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Riceviamo e pubblichiamo:
Oggi i volontari di Greenpeace si sono mobilitati in decine di località in Italia, Croazia, Grecia e Spagna per chiedere, insieme a residenti e turisti, che il Mediterraneo diventi il paradiso del sole e delle rinnovabili, non del petrolio e delle trivelle.
In Italia i volontari di Greenpeace sono scesi in strada in 24 città per promuovere la campagna “Solarnia, Solar Paradise” e chiedere una rapida transizione verso un futuro 100 per cento rinnovabile. A Reggio Calabria la mobilitazione si è svolta sul Lungomare “Italo Falcomatà”, nella spiaggia sottostante e nei vari lidi, ha coinvolto decine di turisti italiani e stranieri che, chiamati a scegliere la meta ideale delle loro vacanze, non hanno avuto dubbi nell’indicare Solarnia, l’isola del sole, a discapito di un mare di trivelle che proprio non piace a nessuno, tantomeno ai turisti.
Ciò nonostante, nel nostro Paese ci sono una ventina di piccole isole, veri gioielli del turismo nazionale come le Tremiti, Ustica e Capri, che producono la quasi totalità della propria energia con vecchi generatori diesel: un sistema inquinante e inefficiente che costa agli italiani decine di milioni di euro all’anno. La rivoluzione energetica potrebbe partire proprio da qui, trasformando Solarnia in realtà anche nel Belpaese. Come già accade sull’isola di El Hierro, alle Canarie, che ha raggiunto l’obiettivo 100% rinnovabili. O come accadrà nei prossimi anni alle Hawaii, che si sono impegnate a produrre tutta l’energia elettrica di cui hanno bisogno con fonti pulite.
I governi di molti Paesi mediterranei perseguono invece politiche che ostacolano lo sviluppo delle energie rinnovabili, continuando a incentivare il petrolio e gli altri combustibili fossili: fonti inquinanti, costose e pericolose, in particolare per economie che poggiano sul turismo. Una vera contraddizione se si pensa che l’area del Mediterraneo è quella con il potenziale di energia solare più elevato.
«Italia, Spagna, Croazia e Grecia non hanno in comune solamente corruzione, recessione e disoccupazione, come vuole la vulgata, ma anche le soluzioni al problema energetico: il sole e il vento. È paradossale che questi Paesi, considerati dei paradisi turistici grazie alle loro “qualità ambientali”, ignorino le potenzialità energetiche dell’eolico e del solare continuando ad affidarsi a fonti fossili inquinanti e costose», dichiara Luca Iacoboni, responsabile campagna Energia e clima di Greenpeace Italia.
«I cittadini italiani probabilmente non sanno che pagano di tasca propria oltre 60 milioni di euro ogni anno per finanziare l’energia prodotta con il petrolio delle isole minori, luoghi che potrebbero soddisfare interamente il proprio fabbisogno con le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica. Proprio in queste settimane il Ministero per lo Sviluppo Economico sta scrivendo un decreto per modificare il sistema di produzione e distribuzione dell’energia sulle isole minori italiane. Speriamo che venga chiaramente indicato che il futuro non è nel petrolio ma nelle rinnovabili, a cominciare da queste isole. In gioco non c’è solo l’ambiente ma anche il futuro dell’economia e del turismo», conclude Iacoboni.
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