Il PdCI e il Mezzogiorno, idee e proposte per una nuova stagione

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CRISI E RECESSIONE

La crisi è drammatica. Sono aumentate le disparità, le differenze e le diseguaglianze.

C’è chi si è arricchito e chi invece si è impoverito. Aumentano licenziamenti, cassa integrazione, precarietà, disoccupazione e povertà.

Il paese è ormai in piena recessione e il Sud paga un conto salato. Tutti gli indicatori economici, sociali, civili e culturali denunciano l’aggravamento della situazione del mezzogiorno. Reddito, occupazione e Pil sono in caduta libera anche per effetto della crisi che colpisce più pesantemente i ceti sociali ed i territori più deboli. Ma anche la qualità dei servizi (scuola, sanità, trasporti, ecc.), i diritti di cittadinanza e le condizioni di vita sono assai peggiorati.

Al Sud la forte caduta del reddito, dei consumi interni e dell’occupazione viene aggravata dall’ingente riduzione della spesa pubblica corrente e in conto capitale, e poi anche dall’aumento della pressione fiscale locale (la “fiscalità di vantaggio” al contrario). Ciò – in un evidente circuito recessivo – riduce occupazione, consumi, reddito, essendo anche la capacità di esportare del Sud relativamente contenuta e assai inferiore a quella del Centro-Nord a causa dei più limitati processi di sviluppo.

UN MODELLO FALLIMENTARE

 

Più di un secolo fa le inchieste di Leopoldo Franchetti – Sidney Sonnino, di Pasquale Villari, di Giustino Fortunato, di Giuseppe Saredo hanno messo in evidenza il degrado sociale e amministrativo e la necessità di sostenere gli investimenti produttivi nel Sud. Quando però sono arrivati gli interventi economici dello Stato per il Mezzogiorno, essi hanno fatto crescere assistenzialismo e clientelismo, senza creare le condizioni di un’economia vitale e libera.

Le politiche per il Sud di questi anni si possono racchiudere in due elementi: il ponte sullo Stretto e la militarizzazione delle città.

Abbiamo assistito ad una stanca riproposizione del Ponte come un’opera di regime che rappresenta davvero un’offesa e una beffa per un territorio che non ha infrastrutture, autostrade, strade e ferrovie degne di un paese moderno e civile e che denuncia enormi problemi derivanti dal dissesto idrogeologico di un territorio fragile e ballerino.

E’ il modello delle cattedrali nel deserto e della concentrazione degli impianti più inquinanti e devastanti che ha distrutto il mezzogiorno che si vuole perpetuare (centrale a carbone di Saline joniche, rigassificatore di Gioia Tauro, termovalorizzatori, ecc.).

 

ROMPERE L’ANTIMERIDIONALISMO

E’ uno scandalo quello che è avvenuto negli anni passati per mano di un governo classista e antimeridionalista. Sono stati presi i soldi al Sud cioè alla parte più debole e svantaggiata del paese e sono stati spostati alle regioni più ricche e sviluppate del centro Nord. Si parla di circa 35 miliardi di euro di fondi FAS spostati dal Sud al Nord. I tagli operati in tutti i settori, dall’università, alle opere pubbliche, alle spese sociali, hanno privato sistematicamente le regioni meridionali di fondi per progetti già in programma, depauperando di fatto il Mezzogiorno delle sue risorse.

Non poteva essere altrimenti visto che in quel governo la facevano da padroni Bossi e la lega Nord.

il modello federalista targato Bossi-Tremonti rappresenta il colpo di grazia contro il Sud, poichè tale politica ha come unico fine quello di spostare al Nord la ricchezza nazionale, a scapito di un meridione, suo malgrado, sempre più debole e scippato delle sue risorse.

L’ingente spostamento di risorse verso il Nord viene sostenuto con una vera e propria falsificazione ideologica della realtà fondata sulla rappresentazione caricaturale di un Sud sprecone, ladro e mafioso. In questa maniera, ogni giorno viene praticato uno scippo nei confronti del Sud.

Tutto ciò ha provocato una spaccatura del paese, allargando il solco tra il Nord e il Sud e aumentando le distanze e le differenze. E’ una situazione che assume aspetti ormai allarmanti ed inquietanti che potrebbe avere un effetto catastrofico per il mezzogiorno.

