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“Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada, lì ricomincia la storia del calcio”, così Borges parla dello sport più amato al mondo; di una naturale vocazione al divertimento sano e allo sviluppo di valori essenziali per la vita di ciascuno: lealtà, spirito di gruppo, abnegazione.
Una foto in bianco e nero a vedere il calcio di oggi: la violenza in campo e fuori ha preso il posto alla leggerezza di una palla che finisce in rete. « Non è retorica, – esordisce Paolo Cicciù, presidente provinciale del CSI – ma un’attenta lettura ai dati pubblicati da Marcello Nicchi dell’AIA dove si evince chiaramente che il trend nei campi di gioco dilettantistici è quello dell’aggressione e non dell’agonismo ».
80 casi di violenza ai danni dei direttori di gara nel solo 2010 in Calabria, una stima inequivocabile che, se ancora ci fosse bisogno, sottolinea quanto sia inquinato il mondo pallonaro nell’ultimo lembo d’Italia: arbitri malmenati a fine gara per una direzione poco favorevole alla squadra di casa, pseudo – tifosi pronti a mette a ferro e fuoco le cittadine che ospitano la loro trasferta. « Purtroppo chi vive di calcio da anni, – prosegue Cicciù – sa che non parliamo di “niente di nuovo”: una cultura malavitosa dello Sport che perpetua l’arretratezza culturale in cui siamo anche in quello che dovrebbe essere un “passatempo”. Ormai il calcio è diventato un business, a livello internazionale, ed a livello locale fa gola a tutti accaparrarselo ».
Il Centro Sportivo Italiano pare essere un’oasi nel deserto: l’attenzione all’aspetto educativo dell’attività fisica come luogo di socializzazione e di sviluppo per l’individuo, prima che per l’atleta è la mission che da un triennio investe tutte le risorse del Comitato reggino. Con delle scelte di campo nette, con dei provvedimenti di carattere sociale, ma anche disciplinare (nei campionati promossi dal CSI stesso) repressivi contro qualsiasi condotta scorretta.
« Bisogna dare delle risposte serie ai giovani – sottolinea ancora Cicciù – che guardano alle Istituzioni come modelli da cui prendere esempio: come Centro Sportivo Italiano proponiamo uno stop immediato a tutti i campionati dilettantistici FIGC in Calabria. Una scelta responsabile per ripartire insieme da zero ». L’appello del CSI è chiaro: un rivoluzione culturale consapevole che possa essere un viatico di crescita per l’intera regione, non solo nello sport, ma nell’interesse generale. Non si può più andare avanti facendo spallucce ai criminali che usano il calcio come strumento di diseducazione mafiosa: c’è bisogno una nuova generazione di dirigenti che discutano da subito in assemblea di un Patto Etico Sportivo. Un’assise pubblica aperta a tutte le società sportive che abbia come unico intento quello di ripensare un calcio calabrese nuovo, che superi le gesta tecniche e gli adempimenti amministrativi, ma che metta nuovamente al centro la persona e i valori fondamentali, quali la correttezza e il rispetto degli avversari e delle regole.
« Siamo disponibili – afferma il presidente provinciale del CSI – a farci apripista per questa nuova stagione dello sport in Calabria: è necessario aprire da subito i lavori di una tavola rotonda permanente di discussione e verifica tra Coni, Federazioni e Enti di Promozione Sportiva che abbia come obiettivo quello di far nascere una rete solidale per favorire nuove azioni condivise per il contrasto contro ogni forma di violenza ». Una clausola di coscienza: fermare il grande baraccone del gioco, per discutere insieme le vie per renderlo migliore e pienamente corretto per il futuro dei giovani atleti che domani probabilmente saranno i nuovi dirigenti. A tal proposito il CSI intende proporre come primo essenziale passaggio, quello di valorizzare l’impegno profuso dalla Scuola Regionale del Coni per la promozione di sviluppo formativi per i dirigenti sportivi, che ha come volano del cambiamento l’ascolto e la condivisione di valori e obiettivi comuni.
« Dobbiamo puntare in alto – conclude Cicciù – ci appelliamo all’UEFA e a Michel Platini, da sempre attento all’etica nello sport: il calcio calabrese sente la necessità di sentirsi parte integrante di una grande famiglia europea, che ha nei valori il suo più alto fondamento. Da parte nostra, come CSI, c’è il massimo impegno per rendere questo mondo migliore di come l’abbiamo trovato. E lo faremo costi quel che costi ».
Fermare i campionati per ripartire in un anno zero che porti nuova ninfa allo sport calabrese, questa è l’unica via da seguire per evitare domani di recriminare su ciò che si poteva fare e non si è fatto.
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