Giovanni Alvaro: “Un inchino inventato è lo scandalo del giorno”

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Eccoli di nuovo all’attacco. Schierati come un sol uomo, sorretti da un unico obiettivo, determinati, senza alcuna soluzione di continuità, e pronti a massacrare senza possibilità di appello quanti osassero opporsi alla nuova e santa canea. Dalle Alpi alle Piramidi s’ode, quindi, un sol grido: giustiziamo intanto, e subito, e sulla pubblica piazza, il sacerdote della Chiesa di Oppido Mamertina responsabile della processione e del cerimoniale che annualmente ne consegue.

Uniti in una santa alleanza si ritrovano, quindi, mass-media nazionali, scritti e parlati (salvo qualche lodevole eccezione), a cui non par vero poter denigrare un pezzo di Calabria, una sua provincia edla stessa intera regione presentati come ormai perduti nelle spire ‘ndranghitiste; professionisti dell’antimafia pronti a cavalcare il conseguente giustizialismo che è la loro stessa ragion d’essere, ma che stanno con l’occhio attento ai propri interessi economici e politici; e pm votati a missioni salvifiche interessati a non perdere la centralità mediatica conquistata (trampolino di lancio per futuri incarichi). E poi, con loro, alleati occasionali gli stessi carabinieri che si accorgono dopo trent’anni di ipotetici inchini; e, dulcis in fundo, politici di mezza tacca pronti a dire la propria.

Nessuno di costoro si è posto la domanda se era vero o meno quanto rimbalzato sulle agenzie di stampa. Anzi, per la verità, molti di costoro non si son posti alcuna domanda, in detta direzione,dato che per loro è essenziale essere presenti al debutto di un avvenimento infischiandosene di come potrebbe andare a finire. E allora, avanti con la mazurka. Alfano: “Deplorevoli e ributtanti rituali cerimoniosi”; Rosy Bindi: “Quanto è avvenuto nel corso della processione sconcerta eaddolora…”; Enzo Ciconte: “Il gesto dell’inchino è stato un atto di sfida… un gesto di forza e tracotanza”; Cafiero de Raho: “Fermare un corteo religioso per ossequiare il vertice della cosca locale è sovvertire le regole sociali, religiose e di legalità”; Nicola Gratteri: “Ora la ‘ndrangheta ha sfidato ufficialmente il Papa”.

E’ solo un assaggio delle dichiarazioni demenziali sentite in questi giorni. Demenziali perché costruite su un falso, un vero e proprio falso, se è vero come è vero che la processione a Oppidoprevede, da molti decenni, 5 fermate a incroci prestabiliti per far girare l’immagine della Madonna verso quella parte di paese dove non è previsto il passaggio della processione stessa. Vuole il caso che in una di queste traverse (non dinanzi all’abitazione dove da 10 anni il mafioso sconta per motivi di salute, gli arresti domiciliari, ma nella traversa incrociata) abiti l’82enne ergastolano.

Domande obbligate: chi ha avuto interesse a trasformare una usanza, che nulla ha a che vedere con l’inchino al boss, in vergognosa sottomissione al malavitoso? Chi ha spinto per montare il casus belli che ha riacceso la polemica della procura reggina contro la Chiesa? Chi ha tirato le fila riattizzando il razzismo ormai non più latente, ma chiaro e netto, del Nord nei confronti del Mezzogiorno? Dalle risposte a queste domande si potrà capire quanto strumentale possa esserel’antimafia da convegno e come essa venga usata per fini diversi dalla lotta al crimine.

“Non riescono a battere la mafia e se la prendono con la Chiesa” ha dichiarato l’Arcivescovo di Reggio in un’intervista al Garantista di Sansonetti e ha continuato: “Chissà se un giorno si decideranno ad affrontare le cause vere del fenomeno ‘ndranghetista”. Di sicuro il non riuscire a battere la mafia nasce anche dalle ‘distrazioni’ che i ruoli dell’antimafia offrono per sentirsi pienamente appagati. E la gran cassa continua con l’applauso della ‘ndrangheta.

Giovanni ALVARO

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