 

COMBATTERE LE PIAGHE DEL SUD

Ancora oggi vari problemi strutturali ipotecano le sue possibilità di progresso economico. Tra i più gravi è opportuno ricordare:

DISOCCUPAZIONE ALLE STELLE E POVERTA’ CRESCENTE. 2 giovani su 3 sono disoccupati.e in mancanza di qualsiasi alternativa, ormai i giovani hanno ripreso la strada dell’emigrazione come i loro nonni. Inoltre, recenti indagini segnalano che circa il 40 % della popolazione del Sud vive oggi sotto la soglia di povertà.

CRIMINALITA’ ORGANIZZATA POTENTE E AGGRESSIVA.  Di fronte a questa sfida lo Stato non può rispondere elargendo aiuti finanziari risibili e con l’invio di qualche decina di uomini, peraltro privi di funzioni di Polizia, lasciando vuoti i posti in organico di magistrati, e personale amministrativo delle nostre Procure e dei nostri Tribunali. Più magistrati, più intelligence, più forze dell’ordine, più mezzi e attrezzature per le indagini

Invece dell’esercito dei militari, sarebbe meglio, cominciare ad inviare nel Sud, specie nei territori più minacciati dalle mafie, un esercito di insegnanti, perché dalla scuola, dalla cultura, dall’educazione può partire la svolta nell’affermazione di una nuova cultura della legalità.

ETICA E MORALITA’ FORTEMENTE COMPROMESSI. Insieme a questo c’è anche un grande problema etico e morale. La politica nel Sud è diventata arte del trasformismo, della clientela e del malaffare. Il perseguimento degli interessi generali è stato praticamente sostituito dagli interessi personali, particolari, delle lobbys e dei gruppi di potere politico-mafiosi.

Il ripristino della legalità ed il recupero dei fondamentali principi di trasparenza e di moralità nella politica, nell’economia e nella pubblica amministrazione costituiscono condizioni irrinunciabili per garantire la pienezza dei diritti e delle libertà a tutti i cittadini del mezzogiorno. Ciò è necessario se si vogliono davvero sconfiggere le mafie che nel territorio del Sud hanno una presenza allarmante e predominante e che condizionano l’intera società meridionale. In questo senso è decisivo il tema dell’affermazione di nuove classi dirigenti nel mezzogiorno che siano capaci di promuovere una rottura politica e culturale rispetto al passato e di rappresentare davvero gli interessi puliti di questo territorio.

QUESTIONE MERIDIONALE E QUESTIONE GIOVANILE

 

Dopo gli anni dell’esodo biblico che ha investito il mezzogiorno (si calcola che dal 1875 al 1985 oltre 28 milioni di persone abbiano preso la strada dell’emigrazione), oggi questo fenomeno ha ripreso forza e consistenza, ma ad emigrare non sono più le braccia, ma i cervelli. Protagonisti di questa nuova ondata migratoria sono i giovani diplomati e laureati, i cervelli del Sud. La fuga dei cervelli abruzzesi, calabresi, campani, lucani, molisani, pugliesi, sardi e siciliani, è divenuta vera e propria diaspora, bloccando qualsiasi possibilità di migliorare e trasformare il Sud.

Oggi la nuova questione meridionale si intreccia con una drammatica “questione giovanile”.  Si tratta di un tema che riguarda proprio le risorse umane, le intelligenze, le forze di cui dispone il Mezzogiorno e che possono essere messe a disposizione di un progetto nuovo di rilancio e di futuro del nostro Paese, ma soprattutto di futuro per i giovani.

In tal senso, innanzitutto, riteniamo che occorre lanciare il progetto ambizioso di interrompere il drammatico fenomeno dell’emigrazione giovanile e della fuga dei cervelli, assumendo misure e provvedimenti capaci di incentivare e promuovere nuove forme di lavoro e di occupazione nel Sud per valorizzare lo straordinario capitale umano del Sud.

