Il giornalista Pitaro ripropone la “Ceceide” di Ammirà

Vincenzo Pitaro Giornalista

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Vincenzo Pitaro Giornalista
Vincenzo Pitaro Giornalista

Questa nuova edizione del prezioso lavoro di Vincenzo Ammirà,  è dovuta all’amore e all’impegno che il giornalista e scrittore Vincenzo Pitaro e le Edizioni L’altra Calabria (Twitter: @laltracalabria) manifestano da tempo per la Cultura calabrese.

L’Opera (ripubblicata nel testo originale e, per la prima volta, corredata da foto e da una poesia dedicata alla Musa), tende ad appagare il desiderio di alcuni studiosi, cattedratici e non, ai quali il volume stesso, finora, si è rivelato difficilmente accessibile.

«Perché l’oblio non ne facesse perire la memoria», scrive nella prefazione il collega Vincenzo Pitaro, «ho pensato di ridare dignità editoriale a quello che, senza dubbio, si presenta a tutt’oggi come il più famoso poema erotico della Letteratura dialettale calabrese e che Ammirà compose in una sola nottata nel 1848, esaltando l’enorme vulva di Cecia, meretrice generosissima, “amata da nobili e popolani”, da “santi prevituni” e uomini di lettere, come è anche detto in una strofa dove si tira in ballo niente­meno che il noto filosofo Pasquale Galluppi. La Ceceide di Ammirà resta dunque un classico; un’esaltazione dei sensi che non trova riscontro nella letteratura di ogni tempo.

FOTO - Ammirà e libro La Ceceide
FOTO - Ammirà e libro La Ceceide

Per cui, è il caso di dirlo, nonostante le difficoltà di varia natura, incontrate nell’estenuante lavoro di ricerca, affrontare un sacrificio del genere ne valeva davvero la pena».

Ma ecco qualche cenno biografico su Ammirà. Oltre che un eccellente poeta, fu un professore di latino e greco. Nacque a Monteleone di Calabria, oggi Vibo Valentia, il 2 dicembre 1821 e ivi morì il 5 febbraio del 1898.

Dopo aver dato alle stampe questa erotica opera venne espulso da tutte le scuole del Regno. «Per aver scritto cose contro il buon costume», sentenziò la motivazione ufficiale. «Ma non è da escludere che a determinare un provvedimento del genere», sostiene il giornalista Vincenzo Pitaro, «furono, più che altro, gli ideali liberali che energicamente e liberamente professava da tempo». Nel 1860, fra l’altro, combatté a fianco di Giuseppe Garibaldi a Soveria Mannelli, quando i Mille risalendo a tappe il territorio calabrese, dopo aver superato ogni ostacolo nella marcia verso Napoli per incontrare il re Vittorio Emanuele II, raggiunto il Comune del Catanzarese, ai piedi del Reventino, riuscirono a disarmare dodicimila soldati borbonici.

Vincenzo Ammirà, per di più, subì non poche persecu­zioni e patì il carcere a causa delle sue idee di libertà e spirito di ribellione contro i Borboni. Nel 1861 poi pubblicò un altro volume di versi, questa volta in italiano, e compose anche due tragedie, «Lida» e «Valenzia Candiano», rappresentate, con successo, rispettiva­mente nel 1875 e nel 1891 presso il Teatro Comunale della sua città.

Francesco Kostner

Gazzetta del Sud, pag. Cultura, di Domenica 2 settembre 2012

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Author: Cristina

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