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Davanti alle più alte cariche dello Stato il primo cittadino, dopo aver dichiarato che con la sua elezione a Reggio è ritornata la democrazia, ha sancito che la contiguità è qualcosa di più grave rispetto ad un semplice” scioglimento per infiltrazione mafiosa (sic!), delineando un quadro nel quale “la ndrangheta, la politica e la burocrazia cittadina concertavano le strategie e disegnavano insieme il futuro della città”.
Un’immagine raccapricciante che però non trova alcun riscontro negli atti che hanno portato al commissariamento, né, tantomeno, risulta che, ad oggi, siano in corso indagini su un simile teorema.
Ancor più gravi sono le accuse che il Sindaco ha mosso nei confronti dell’apparato burocratico comunale, accusando le strutture ed i dipendenti di aver foraggiato la criminalità organizzata e la corruzione, dichiarandosi impossibilitato a smantellare tale impianto; ovviamente ha sottaciuto che l’attuale classe dirigente è stata selezionata, oltre un decennio fa, dell’allora Sindaco Falcomatà e del facente funzione Naccari Carlizzi, attraverso i famigerati concorsi che determinarono un nuovo assetto amministrativo a Palazzo San Giorgio.
Ma se il giovane della “svolta” è convinto di ciò che ha affermato di fronte ad una nutrita platea, ha il dovere di denunciare nelle sede preposte quanto è a sua conoscenza riguardo il teorema delineato, facendo i nomi dei dipendenti corrotti e collusi con la ndrangheta. Naturalmente e fugando ogni equivoco, le sedi preposte non sono le passerelle dell’antimafia di facciata, o quella stessa commissione parlamentare che lo ha sostenuto durante la campagna elettorale, bensì il Consiglio Comunale e gli uffici della Procura della Repubblica.
Riteniamo che non vi sia più tempo per tollerare che, mentre Reggio vive un disagio sociale senza precedenti e i reggini sprofondano nell’oblio e nella rassegnazione, il reggente municipale si impegni esclusivamente nell’attività di promozione della sua immagine a sostegno della propria carriera politica, in ciò supportato dai soliti giornalisti militanti- tutti insigniti del premio giornalistico promosso della Fondazione di famiglia – paventando addirittura che la scelta di Magistratura Democratica di tenere il congresso nazionale a Reggio sarebbe (il condizionale è d’ obbligo) un segnale di condivisione degli obbiettivi e dell’ attività (quale?) posta in essere dalla sua amministrazione .
Speravamo, considerata la sua giovane età, che il rampollo a targa PD aspirasse a fare carriera in politica attraverso l’impegno e la buona amministrazione a servizio della Città; per contro, constatiamo che si utilizza la carica a proprio uso e consumo continuando a denigrare, gratuitamente, Reggio al solo fine di presentarsi come il salvatore moralizzatore di una comunità -a suo dire- irrimediabilmente pervasa in ogni sua componente dal malaffare.
La nostra storia, ma prima ancora la nostra dignità, ci impongono di contrastare la strumentale opera di demolizione della nostra terra, luogo vitale che abbiamo sempre amato e servito, al di la dei ruoli e delle stagioni.
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