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Sono sincero. Mi è fortemente piaciuta la conferenza stampa di Nicola Cosentino convocata per stroncare subito ogni illazione e speculazione costruite sui presunti retroscena che andavano dalla fuga con i documenti delle liste da presentare, allo scontro con Angelino Alfano e a quant’altro i media di sinistra stavano mettendo in scena per sfruttare al massimo ed elettoralmente la scelta di non candidarlo alle prossime elezioni politiche del 24 e 25 febbraio prossimi.
Mi è piaciuta perché non si è visto il solito ‘soccombente’ vestire i panni del vendicatore dei soprusi subìti e che, lancia in resta, si avventa contro coloro che hanno decretato la sua esclusione col tradizionale ‘muore Sansone con tutti i filistei’ che era, in sostanza, quanto si aspettava la marea di giornalisti accorsi per non lasciarsi sfuggire neanche una virgola, di quanto poteva essere dichiarato, per poterla sfruttare adeguatamente. Ma a parlare chiaramente e, a volte, ironicamente, non hanno trovato un leone ferito e in preda ad ‘ira funesta’, ma un dirigente politico che ha deciso di uscire momentaneamente di scena, anche se nei giorni successivi ha steccato varie volte contro Berlusconi e non si capisce a cosa gli possa servire.
La sua momentanea uscita di scena, senza produrre azioni che avrebbero potuto nuocere al partito dove milita ormai da anni, era stata un capolavoro perché non aveva rotto i ponti col partito, né aveva forzato le sue dichiarazioni iniziali e le risposte ai giornalisti con l’obiettivo di determinare una sua, magari sperata da qualcuno, ‘incompatibilità’ col partito. Aveva solo rinviato lo scontro, interno, a dopo le elezioni, dato che ha chiaramente detto che la scelta di non candidarlo è una scelta che modifica la natura del PdL perché si è sacrificata, sull’altare delle sollecitazioni interessate, la sua fisionomia garantista.
Il gruppo dirigente pdl, che ha deciso la sua non candidatura, ha scelto di inseguire il consenso assecondando le pulsioni manettare e le spinte giustizialiste dell’opinione pubblica, fuorviata con una vergognosa manipolazione mediatica. Il PdL ha, e non solo nel caso di Cosentino, abbandonato il terreno garantista che ne aveva fatto, in questi anni, un aggregato importante di forze liberali, socialiste e libertarie, diventando il più importante baluardo contro il sempre più crescente strapotere dei PM politicizzati anche per l’acquiescenza delle forze di sinistra che, strumentalmente, hanno mollato il garantismo per inseguire la ‘via giudiziaria al socialismo’.
Il fatto grave non è aver scelto di inseguire ‘il consenso’ che serve a far prevalere forze dalle quali ci si può attendere la riforma della giustizia, quanto d’aver registrato che i mozzorecchi cominciano a penetrare anche nei gruppi dirigenti del popolo azzurro mettendo in dubbio che l’obiettivo riformatore possa veramente realizzarsi. Per esso infatti non ci sarebbe da battersi solo contro la casta dei magistrati politicizzati, dei partiti di sinistra che non hanno il coraggio di rompere il cordone ombelicale che li lega alla casta, delle sempre presenti tricoteuses e delle corazzate mediatiche pronte a sparare ad alzo zero, ma anche contro le chiusure interne che, purtroppo, rischiano di cambiare la natura stessa del partito dei moderati.
Sui problemi di principio non bisogna mai cedere anche perché non serve a nulla immolare chi è diventato, suo malgrado, icona del male, perché non servirebbe a niente. Infatti, dopo aver sacrificato Dell’Utri, Scajola, Cosentino e Papa, la giostra comincia a girare attorno ad altre figure come per esempio quella di Scilipoti. E, se non ci fosse stato lui, di sicuro un altro predestinato alla gogna sarebbe stato Augusto Minzolini, e senza di lui… c’è sempre qualcun’altro da epurare.
Ma… non condivido le ultime uscite di Nick ‘o mericano, ma il problema non è lui. Il problema è sapere se il partito sceglie di farsi trainare dalla marea imperante, o invece assolve al suo compito di direzione e di indirizzo. Nel primo caso è oggetto nelle mani di chi manipola l’opinione pubblica, nel secondo è soggetto di reale direzione della società. E il PdL deve tornare ad esserlo.
Giovanni ALVARO
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