioni di persone. Lo rivela l’Istat nel report sulla povertà in Italia nel 2011. La soglia di povertà relativa per una famiglia di due componenti, spiega l’Istat, è pari a 1.011,03 euro.
Rispetto all’anno precedente nel 2011 c’è una sostanziale stabilità della povertà relativa, che deriva dal peggioramento del fenomeno delle famiglie in cui non vi sono redditi da lavoro o vi sono operai, compensato dalla diminuzione della povertà delle famiglie di dirigenti ed impiegati. Peggiora, inoltre, la situazione al Sud: il 23,3% delle famiglie che risiedono nel Mezzogiorno sono povere, quasi una famiglia su quattro. Aumenta inoltre l’intensità della povertà relativa, dal 21,5% al 22,3% in un anno: i poveri, quindi, sono diventati ancora più poveri. Nella ripartizione regionale, aggiunge l’Istat, la povertà relativa è più diffusa in Sicilia e Calabria: nell’isola è povero il 27,3% delle famiglie, in Calabria lo è il 26,2%. Il tutto aggravato dalla situazione occupazionale femminile.
Occupazione femminile, un Paese diviso
Cresce il numero di donne occupate, soprattutto a termine e part time. Ma negli ultimi quindici anni, nel mezzogiorno, i progressi sono stati pochi. Il peso dell’assenza dei serviziRaggiungere l’obiettivo fissato dalla Strategia Europea per l’Occupazione di portare entro il 2010 il tasso di occupazione femminile in Italia dal 46% al 60% era tutt’altro che scontato in assenza di una forte propulsività economica, ma soprattutto a causa di mercato del lavoro spaccato a metà. Da un lato le Regioni sviluppate del Paese dove il 54,5% della popolazione femminile tra i 15 e i 64 anni lavora e dall’altro, le Regioni in ritardo di sviluppo (ex obiettivo 1), che comprendono tutto il Mezzogiorno, Abruzzo escluso, dove solo il 29,6% della popolazione femminile in età da lavoro risulta occupata in una qualche attività. I più recenti dati ISTAT indicano per il 2011 un aumento del numero di donne occupate – in larga parte straniere – dell’1,2%, a fronte di un lieve calo dell’occupazione maschile. I nuovi posti di lavoro sono soprattutto a termine (+5,5%) e a part-time (+3,3%).
Il tasso di occupazione femminile così tra il 2010 e il 2011 fa un piccolo passo in avanti grazie alle straniere: dal 46,1% al 46,5%. Inoltre i dati indicano che una buona percentuale di donne che si è messa alla ricerca di un lavoro lo ha trovato, circa il 30 su 100. Le donne che lavorano in Italia sono complessivamente 9.349.000 e tre su quattro lavorano in regioni del Centro-Nord. Le donne disoccupate sono 993.000, il 47% del totale dei disoccupati. Un terzo sono alla ricerca del primo impiego, il 20% sono ex-inattive e il restante 38% ex-occupate.
Ci sono poi le donne classificate come inattive, che sono tante: 9.656.000 (gli inattivi maschi sono circa 5 milioni). Tra i motivi della mancata ricerca di lavoro da parte delle donne: il 31% è già in pensione, il 23% studia, il 10% è scoraggiata e ben il 24% (cioè 2,3 milioni di donne) indica motivi familiari che ostacolano di fatto la scelta lavorativa. Nel caso dei maschi, solo il 2% indica tra i motivi della mancata ricerca di lavoro quelli familiari e ben il 38% motivi di studio (in una % nettamente superiore alle donne). Maschi e femmine sono invece alla pari come quota di scoraggiati (10%).
Appare evidente quindi la condizione di “segregazione” nella quale restano confinate migliaia di donne, soprattutto nelle zone del Paese dove la situazione dei servizi alla famiglia è inadeguata sia quantitativamente che come distribuzione sul territorio. La spesa dei Comuni per i servizi dedicati agli anziani nel 2008 si attesta a soli 117 euro per ciascun residente anziano, con una forte sperequazione territoriale: al Sud si spendono 59 € contro i 165 del Nord-Est, quando al Sud gli anziani stanno peggio in salute. Anche la spesa per l’assistenza alle famiglie si attesta in media a 115 euro l’anno, 47 l Sud e 165 al Nord-Est. La spesa dei Comuni per i disabili è mediamente di 2500 euro ma oscilla tra i 658 euro del Sud e i 5.075 del Nord-Est. Nel Mezzogiorno solo il 10% dei bambini con meno di due anni ha usufruito di nido contro il 30% del Nord.
Nel corso degli ultimi quindici anni i più evidenti progressi sul fronte dell’occupazione femminile sono stati al Centro-Nord, dove il tasso di occupazione è salito di oltre 10 punti percentuali (dal 43,7% del 1995 all’attuale 54,4%). Viceversa nelle regioni in ritardo di sviluppo (Mezzogiorno escluso Abruzzo) il tasso di occupazione femminile è aumentato di soli 4 punti percentuali (dal 25,4% al 29,6%). Solo in Sardegna il tasso di occupazione femminile ha sperimentato una crescita pari a quella delle regioni più sviluppate.
Questo post é stato letto 21080 volte!