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Cultura, civiltà, legalità, sensibilità, giustizia, certezza della pena: sono questi gli antidoti necessari e indeclinabili per impedire che in futuro accada quanto successo a Reggio Calabria in via del Torrione al ventottenne Claudio Toscano.
E’ l’1:30 circa della notte del 14 Aprile, Claudio si trova in centro con un gruppo di amici, davanti ad un locale nel quale si svolge una serata organizzata dall’Associazione Arcigay “I due mari”. Mentre i ragazzi colloquiano serenamente, da una macchina in viaggio piovono nei loro riguardi insulti pesanti e omofobi del tipo “ricchione di merda”. Dopo non molto, lo stesso branco autore degli incivili scherni si avvicina a Claudio e ai suoi amici e, dopo altrettanti insulti volti a discriminarli per il loro essere omosessuale, Claudio è colpito da un pugno.
Che violenza vigliacca: il branco fugge e Claudio, aiutato dagli amici e da qualche presente, chiama la Polizia e si reca in ospedale. Qui si consuma l’ulteriore aggressione, non fisica ma “morale”. Un infermiere, nel corso delle medicature e degli accertamenti necessari, insensibilmente e senza alcuna autorità rivolge consigli e battute a Claudio del tipo “ti presento una bella ragazza e poi vedi …” e “se vai da uno psicologo, guarisci …”.
Fratture multiple al naso e spostamento del setto nasale è l’esito della Tac.
E’ una doppia aggressione quella subita da Claudio, emblema di un modo di pensare e di agire, di una mentalità retriva ed insensibile di una frazione di giovani (e non solo giovani) calabresi. Cosa sarebbe successo se Claudio non avesse ricevuto quel pugno vigliacco? Nessuno di noi avrebbe parlato di questa triste vicenda. Eppure gli insulti, come precisa Claudio, sono all’ordine del giorno, lui ed i suoi amici ci hanno fatto l’abitudine.
Siamo tutti noi a dover cambiare mentalità: tra noi ragazzi bisogna smetterla di prendersi in giro rivolgendosi frasi del tipo “sei un ricchione”, come se l’omosessualità fosse un insulto. Del resto, l’Organizzazione Mondiale della Sanità dal 1973 ha precisato che l’omosessualità non è una malattia, non c’è nulla da cui dover guarire.
Siamo indietro, concittadini calabresi, di quasi quaranta anni in quanto a sensibilità e cultura. Speriamo che il sacrificio di Claudio sia da esempio e da monito per tutti e educhiamoci a vicenda al rispetto dell’altro e della diversità.
Riprendendo il giornalista Antonino Monteleone: “una città (noi diremmo… una Regione) che ha paura dell’omosessualità e strizza l’occhio alla ‘ndrangheta non ha futuro.”
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