Proponiamo di istituire borse di studio per gli studenti che decidono di studiare lontano dal luogo dove risiede la propria famiglia di provenienza e che garantiscono attraverso un apposito piano programmatico di approfondire lo studio universitario su tematiche d’interesse legate allo sviluppo del proprio luogo di origine e voucher d’inserimento nel mondo del lavoro pubblico e privato se gli studenti rientrano nella propria Regione d’origine al termine degli studi.

Come è ovvio si tratterebbe di una misura transitoria, l’obiettivo finale, la grande speranza, per la quale intendiamo spendere l’impegno e la lotta del PdCI, è quella che i giovani possano crescere, formarsi,  studiare, nelle scuole e nelle università del Sud e in seguito avere la possibilità concreta di incontrarsi con una opportunità occupazionale, con un lavoro adatto alle loro possibilità, ai loro studi, alle loro capacità e competenze in questa terra. Questa è una grande speranza che va alimentata con una lotta politica coerente ed incessante. In questo senso sembra maturo il tempo di una grande battaglia generale per conquistare il diritto al reddito di cittadinanza per i giovani del Sud.

Per questo diciamo questione meridionale come ineludibile questione giovanile. Come questione di difesa della nostra gioventù dalle trame mafiose, che esercitano sempre un’influenza negativa dove manca il lavoro, dove manca il sapere, dove manca la speranza d’un tempo migliore.

Il futuro del Sud è legato ai suoi giovani: se questi vanno via allora fra 20 anni avremo un Sud invecchiato e degradato, a cui è stata sottratta qualsiasi speranza di futuro.

In questo quadro è importante rilanciare due impegni: l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni, e un piano di edilizia pubblica decennale. Gli istituti scolastici devono diventare autentici laboratori di democrazia, presidi di illegalità; per questo non è più tollerabile che le ragazze e i ragazzi siano costretti a studiare in strutture fatiscenti e è necessario un grande sforzo per consentirne l’apertura anche fuori dall’orario curriculare.

IL SUD RISORSA E OPPORTUNITA’

In questa battaglia ci può aiutare il recupero in chiave moderna del pensiero meridionalista gramsciano che altro non era e non può non essere per noi l’idea di un Mezzogiorno produttivo, che si stacca, perciò, dall’assistenzialismo, dal trasformismo, dalla piaga storica della mafia. Tale è oggi il Mezzogiorno.

Come il resto del mondo industrializzato, il Sud d’Italia ha raggiunto la fase post-industriale, ma non ha mai conosciuto una fase industriale matura.

Dopo 150 anni dall’unità d’Italia il divario tra il Nord e il Sud del paese è enorme e la questione meridionale, si è via via aggravata diventando oggi vera e propria emergenza nazionale.

C’è un divario storico che va colmato. Valga, come esempio per tutti, quello della Germania, che in 10 anni, con un gigantesco piano straordinario di investimenti pubblici, ha trasformato la sua unificazione politica dopo il crollo del muro di Berlino dell’89 in unificazione economica e sociale, eliminando la forbice preesistente tra le due Germanie.

Un’operazione che l’Italia in 150 anni non ha mai voluto né saputo fare, ma che oggi si rende assolutamente improcrastinabile perché ciò è interesse comune del Sud e del Nord di questo paese, se l’Italia vuole riprendere la strada del progresso e della crescita uscendo dalla palude della stagnazione e della recessione.

Ciò significa respingere innanzitutto il tentativo di rappresentare la questione meridionale come una mera questione criminale che si affronta con l’invio dell’esercito e con la militarizzazione del territorio.

Ciò significa fare  finalmente i conti con i mali vecchi e nuovi del Sud: arretratezza e ritardo di sviluppo, deficit infrastrutturale, disoccupazione dilagante ed emigrazione intellettuale, povertà diffusa, sistema produttivo asfittico, sistema bancario e creditizio ai limiti dell’usura, pubblica amministrazione inefficiente e burocratica, insediamento di impianti ad alto tasso di inquinamento, luogo di deposito di rifiuti tossici e nocivi, peso crescente delle mafie e della criminalità organizzata.

Ciò significa che oggi è più che mai necessario il  rilancio della battaglia meridionalista che è insieme lotta per il lavoro, per la legalità e contro le mafie.

