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Non bastano i consumi in crollo, le banche che non ci fanno credito, le tasse che aumentano, le pubbliche amministrazioni che non ci pagano. Mi sembra che ce ne siano abbastanza, è l’amaro sfogo di Nino Marcianò, dopo l’ennesima denuncia dell’agenzia delle entrate che demagogicamente indica nei piccoli imprenditori i responsabili dell’evasione.
Forse, si sfoga il Presidente di Confesercenti, i piccoli imprenditori diventano buoni cittadini, solo quando si suicidano o si danno fuoco perché non riescono a pagare lo stipendio ai propri dipendenti.
Ma dobbiamo veramente continuare a sorbirci i saputelli commenti di grandi opinionisti che dalle prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali si ritengono titolati ad insegnare al mondo della PMI ad essere cittadini Italiani senza neanche sapere di che cosa parlano.
Vengano questi commentatori dietro ai nostri banchi, dentro i nostri negozi, per vedere i veri incassi, per vedere chiudere l’incasso giornaliero di alcuni negozi neanche sufficiente a pagare le bollette della luce.
Vengano a conoscere cosa vuol dire andare in banca a chiedere l’allargamento del fido per pagare lo stipendio alla commessa o i contributi previdenziali, o le tasse comunali.
Ma come si permettono di parlare a vanvera e di ‘pontificare’ su cose che non conoscono, e soprattutto come si permettono di giocare sulla nostra moralità, sulla nostra onestà, sul nostro lavoro ed in definitiva, visto i suicidi di questi ultimi mesi, sulla nostra vita?
Tra le migliaia di commercianti reggini e calabresi la stragrande maggioranza non possiede il SUV, si alza dalle 4 alle 6 del mattino, fa fatica a chiudere il mese, deve tagliare quotidianamente sui costi, vuole evitare di lasciare a casa il commesso o la commessa.
Tra le migliaia di esercenti, piccoli commercianti, delle nostra provincia cresce di giorno in giorno il numero di coloro che stanno contando i mesi che mancano alla pensione o stanno cercando altre forme di lavoro (magari dipendente) perché non ce la fanno più, senza contare quel 10% che ogni anno getta la spugna (tra commercio ambulante, negozi, bar e ristoranti, in provincia di Reggio Calabria, dal 2005 ad oggi hanno chiuso mediamente oltre 1.000 aziende) e non chiudono perché non hanno più voglia di lavorare.
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