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Chiediamo al Ministro Clini di farsi garante del rispetto della volontà dei cittadini, che NON VOGLIONO LA CENTRALE DEL MERCURE, espressa in maniera democratica fin dal 2009 dalla Comunità del Parco e ribadita dal Parco nazionale del Pollino con la non autorizzazione all’impianto del 6 novembre 2012. Auspichiamo un suo intervento presso la Regione Calabria affinché la contrarietà espressa dal Parco nazionale del Pollino venga preso in considerazione nel giudizio finale che la Conferenza dei Servizi si appresta a formalizzare.
Eventualmente, sia lo stesso Clini, in seno al Consiglio dei Ministri, a farsi promotore di rivedere l’assurda decisione della Regione Calabria di autorizzare la riattivazione della sezione 2 della centrale del Mercure, che non tiene conto del parere contrario espresso dal Parco.
In questa battaglia di legalità e di sostenibilità, Legambiente supporterà il Parco nazionale del Pollino in tutte le sedi, in primis presso il Tribunale Amministrativo Regionale, affinché la volontà contraria alla Centrale espressa dal Parco e dalla Comunità del Parco venga rispettata.
La Centrale del Mercure è assolutamente incompatibile con l’area protetta più grande d’Europa e contrasta con le finalità istitutive del Parco e con le Direttive Europee, poiché il Piano del Parco ha stabilito che nella zona in cui ricade la Centrale del Mercure sono consentiti, previo nulla osta, solo impianti del tipo a generazione elettrica e termica o cogenerazione da biomasse secche, la cui potenza termica installata non potrà eccedere i 10MW termici, mentre quella proposta ha una potenza di 35 MW.
L’impianto a biomassa previsto, inoltre, non tiene conto di una ulteriore prescrizione del Piano del parco che ammette l’utilizzo di biomasse provenienti da attività agricole o forestali condotte entro un raggio di 50 km dall’impianto (filiera corta del Parco), mentre per la Centrale del Mercure è previsto l’utilizzo di biomassa proveniente da un raggio entro i 120 Km dalla centrale. In questo raggio sono coinvolte tutte le più importanti aree protette dell’Appennino meridionale (PN Pollino, PN Cilento, PN Appennino Lucano, PN Alta Murgia, PN Sila, PR Monti Picentini, PR Gallipoli Cognato, PR Murgia Materana, PR Serre) oltre a decine di siti della rete Natura 2000 (Siti di importanza comunitaria e Zone di protezione speciale sottoposte alle Direttive Comunitarie Habitat/92/43 e Uccelli/79/409), e comunque aree di estrema importanza per attuare la Strategia Europea per la biodiversità, e rendere efficaci le scelte fatte dal nostro Paese nel sostenere l’impegno della CBD dell’Onu per contenere la perdita di biodiversità.
Le foreste che insistono nelle aree protette in generale, e quelle dell’Appennino meridionale in particolare, sono un laboratorio dove sperimentare una gestione forestale sostenibile, puntando su percorsi di certificazione delle singole attività forestali e della filiera bosco-legno. Sono tutto questo e anche di più, ma non sono un serbatoio disponibile di biomassa vergine da bruciare per fini energetici, come si vuole fare con l’attivazione della Centrale del Mercure.
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