Il Sud è una grande comunità di 20 milioni di cittadini che paga i prezzi di antiche ingiustizie e di moderne diseguaglianze, ma che può essere una ricchezza straordinaria per il futuro se si batte l’idea che esso serve solo come grande area di consumo dei prodotti del Nord.

Il PdCI deve essere protagonista di un rilancio dell’iniziativa politica nel Sud assumendo un profilo autenticamente meridionalista.

Noi Comunisti italiani, noi comunisti meridionali, pensiamo che non c’è futuro per l’Italia se non c’è un’attenzione nuova, una politica nuova verso il Mezzogiorno, se non c’è lo sviluppo del Mezzogiorno.

Per noi il Mezzogiorno è il futuro dell’Italia, proprio perché siamo assolutamente convinti che senza il Mezzogiorno il Paese declinerà ancora di più, conoscerà un futuro sempre più proiettato verso una grave deriva economica ma anche culturale e quella che già nei fatti è una divisione reale potrebbe rischiare di trasformarsi oggettivamente in una separazione istituzionale.

Non siamo solo noi a dirlo. Questo affermano oggi i maggiori studiosi della Questione meridionale. L’Italia oggi è’ un Paese in grave crisi, un Paese, che conosce una gravissima recessione e che sta appunto arretrando e declinando. L’unica carta vera, che questo Paese ha a disposizione, è la carta del Mezzogiorno che deve essere sempre più considerato come la grande opportunità, la grande risorsa per il futuro dell’Italia, non più, come invece è avvenuto in questi anni, come tuttora è prevalente, una sorta di peso, di palla di piombo al piede dell’Italia evoluta e sviluppata. Proprio  il contrario. Torniamo dunque a parlare di questa grande indicazione politica, di questa scelta di fondo che si chiama Questione Meridionale. Ciò serve al Sud, serve al Nord, serve all’Italia.

Il Sud può diventare il motore dell’Italia, sapendo chiaramente che non si potrà parlare di crescita per l’Italia se non c’è occupazione e lavoro nel Sud.

Subito dopo l’unità d’Italia, Giuseppe Mazzini profetico affermava: “l’Italia sarà ciò che il Mezzogiorno sarà”. Aveva ragione. Per l’Italia non c’è futuro senza il riscatto del Mezzogiorno.

IDEE  PER IL SUD

 

Nella lotta alla criminalità organizzata e alle mafie Il contrasto e la repressione sono necessari, anzi indispensabili. Ma ciò non basta.

Occorre far crescere l’Antimafia sociale e culturale. Ci vuole sviluppo, occupazione, lotta alla povertà, infrastrutture moderne, servizi di qualità. per sconfiggere le mafie che infestano il Sud e bloccano il suo sviluppo e la sua libertà. Un recente dossier del CENSIS ha stabilito che senza l’influenza della criminalità organizzata l’economia meridionale sarebbe capace in un paio di decenni di raggiungere quella del Nord Italia.

Ci vuole una svolta profonda.  In questa direzione va compiuta una scelta strategica di fondo, come ha fatto la Germania dopo l’89. Occorre promuovere un grande piano di investimenti pubblici verso il Mezzogiorno, rilanciando l’intervento pubblico nell’economia, aumentando la presenza e l’impegno finanziario dello Stato verso il Mezzogiorno, perché quella è la priorità che va introdotta, se si vuole voltare pagina, intervenendo seriamente e concretamente per ridurre il divario tra il Nord e il Sud e per rilanciare la crescita del paese.

Pensiamo ad un Nuovo flusso di finanziamenti per il Meridione, un “Progetto per il mezzogiorno del XXI secolo”, che possa valorizzare le piccole imprese oneste oggi sottoposte alla concorrenza sleale da parte dell’economia legata alle mafie e alle multinazionali che attraverso pressioni, intimidazioni, formazione di cartelli e trusts risucchiano quasi completamente il valore degli scambi commerciali nel meridione. E’ importante dare priorità assoluta ed un sostegno solido alle aziende che decidono di opporsi in maniera netta ai sistemi mafiosi denunciando forme di racket e pressione sugli appalti. Seguiranno le aziende virtuose che oltre garantire annualmente la propria certificazione antimafia, si avvalgano di collaborazioni commerciali con altre imprese virtuose.

