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Quattro associazioni ambientaliste Greenpeace, Legambiente, LIPU e WWF hanno inviato al Presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, all’Assessore all’Ambiente, Francesco Pugliano e ai Consiglieri Regionali una lettera per chiedere con forza l’impugnazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 15 giugno 2012, col quale viene decretata la compatibilità ambientale e il beneplacito al proseguimento dell’iter autorizzativo della centrale a carbone di Saline Joniche, in provincia di Reggio Calabria.
A parere delle associazioni che hanno firmato la lettera, l’impugnazione del DPCM da parte della Regione è doveroso per i seguenti motivi:
– La Regione stessa ha dichiarato più volte di non voler ospitare impianti a carbone sul suo territorio. La forzatura del DPCM si scontrerebbe con sentenze della Corte Costituzionale che hanno stabilito il principio secondo cui la localizzazione degli impianti energetici non possa avvenire in assenza di intesa conla Regione interessata (si veda la sentenza n. 383/2005);
– La Regione dovrebbe difendere la salute dei propri abitanti. Una sterminata letteratura scientifica dimostra in maniera inequivocabile come gli impianti a carbone costituiscono un danno conclamato alla salute delle persone e dell’ambiente; si veda, ad esempio, il recentissimo provvedimento della prima sezione del Tribunale civile di Roma che ha rigettato il ricorso di Enel contro un campagna di comunicazione di Greenpeace sulla pericolosità del carbone e che ha stabilito che la comunicazione di Greenpeace è commisurata all’evidenza dei dati scientifici prodotti, che dimostrano gli impatti del carbone sul clima e sulla salute umana. Si ricorda qui che l’impatto sanitario del carbone, anche prendendo a riferimento gli impianti più moderni, è valutato almeno 5 volte superiore a un equivalente impianto a gas rispetto alle morti premature causate dall’inquinamento, e circa doppio in termini di emissioni di gas climalteranti.
– La Regione dovrebbe perseguire il benessere e lo sviluppo economico della propria cittadinanza sul medio-lungo termine. La destinazione del territorio calabrese a centro per la produzione energetica non può che minare alla base ogni seria prospettiva di sviluppo turistico e agricolo della Calabria, le uniche concrete e valide alternative economiche e occupazionali a lungo termine a una miope politica economica che vede il futuro della Calabria nero come il carbone; senza contare che tra i costi esterni del carbone andrebbero considerati i costi dei cambiamenti climatici che in regioni del mezzogiorno d’Italia (Calabria inclusa) vedono l’intensificarsi dei fenomeni di inaridimento e desertificazione, con ricadute economiche negative sulle stesse colture agricole; il carbone è il combustibile che, bruciato, emette la maggiore quantità di CO2.
– La Regione dovrebbe tenere in considerazione il parere della popolazione della provincia di Reggio Calabria: in un recente sondaggio commissionato dal WWF ha parlato chiaro: il 62% degli intervistati non vuole la centrale a carbone di Saline, mentre solo il 26% è favorevole;
– La centrale non serve all’Italia e tantomeno alla Calabria; infatti, a livello nazionale viene prodotta più energia di quella di cui il nostro paese ha bisogno e anchela Calabria segue questo trend. A cosa (o meglio, a chi) serve quindi un nuovo impianto?
Per questo Greenpeace, Legambiente, LIPU e WWF chiedono che la Regione impugni il DPCM prima che sia troppo tardi. Se la Regione rinunciasse a far valere diritti costituzionali ribaditi in diverse sentenze della Corte non solo dimostrerebbe una scarsa attenzione alle esigenze e alle problematiche del proprio territorio e non agirebbe in modo coerente con le posizioni assunte in passato, ma svenderebbe al ribasso il futuro di una Regione che di tutto ha bisogno tranne che di rimanere ancorata a prospettive di sviluppo che non hanno niente a che fare col futuro. Prospettive nere come il carbone.
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