Don Antonio Mazzi incontra i Dirigenti del CSI

cicciu' e ambrogio con don Mazzi

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cicciu' e ambrogio con don Mazzi
cicciu' e ambrogio con don Mazzi

Sabato scorso si è svolto a Milano il Consiglio Nazionale del Centro Sportivo Italiano. Grande emozione per tutti è stata lavorare all’interno della Cascina di Exodus al Parco Lambro, ospiti di don Antonio Mazzi, che è rimasto con il Csi nell’arco dell’intera giornata.

Ha aperto i lavori del Consiglio con un intervento “significativo” e “provocatorio”  “E’ un Csi – ha detto don Antonio – più moderno che mai, che deve avere consapevolezza del fatto che nella società di oggi è chiamato a giocarsi il futuro.

< Incontrai l’associazione negli anni Cinquanta, quando, lavorando a Primavalle, andai a chiedere dei palloni per i miei ragazzi in Via della Conciliazione. Ricordo bene quell’incontro che è stato l’inizio di un grande percorso di collaborazione, durata tanti anni. La visita storica che il Consiglio Nazionale del Csi fa oggi alla cascina di Exodus mi piace pensarla e viverla come un Primavalle – bis, in altre parole  un nuovo incontro tra Csi e Exodus che possa segnare un punto di partenza per il futuro insieme.

Oggi i giovani più a rischio sono quelli definiti “normali”. L’educazione delle nuove generazioni passa dalla testimonianza di adulti capaci di dare di più di quanto ricevono. E’ questa la differenza tra gli adolescenti e il mondo degli adulti. Il gioco e lo sport rappresentano una dimensione imprescindibile per dare risposte alle domande di senso dei nostri ragazzi.

Tre aspetti sono fondamentali per promuovere il benessere oggi: 1. La dimensione del corpo per dare significato alle cose. Fondamentale, in questo senso  il ruolo dello sport e dell’attività sportiva .2. Il recupero dell’adulto, come figura informale,neutra, ma con un “nome e cognome”. Oggi gli adulti devono essere testimoni per i giovani. Significativa, a tal proposito, la parabola del Figliol Prodigo. 3. Dare senso alla fede, recuperando il valore della festa e mettendo al centro di tutto l’Eucarestia come dimensione viva della Vita.

Il  Csi è in prima linea  nelle difficile sfida dell’educazione. Lo sport deve testimoniare i valori veri e sani della vita. I nostri ragazzi devono farsi “Ustionare dall’Amore”. Questa è la risposta ai tanti affabulatori che rubano i sogni ai nostri giovani .Indimenticabili, nella giornata, sono stati il “momento di spiritualità” nella “cappellina” di Don Antonio e il pranzo di condivisione con i ragazzi di Exodus. Presenti a Milano anche il Presidente Provinciale di Reggio e Consigliere Nazionale Csi Paolo Cicciù ed il Presidente Regionale Csi Calabria Renzo Ambrogio.

Paolo Cicciù nell’suo intervento ha rimarcato il ruolo dello sport nell’educazione dei giovani  < A giudicare dalle statistiche e di  ricorrenti episodi di cronaca, il tempo libero dei giovani sembra essere sempre più un “vuoto a perdere”. Si calcola che i giovani abbiano a disposizione in media, durante i giorni feriali, circa tre ore da dedicare ai propri interessi e al divertimento che crescono sino a 4 ore per la fascia 18-20 anni. Le statistiche dicono anche che per gli adolescenti le due attività più gradite quando sono fuori di casa sono andare in discoteca e frequentare il bar del quartiere. A notevole distanza si collocano altre attività, come  la pratica sportiva.  Cresce il numero di ragazzi dipendenti da gioco d’azzardo, gli ultimi dati sono allarmanti .

Le attività culturali incidono ancora di meno. In casa il 32% dei giovani trascorre prevalentemente il proprio tempo libero guardando la tv, il 28% ascoltando la radio, il 16% navigando in Internet. Già ci sarebbe da preoccuparsi, non fosse che, c’è anche un “passatempo” in espansione, che sfugge alle statistiche, e che è fatto di teppismo motivato da noia. Accusare i nostri ragazzi di non saper sfruttare in modo costruttivo il loro tempo libero però è ingiusto.