Il Sud ha bisogno urgente di un piano per la difesa del suolo e per il rischio sismico, di interventi per la riqualificazione paesaggistica, ambientale e dei centri storici, di valorizzare le produzioni agricole tipiche mediterranee, di rilanciare le imprese artigianali e gli antichi mestieri radicati nel territorio, di dare impulso ai beni culturali ed al patrimonio archeologico, di sviluppare la produzione di energia da fonti rinnovabili, di promuovere uno sviluppo del turismo fondato sulle risorse del territorio, di ammodernare e potenziare le sue infrastrutture viarie (terra, mare e cielo) per favorire la mobilità e per incentivare le attività economiche.

Spostiamo in questa direzione i soldi del ponte.

Ma il futuro del Sud può avere un nuovo impulso in una prospettiva euromediterranea, poiché esso rappresenta la porta dell’Europa nel Mediterraneo.

La poderosa spinta al cambiamento proveniente dai paesi della sponda Sud del mediterraneo dall’Egitto alla Tunisia apre uno scenario fortemente innovativo che coinvolge tutti i paesi che si affacciano sul Mare Nostrum.

Nuove possibilità di scambi economici, di relazioni sociali, di integrazioni culturali si possono determinare.

Anche per effetto della crisi internazionale, il Mediterraneo davvero può tornare ad essere centrale nel sistema dei traffici e delle attività commerciali mondiali. Il Sud rappresenta per la sua centralità il baricentro naturale del Mediterraneo e lo snodo fondamentale per i traffici e gli scambi tra l’Europa continentale ed i paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

Una grande occasione di riscatto che si può raggiungere se prevale una scelta di accoglienza, di integrazione, di rispetto e di tolleranza contro la politica dei respingimenti e della esclusione contro gli immigrati di impronta leghista.

Questo ruolo nevralgico e di cerniera che il Sud può svolgere si pone in contrasto  con una progressiva espansione degli insediamenti militari NATO sul territorio meridionale. Liberare il Sud dalle basi militari rappresenta una parola d’ordine oggi più che mai attuale proprio perché queste si stanno trasformando in veri e propri strumenti di guerra.

 

 

 

 

IL PdCI E IL TERRITORIO

Riproporre la politica come strumento di servizio per affrontare e risolvere i problemi della gente e delle persone.

Una politica capace di dare voce alle istanze sociali e ai problemi del territorio.

C’è bisogno dei comunisti e della sinistra.

Possiamo recuperare il consenso se torniamo nella società, se affrontiamo i problemi concreti della gente, se stiamo vicini al mondo del lavoro, ai precari, ai disoccupati, ai ceti deboli e svantaggiati.

Solo così i comunisti torneranno ad essere utili e incontreranno di nuovo la fiducia, la credibilità ed il consenso della gente.

C’è bisogno di tutti e di tutte, occorre mobilitare tutte le energie e tutte le risorse di cui disponiamo. Lo spazio per una ripresa di iniziativa politica esiste ed è grande.

Spetta a noi Comunisti  Italiani spezzare l’indecente silenzio sul mezzogiorno che offende le speranze e l’ansia di rinnovamento del popolo meridionale e, in particolare, dei giovani meridionali.

Riapriamo il dibattito sulla Questione meridionale e continueremo ad agitarla, a portarla avanti come bussola fondamentale della nostra azione, del nostro orientamento, del nostro progetto politico.

La Questione meridionale, dunque, come  questione dirimente, decisiva, da cui dipende il futuro del Mezzogiorno, il futuro dei lavoratori, il futuro dei giovani. Noi siamo un partito che ha fatto delle scelte fondamentali, ha scelto di stare dalla parte di chi vive un’ingiustizia, subisce una mortificazione, un’umiliazione, e ha bisogno di chi gli dà voce per difendere i suoi diritti, ebbene, noi siamo quella forza e proprio perché siamo quella forza, non potevamo non essere al centro e non potevamo non impegnarci direttamente anche in questa campagna di ascolto e di confronto.

Noi comunisti italiani non possiamo che stare dalla parte del Sud perché, come diceva Antonio Gramsci, nella sua lezione pienamente attuale, “ il Sud è l’emblema del fallimento del capitalismo italiano”.

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Author: Cristina

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