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di Giovanni Alvaro
I ‘grandi’ guerrieri contro l’insediamento, a Saline Joniche, in Calabria, di una Centrale a carbone, per la produzione di energia elettrica (centrale totalmente finanziata da capitali stranieri), non demordono da molti mesi. Ogni mattina, anzi, non riescono ad iniziare la giornata, senza la liturgia della dichiarazione No-coke, condita anche dall’esaltazione, fittizia e totalmente falsa, dei successi delle iniziative pubbliche, in Svizzera o davanti ai cancelli dell’ex Liquichimica, affollate però, ambedue da una miriade di sigle e da pochissimi partecipanti.
L’ultima liturgia delle dichiarazioni, comunque, in ordine di tempo, è quella prodotta da piccoli partitini, da sigle ecologiche inesistenti, e da nuovi marchi (messi in circolo) di una sinistra ormai prigioniera del bing bang che l’ha travolta, senza alcuna speranza di ricomposizione, perché deficitaria di linee politiche e di programmi che non siano la continua ‘opposizione’ a qualsiasi intervento produttivo, sia in riferimento all’energia, che a qualunque altra infrastruttura di grande respiro.
Ma i nostri guerrieri (che poi sono sempre gli stessi), come nella vicenda del ‘passo indietro di Berlusconi’, ripetono ossessivamente che ‘il nostro No alla centrale è fermo e deciso’, e ci spingono ad affermare che anche ‘il nostro SI è altrettanto fermo e deciso’. Così fermo e deciso che non ci si intimidisce per il terrorismo nichilista che accompagna ogni uscita dei detrattori dell’insediamento che, prima di sparare a palle incatenate, dovrebbero spiegare perché le Centrali a carbone sono quasi tutte dislocate nel Nord dell’Italia, i cui cittadini non sono né allocchi né moribondi per la loro presenza e vivono, beati e contenti, in zone altamente progredite e sviluppate.
Dovrebbero anche far sapere perché in Italia l’impegno energetico da carbone si ferma a circa il 12%, a fronte del 26% dell’Europa e del 41% nel resto del mondo. Nella Germania, dove i verdi sono una realtà indiscutibile, si arriva al 44% ed è una quota destinata ad aumentare dopo la frettolosa decisione di chiudere le centrali nucleari esistenti nel Paese. Negli USA l’energia prodotta dal carbone è pari al 50% dell’intera produzione, e in Polonia del 90%. E senza parlare di Cina e India che, in termini di quantità, presentano cifre dinanzi alle quali la centrale di Saline Joniche è, si e no, un topolino. I locali salvatori del pianeta, quindi, fanno ridere i polli.
Ma se da una parte fanno ridere per le sciocchezze divulgate sulle apocalissi e sulle catastrofi che la CO2 determinerebbe, da Saline sull’intero pianeta, ben sapendo che i cambiamenti climatici, per gli effetti serra, sono la più colossale e incredibile menzogna usata da lobby internazionali per potersi gestire tranquillamente gli enormi stanziamenti operati dalle Nazioni Unite per la ‘ricerca’ su detta materia; dall’altra dimostrano la loro natura antimeridionalista ed anticalabrese nel momento in cui antepongono, agli interessi del territorio, scelte politiche strumentali, fortemente convinti che la paura, scientemente diffusa tra i cittadini, alla fine potrebbe risultare pagante per il loro appetito politico.
Si ripetono pedissequamente frasi come ‘vocazione turistica del territorio’ e ci si dimentica che senza insediamenti produttivi il tutto è solo aria fritta com’è stato fino ad oggi. Infatti anche ieri battendosi contro la Liquichimica si parlava di vocazione turistica, ma dopo 40 anni si è sempre al punto di partenza. Solo la presenza di insediamenti produttivi, invece, attrae altri insediamenti e determina sviluppi infrastrutturali e con essi altre possibilità occupazionali e di crescita economica dell’intero territorio.
Pensiamo all’indotto, allo sviluppo reale della catena dell’accoglienza, pensiamo all’autostrada Reggio Melito, pensiamo all’uso del porto anche per fini turistici, pensiamo ad un futuro totalmente diverso. Per questo il nostro SI è fermo e deciso, o è vietato a chi la pensa diversamente esprimere le proprie opinioni?
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