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“Tutto ciò che non siamo capaci di fare da soli riduce la nostra libertà”. Alessandro Bozzo deve avere riflettuto a lungo su questa considerazione, espressa da un grande della letteratura italiana, Cesare Pavese, anch’egli assalito e travolto dal “mal di vivere”. Alessandro era un collega che stimavo molto e che consideravo atipico in un mondo che insegue sempre di più la vetrina, il palcoscenico, il protagonismo a tutti i costi.
Alessandro era invece una persona schiva, preoccupato sempre di fare il proprio lavoro con correttezza, rispettando la verità dei fatti e senza inquinare la propria professione con interpretazioni e smanie da primi della classe a tutti i costi. Questa sua visione rigorosa della professione era certamente figlia della sua personalità e della sua “problematicità”. Ad Alessandro non bastava vivere, perché della vita cercava quotidianamente il senso, il fine, l’obiettivo. Come è accaduto a tanti, e come accadrà a molti, questo “senso” evidentemente Alessandro non lo aveva trovato e, probabilmente, aveva immaginato che fosse impossibile trovarlo.
Ed ha scelto a quel punto il gesto estremo, quello che tutti ritengono “impensabile”, quello che l’istinto rifiuta e che impone un coraggio ed una “razionalità” che solo pochi hanno. E si tratta in genere di persone particolarmente sensibili, particolarmente intelligenti, particolarmente bisognose di capire il senso delle cose, di condividerlo e di non subirlo. Alessandro Bozzo era fatto così e, dinanzi alle domande estreme, ha avuto il “coraggio”, perché di questo c’è bisogno, di dare una risposta estrema. Sono gesti che pongono interrogativi importanti ad ognuno di noi: a chi questi interrogativi se li è posti o se li pone ed a quanti invece non sono assaliti da questo problema.
I giornalisti calabresi esprimono un cordoglio sentito e non di maniera e ricorderanno sempre Alessandro Bozzo come un esempio nella professione e come un amico dalle grandi qualità umane. Rendiamo omaggio, con grande dolore ma anche con grande rispetto, alla sua scelta di abbandonare questo mondo che giudicava forse troppo volgare e troppo banale per la sua sensibilità.
Giuseppe Soluri
Presidente Ordine dei Giornalisti della Calabria
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