Gianpaolo Catanzariti sul caso Rappoccio alla luce delle dichiarazioni del presidente Talarico

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Le recenti tempeste (le ennesime) della politica regionale con l’arresto del terzo consigliere di maggioranza e le indiscrezioni relative alla conclusione del lavoro della commissione d’accesso al Comune di Reggio Calabria costituiscono, da un lato ulteriore motivo di sconcerto e disorientamento, dall’altro l’ennesima opportunità di avviare una profonda e severa riflessione critica.

E ciò senza entrare nel merito della gravità dei fatti contestati al repubblicano (immediatamente ripudiato) Rappoccio e di quanto ulteriormente, ancora una volta in maniera coraggiosa, denunciato dall’avv. Chizzoniti.

Purtroppo siamo costretti ad assistere all’ennesimo atteggiamento superficiale della classe politica calabrese, per buona parte taciturna forse perché impaurita dai prossimi tocchi di campane.

Confesso di sentirmi profondamente indignato per la farisaica dichiarazione del presidente del Consiglio Regionale, Francesco Talarico, pronto a scaricare le colpe della degenerazione della politica sui partiti, divenuti, non solo nell’immaginario collettivo, una Croce Rossa su cui è tanto facile sparare quanto inutile senza una adeguata riflessione. E’ un modo poco onesto di scaricare le proprie coscienze.

Francamente, da una classe politica, a questo punto troppo “privilegiata”, mi sarei aspettato qualcosa di più rispetto all’elencazione di inutili codici etici e di azioni forse troppo trasparenti al punto da essere… invisibili e soprattutto rispetto alla necessità di procedere al rinnovo anticipato della presidenza consiliare per ragioni (sic) di “sensibilità istituzionale”!

Se si vuole ridare dignità alla politica e tutelare l’immagine delle istituzioni, come afferma il presidente Talarico, sarebbe più onesto riflettere su che cosa sia la politica ed il suo rapporto con la società di oggi; su che cosa sono diventati i partiti; sul ruolo assunto dalle istituzioni elettive e dai loro occupanti.

Si aprirebbe una discussione utile, prima che sulla Calabria calino le tenebre di una lunga notte.

La politica ha perso, purtroppo, quella capacità di visione prospettica in grado di disegnare ed orientare il cammino delle comunità. Si è troppo presi dalla necessità di difendere le proprie postazioni (spesso frutto di rendita parassitaria) senza nemmeno tentare di mitigare le “umane” ambizioni personali dinanzi all’interesse generale della società. D’altro canto le notizie circa il pastrocchio della riforma elettorale messo in atto “dall’esclusivo” (perchè esclude la partecipazione dei cittadini) sistema politico italiano costituiscono la riprova dell’ottusità del nostro ceto politico. Si scherza con il fuoco, omettendo di considerare il rischio concreto di un pericoloso corto circuito della democrazia italiana.

I partiti, storicamente e costituzionalmente pilastri della vita democratica, hanno perso quel ruolo che aveva assegnato loro la Costituente. Dopo la tragedia all’italiana di “Mani Pulite” sono diventati esclusivamente “comitati elettorali”. Hanno perso la capacità di creare ed orientare il consenso dei cittadini su elaborazioni progettuali, su scala locale o nazionale. Hanno perso il radicamento territoriale, divenendo vitali solo al momento delle elezioni. Da qui la necessità di puntare alla “forza” quantitativa della lista piuttosto che alla sua qualità anche perché esprimere almeno un eletto, nella logica attuale “dell’uomo solo al comando”, vuol dire far parte di una squadra di “gestione”. I sindaci, i presidenti di Regione, di Provincia fanno squadra con chi ha occupato “il posto al sole” a prescindere dalla capacità di proposta e dalle modalità di raccolta del consenso utile per vincere il “concorsone” delle urne. Per non parlare della formazione delle liste spesso disegnate per realizzare assemblee su misura del manovratore.

Da ultimo, le istituzioni elettive non sono più i luoghi in cui si discute, si elabora, si disegna il futuro delle comunità amministrate. Tutt’altro. Esse sono luoghi simbolo della gestione del potere, governate da logiche esclusivamente clientelari. Enormi centri di spesa in grado di garantire un consenso ed un lungo futuro per l’eletto, vero ed unico attore del mercato della politica nostrana. Non a caso i responsabili regionali dei maggiori partiti e movimenti sono spesso eletti o parenti degli “eletti”.

Questo è il dibattito da aprire per ridare dignità e ruolo alla politica nell’interesse della Calabria e dei calabresi.

Gianpaolo Catanzariti – Socialisti Uniti P.S.I.

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Author: Cristina

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