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Riceviamo e pubblichiamo:
Gentile direttore,
leggo in questi giorni, sulla carta stampata e sulle testate giornalistiche online, alcuni articoli in cui si narrano le storie di eroici titolari di librerie indipendenti che, sull’orlo della crisi economica del nuovo millennio, dopo decenni di attività al servizio della cultura, hanno deciso di abbassare le saracinesche e dedicarsi ad altre attività ben più redditizie oppure andare in pensione. Naturalmente il sentimento che pervade il cronista di turno è di sdegno e rammarico per un pezzo di storia che viene mandato in soffitta da una logica economica che favorisce i colossi commerciali e stritola le piccole realtà locali.
Ebbene, da scrittore con alle spalle due romanzi noir e oltre cinque anni di esperienze e di “lotte” con case editrici di ogni calibro e librerie piccole, medie e grandi, non posso che andare controcorrente e accogliere con favore l’espulsione dal circuito economico di tutte quelle realtà pseudoimprenditoriali che, in gergo giuridico, verrebbero definite “rami secchi dell’ordinamento”.
È proprio così: la realtà è che nessuno sa fare più il suo lavoro. Vendere libri non significa stare dietro un bancone, nella migliore delle ipotesi con un libro in mano (giusto per dare il buon esempio), accogliere i clienti con la morte nel cuore e nell’anima, limitandosi a prendere qualche volume da uno scaffale e poi, se un avventore chiede un consiglio su un buon romanzo da regalare, rispondere in modo perentorio: “C’è crisi, c’è crisi. I romanzi ormai non li legge più nessuno, meglio un saggio sulla ‘ndrangheta che non passa mai di moda e si fa sempre bella figura a regalarlo!”.
Io non ci sto, avrebbe esclamato qualcuno. Perfino l’ortolano sotto casa mia è più gentile e più competente nel momento in cui mi indirizza e mi guida verso una scelta “più consapevole”. Non è un caso se dal fruttivendolo si esce sempre con qualche acquisto in più di quello che si era preventivato mentre da una libreria, se ti va bene, porti via il titolo che cercavi, se sei sfortunato ritorni a casa con un rimprovero del libraio del tipo: “È un genere che non vende! Il mio distributore non lo tratta!”
Ecco, forse la verità è che mentre le grandi catene di librerie sparse su tutto il territorio nazionale hanno compreso che il cliente deve essere assistito, coccolato e accontentato, i piccoli librai pensano che è sempre colpa del lettore che si intestardisce a leggere cartastraccia. Per non parlare poi di cosa capita se uno scrittore emergente propone l’organizzazione di un evento culturale in libreria, naturalmente a costo zero e con l’intero incasso dei libri venduti a rimpinguare le vuote casse di chi ospita l’evento. Si arriva all’assurdo di sentirsi dire che per questo genere di cose ci sono Fazio e la Bignardi in tv (sic!).
Consapevole che queste considerazioni mi costeranno la messa al bando di tutti i miei romanzi, non potevo esimermi dall’esternare il mio pensiero contro l’ipocrisia dilagante sul tema.
E allora, se così è, evviva la vendita di libri online… ebook compresi!
Rocco Cosentino
Magistrato (e anche scrittore)
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