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«Compagno, dillo, dillo a tutti i capi, e agli altri compagni che io sono morta per loro, che io sono morta per tutti. Ho tutto dato io alla nostra causa, per i contadini, per la nostra idea; ho dato me stessa, la mia giovinezza; ho sacrificato la mia felicità di giovane sposa e di giovane mamma. Ai miei figli, essi sono piccoli e non capiscono ancora, dirai che sono partita per un lungo viaggio ma ritornerò certamente, sicuramente. A mio padre, a mia madre, ai miei fratelli, alle mie sorelle, dirai che non voglio che mi piangano, voglio che combattano, combattano con me, più di me per vendicarmi. A mio marito dirai che l’ho amato, e perciò muoio perché volevo un libero cittadino e non un reduce umiliato e offeso da quegli stessi agrari per cui hai tanto combattuto e sofferto. Ma tu, o compagno, vai al mio paesello e ai miei contadini, ai compagni, dì che tornerò al villaggio nel giorno in cui suoneranno le campane a stormo in tutta la vallata».
Queste le parole che in punto di morte Giuditta Levato consegnò alla memoria del Senatore Pasquale Poerio, nel lontano novembre del 1946. Due giorni prima di spegnersi su un letto dell’Ospedale Civile di Catanzaro, la giovane contadina di Calabricata di Albi (CZ) (oggi Calabricata di Sellia, ndr) era stata colpita da una fucilata mentre, insieme a una settantina di altri umili contadini della cooperativa “Unione e Libertà”, difendeva il diritto a coltivare un terreno appartenente all’agrario Pietro Mazza e assegnato loro con decreto prefettizio poche settimane prima in base al cosiddetto Decreto Gullo, che disponeva la concessione ai contadini delle terre non utilizzate a fini produttivi dai latifondisti.
Quel giorno si concluse la vicenda terrena di una giovane madre, moglie e tenace contadina, ma se ancora oggi, dopo oltre sessant’anni, il suo esempio è vivo lo si deve, oltre che alla forza delle sue azioni, anche a quella delle parole adoperate da Lina Furfaro per raccontare la storia di “Giuditta Levato – La contadina di Calabricata” (Falco Editore), romanzo liberamente ispirato ad una vicenda che troppi calabresi conoscono poco e che verrà presentato oggi alle ore 18 nella Sala Conferenze del Museo Civico di Gerace.
Insegnante di origini locresi, Lina Furfaro vive attualmente a Ciampino (RM), dove si dedica con buoni risultati alla poesia ed alla scrittura: oltre a scrivere per diverse riviste, ha pubblicato infatti la monografia “Gerace. Il Monastero di Sant’Anna” (Corab, 1998), la raccolta di poesie “Gocce” (Pellegrini, 2006) e il romanzo storico “La maestra Tita” (Pellegrini, 2009) che ha ricevuto il Premio Letterario “Amaro Silano” nel 2010.
Ad aprire la serata saranno i saluti del Sindaco di Gerace, Giuseppe Varacalli, cui seguirà l’introduzione a cura del giornalista Antonio Pio Condò, che si occuperà anche di moderare l’incontro al quale, oltre all’autrice, parteciperanno il dirigente scolastico Antonio La Rosa e il Consigliere comunale con delega alla Cultura Luca Marturano.
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