Quali alternative gli abbiamo proposto? Quali spazi? Se piazze, bar e discoteche sono dappertutto, non accade altrettanto per gli impianti sportivi, le biblioteche e i teatri. L’emergenza educativa nasce da queste basi mancate, che poi è frutto della latenza di politiche giovanili proposte dalle Istituzioni. Cosa fare, allora, se è vero, come sostengono molti esperti, che la soluzione migliore sarebbe nella disponibilità di reti educative diffuse ovunque? La prima risposta che viene in mente è che la rete educativa in teoria c’è, ed è nei 95.000 punti di attività messi a disposizione dallo sport, tra club e società sportive.

Basterebbe che tutte loro se assumessero per intero la responsabilità di offrire educazione per “riempire” il tempo libero giovanile. Ora non sempre è così, poiché solo una parte ridotta della rete sportiva è significativa sotto il profilo della qualità educativa. Una congrua parte dell’attività sportiva giovanile è oggi piuttosto un fenomeno di consumo, una moda, la risposta ad una generica istanza salutista o, peggio, l’ennesimo parcheggio dove ancorare i figli. Intendiamoci: lo sport non è la risposta finale ai problemi educativi; educare nella società complessa e globale è compito complesso e globale, che va condiviso tra le diverse componenti sociali. Lo sport può essere un buon punto di partenza, un volano capace di mettere in moto il processo per coagulare forze e idee. Tutto questo è possibile solo se lo sport avrà il coraggio di mettere fuori i “cattivi maestri”.

Oggi servono adulti capaci di testimoniare i valori veri e autentici dello sport. Nelle prossime settimane sarà presentato il Progetto Nazionale Csi che prevede l’introduzione  del bollino di qualità “arancio – blu” per le società sportive più virtuose. Questo è il primo passo per promuovere, in Calabria, lo sport come processo educativo e di prevenzione e non come contenitore “sterile”di logiche “imbriglianti e disfunzionali alla crescita dei nostri ragazzi”.

La responsabilità educativa è diventata trasversale e tocca l’intero “villaggio” sociale. Educare è ora cosa troppo difficile perché basti affidarla alle invenzioni e all’esempio di qualche «apostolo». Bisogna essere in tanti, essere in rete, essere competenti, essere coraggiosi, essere appassionati. Tanto più che gli obiettivi educativi vanno ormai ben oltre l’apprendimento delle «buone maniere». Ai giovani dobbiamo conferire parametri chiari per molto altro ancora: in tema di solidarietà, di assunzione di responsabilità, d’integrazione, di tolleranza, di legalità, di democrazia, di cittadinanza attiva.

Lo sport è uno degli strumenti disponibili, e la società sportiva è uno dei pochi luoghi in cui i giovani di diversa provenienza possono essere aggregati e indirizzati a pratiche di vita virtuose. Il CSI ha scelto di educare attraverso lo sport, il gioco, la festa. Può sembrare poco, invece è moltissimo. Non serve predicare da altri pulpiti, da altre cattedre: i ragazzi hanno bisogno maggiormente di chi condivida con loro un pezzo di strada piuttosto di chi si limita ad indicagli un percorso. C’è un antico sapore di vangelo in questo stile: educare strada facendo, camminando insieme, coinvolgendosi l’uno nella vita dell’altro, sperimentando fianco a fianco fatiche e speranze nella ricerca della verità.

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Author: Maria Cristina Condello

Maria Cristina Condello ha conseguito la laurea Magistrale in "Informazione, Editoria e Giornalismo" presso L'Università degli Studi Roma Tre. Nel 2015 ha conseguito il Master di Secondo Livello in "Sviluppo Applicazioni Web, Mobile e Social Media". Dal 2016 è Direttore Responsabile della testata giornalistica ntacalabria.it

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