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Le diverse anime di Reggio, dalla cattolica alla laica, anche quest’anno si sono ritrovate per la festa della Patrona. Il grande momento di unione si è ripetuto in una comunità alla continua ricerca della sua vera identità.
Il “miracolo” di Festa di Madonna propone un messaggio antico, quello della concordia, ma sempre attuale in tutte le sue parti: religiosa, sociale, culturale, folclorica e commerciale. La città, la sua provincia, l’Area dello Stretto difficilmente resistono al fascino di questo appuntamento che conferma il sentimento dell’appartenenza e, al tempo stesso, provoca nostalgia in quelle generazioni che, in un lontano o recente passato, sono state costrette a lasciare questa terra per effetto dei flussi migratori che, purtroppo, fanno parte della storia del Mezzogiorno e della Calabria.
Il messaggio delle giornate Mariane bene si presta a diversi tipi di decodifica, uno per ogni segmento sociale, ma con un comune denominatore: riflettere sulla voglia di comunità. Gli effetti della crisi globale fanno aumentare il disagio dell’uomo postmoderno, sempre più ghettizzato nel suo individualismo tipico di una società consumistica in cui l’avere produce solo un effimero appagamento.
Riscoprire il messaggio cristiano, quello del bene comune e della solidarietà, e viverlo in modo emozionale soltanto per pochi giorni sono errori che non dovremmo ripetere. Soprattutto da parte della politica, o da quanti, solo per tradizione, “sfilano”, fianco a fianco, dietro il Quadro della Madonna per poi tornare alla rissosità, agli interessi di schieramento, agli egoismi e alla discutibile gestione della cosa pubblica. Cosa resta di questo grande momento, dei propositi, delle parole, di certi gesti convenzionali?
La festa della Vergine della Consolazione deve essere l’occasione per ripartire dalla dottrina della Chiesa e pensare a un nuovo ordine sociale in grado di eliminare le diseguaglianze, di realizzare vere politiche attive del lavoro, finalizzate a produrre effetti duraturi diversi dall’assistenzialismo che crea nuovi squilibri. La nostra terra vive una perenne situazione di arretratezza strutturale che non le consente di sfruttare al meglio le immense risorse naturali e le grandi potenzialità umane, condannandola al sottosviluppo ritenuto causa principale della presenza mafiosa sul territorio.
Presenza pervasiva che non risparmierebbe neanche le manifestazioni religiose. L’appello lanciato da mons. Vittorio Mondello nell’omelia di martedì (escludere la mafia dall’organizzazione delle feste dei santi patroni), che segue quello fatto a Polsi dal vescovo di Locri, Giuseppe Fiorini Morosini, è un nuovo atto di coraggio della Chiesa calabrese che indica la strada nella lotta alla ‘ndrangheta.
Un monito, quello del Metropolita, in cui non viene escluso il sospetto che in seno a questo grande momento di aggregazione possano nascondersi isole d’ipocrisia, difficilmente percepite dalla gente, che frenano il rinnovamento, soprattutto della politica, di una società sempre più esposta all’ingiustizia e alla solitudine.
Certezze, trasparenza, partecipazione, fiducia – nel modus operandi della politica – devono diventare fatti concreti e non rimanere mera enunciazione di una classe dirigente che ottiene il consenso solo grazie alle promesse e alle belle parole. Il sindaco di Reggio Demetrio Arena, all’offerta del “Cero votivo”, ha ricordato quanto sia importante finalizzare il comportamento di chi è impegnato nella “res publica” al soddisfacimento delle esigenze dell’intera collettività, che senza fiducia si rischia il declino e che servono credibilità e legalità.
Tutti auspichiamo il cambiamento e tutti assieme, nessuno escluso, dobbiamo adoperarci affinché ciò avvenga. La nostra terra è a un bivio. La Calabria, nell’affrontare la stagione del federalismo, delle grandi trasformazioni costituzionali e gli effetti della crisi globale, assolutamente, non può sbagliare strada.
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