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“Quando si parla di Ponte sullo Stretto di Messina bisogna rifuggire da visioni che lo raffigurano come uno splendido monumento, un’opera d’arte, un gioiello di stupefacente ingegneria fine a se stessa, un manufatto da vedere e ammirare crogiolandosi della sua maestosità e grandezza. Certo il Ponte è anche questo, ma non si spendono fior di quattrini sol per realizzare una fantastica cartolina, un quadretto che può diventare più famoso dello stesso Ponte della gomma, il Brooklyn, né lo si fa per sbriciolare il record attualmente detenuto dall’Akashi-Kaikyō che raggiunge, a campata unica, circa 2 kilometri di lunghezza.
Ma quando si parla di Ponte bisogna anche evitare di consideralo un manufatto che serve solo e soltanto le due regioni dirimpettaie, la Calabria e la Sicilia, per la pendolarità esistente nei due sensi tra Reggio e Messina, fatta di studenti, impiegati o semplici ‘escursionisti’ per mille motivi non escluso quello commerciale. No, non ha questo scopo, né quello di azzerare le incredibili code che si determinano, durante l’estate, e nei periodi delle festività, per l’afflusso abnorme di automobili, camion, e autotreni che gli attuali traghetti, pubblici e privati, non sono in grado di smaltire in poco tempo.
Anche il trasporto con i treni è penalizzante per le due sponde. Non si tratta solo della traversata che si effettua in circa mezz’ora, ma del tempo necessario ad effettuare tutte le operazioni di imbarco e sbarco dei vagoni a Messina o a Villa San Giovanni, il cui tempo necessario si aggira complessivamente attorno alle due ore. Le code e il via vai di traghetti tra le due sponde hanno, tra l’altro, fatto scattare allarmi sanitari essendo aumentati considerevolmente i casi di tumori ai polmoni tra la popolazione costretta a respirare incessantemente i fumi di scarico della combustione dei mezzi mobili e soprattutto per le emissioni dalle ciminiere dei traghetti.
La foga nichilista contro il Ponte fa dimenticare questi dati diffusi da fonte ‘insospettabile’, per i nichilisti, qual è Legambiente di Messina. Lo stesso nichilismo che sta alla base della furia dei ‘no ponte’, fa utilizzare categorie polemiche che si appalesano immediatamente come estremamente strumentali. Ci si riferisce alla paventata intromissione della mafia con volgari affermazioni come ‘una torta da spartire’, ‘un ponte tra due cosche’ o ‘l’affare del secolo’. Se per bloccare detta intromissione fosse necessario rinunciare al Ponte, lo stesso dovrebbe avvenire per la A3, per la 106 e le altre opere previste in Calabria e in Sicilia che non sono meno appetibili e che presentano anche maggiori possibilità di successo essendo minore l’attenzione dei cittadini. La strada è invece un’altra ed è quella di pretendere che lo Stato difenda le proprie scelte e i propri investimenti e mantenga alta la guardia.
Il Ponte, comunque, è tutt’altra cosa. Il Ponte, infatti, non è altro che un segmento di uno dei corridoi europei, per la precisione il corridoio 1 Berlino-Palermo, con i quali l’Europa punta a realizzare una rete di infrastrutture coinvolgente tutti i paesi aderenti al fine di rendere facili e agevoli i collegamenti e abbastanza veloci i trasporti di merci tra i diversi paesi, e tra questi e il mondo che ci circonda. I corridoi debbono, tra l’altro, essere adeguatamente attrezzati per sopportare l’Alta Velocità ferroviaria che determinerà il crollo dei tempi di trasporto. Il completamento del corridoio 1 fa risparmiare 5/6 giorni alla navigazione attuale.
E quà vanno chiamati in causa i soggetti che hanno ruoli in materia: Anas e Ferrovie. La prima, l’Anas, che deve impegnarsi ad accorciare i tempi di riammodernamento della A3, che è diventata argomento di facile e continua satira, e per realizzare le altre infrastrutture richieste e previste nel Mezzogiorno, tagliando la testa al benaltrismo ch’è l’ultima bandiera del fronte ‘No ponte’. Le seconde, Rfi, per capire come intendono assolvere al loro ruolo rendendo omogenea la rete ferroviaria italiana e contribuendo, così, all’‘unità’ del Paese. Non v’è dubbio, infatti, che l’Alta Velocità, su cui punta ormai la quasi totalità dei Paesi, è elemento fondamentale per liberare intere popolazioni dal loro incivile isolamento. Ma le recenti scelte della Rfi non sembrano andare in questa direzione dando l’impressione (nella migliore delle ipotesi) che, in questo nostro Paese, la mano destra non riesce a sapere cosa sta facendo la sinistra.
Si parla dell’abolizione di treni a lunga percorrenza, all’abbandono di settori delicati e importanti del trasporto ferroviario, al mancato collegamento ferroviario del Porto di Gioia Tauro, all’intera politica ferroviaria che sembra improntata al progressivo disimpegno. C’è la necessità di un forte scatto di reni, di un balzo visibile in avanti senza attendere, prima di intervenire, che il Ponte venga realizzato. Bisogna contribuire a rendere operativo un vero patto per il futuro del Mezzogiorno.
Chi sta lavorando per il Ponte, sta rispettando il ruolino di marcia programmato, per cui a fine anno sarà pronto il progetto esecutivo, mentre già oggi le trivellazioni, i sondaggi geognostici, le opere propedeutiche alla messa in piedi del cantiere vero e proprio, procedono speditamente. Anche Anas e Rfi dovranno fare altrettanto. In caso contrario esse vanno considerate alla stregua delle Associazioni ‘No ponte’ o, comunque, amici del giaguaro.”
Giovanni Alvaro
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