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Lo scorso 5 luglio lo scrivente Vincenzo Crea, nella qualità di rappresentante del “ Comitato spontaneo di cittadini – “torrente Oliveto” di Lazzaro chiedeva formalmente all’ARPACAL di Reggio Calabria di poter esercitare il diritto di accesso all’informazione ambientale, concernente il funzionamento dei depuratori presenti nel territorio di Lazzaro e Motta. Il Direttore del Dipartimento Provinciale di Reggio Calabria comunicava la disponibilità all’accesso all’informazione ambientale, subordinando la richiesta a delle limitazioni.
All’atto di accesso all’informazione ambientale la dirigente del Servizio Tematico Acque faceva presente che era permesso soltanto la visione e il rilascio di copie della documentazione riguardante gli accertamenti che hanno dato esito negativo poiché, essendo state inoltrate delle segnalazioni all’Autorità Giudiziaria, il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Reggio Calabria aveva formalmente fatto espresso divieto di rilasciare copia a chiunque. Pertanto per le informazioni richieste ci si doveva rivolgere a tali Autorità.
Nella circostanza ponevo l’accento che l’accesso agli atti trova precisi riferimenti nella Costituzione italiana e le leggi che disciplinano il procedimento amministrativo dettano precise e chiare norme alle quali bisogna attenersi e le forze di polizia non possono in alcun modo disporre diversamente da quanto stabilito dalle medesime leggi. Si poneva in risalto altresì che il Direttore pro tempore del Dipartimento Provinciale dell’ ARPACAL di Reggio Calabria, la stessa dirigente del Servizio Tematico Acque e il Commissario Straordinario della Direzione Generale dell’ARPACAL di Catanzaro, dott.ssa Sabrina Maria Rita Santagati, avevano inviato spontaneamente i risultati delle analisi inserendo questo Comitato tra i destinatari (Amministrazioni Centrali dello Stato, Uffici regionali e Provinciali, ASP, Forze di Polizia, Procura della Repubblica) a cui erano inviati gli esiti delle analisi che certificavano la non conformità delle acque ai parametri previsti dalla vigente normativa.
La dirigente del Servizio Tematico Acque riteneva comunque opportuno richiedere il parere alla Direzione Generale di Catanzaro in merito al rilascio della documentazione richiesta e nello spirito di mutua collaborazione che da sempre anima questo Comitato si aderiva all’invio di tale richiesta. In tale occasione per facilitare le ricerche si consegnava alla precitata Dirigente un elenco riportante le richieste, suddivise per anno, inoltrate dallo scrivente Comitato riproponendo l’importanza di visionare ed acquisire copia soprattutto della documentazione riferita agli anni 2001-2007 necessaria per integrare un esposto da presentare in giudizio concernente il funzionamento dei depuratori in quegli anni.
La risposta della Direzione Generale non si è fatta attendere e con nota del 19.9.2011 comunicava che le limitazioni poste all’accesso erano da considerarsi legittime ove le informazioni ambientali riferite ai controlli effettuati dall’Agenzia su richiesta delle autorità di Pubblica Sicurezza, titolari dei vari procedimenti di accertamento di illeciti amministrativi e a questi trasmessi per il seguito di competenza, non sono più detenute dall’ARPACAL o quando vi è motivo di ritenere che la divulgazione delle relative informazioni recherebbe pregiudizio allo svolgimento di procedimenti giudiziari o di indagini in corso.
Su tale risposta è superfluo ogni commento e insistiamo nel ripetere che la documentazione è stata prodotta e detenuta dal Dipartimento Provinciale dell’ARPACAL di Reggio Calabria e a quell’ufficio andava richiesta. Non è necessario che questo Comitato sia interessato direttamente al problema per accedere agli atti. Per lo stesso motivo e per la stessa pratica può chiedere l’accesso agli atti anche un cittadino residente a Bolzano perché l’ambiente non ha confine.
C’è da porre in risalto, tra l’altro, che stranamente non è stata fornita alcuna notizia in merito alle ricerche della documentazione risalente agli anni 2001/2007 che il Dipartimento Provinciale si era riservato di compiere.
Di fronte alle evidenti contraddizioni dell’ARPACAL, che ha dimostrato di non conoscere la normativa che disciplina il procedimento amministrativo, il cittadino è confuso. Tali comportamenti pongono tanti interrogativi, molte ombre e rafforzano in noi la convinzione che le certificazioni concernenti la balneabilità delle acque del mare di Lazzaro non sono reali. Di conseguenza la domanda si ripropone. Chi controlla il controllore atteso che a certificare la qualità delle acque di balneazione è (soltanto) l’organo regionale, quindi nella fattispecie la Regione è controllore di se stessa?.
Alla luce dei fatti appare legittimo ritenere che non siano stati eseguiti gli accertamenti ripetutamente richiesti dalla scrivente associazione anche sulle acque torrentizie, sebbene la documentazione fotografica e video da noi trasmessa dimostrasse la condizione di grave inquinamento e il danneggiamento del bene pubblico in atto. La mancata attivazione dell’ARPACAL su imput di questo Comitato spiegherebbe anche il perché non sia stato accolto l’invito, più volte rivolto dal Direttore Scientifico pro tempore dell’ARPACAL, dott. Francesco Nicolace, al responsabile del Dipartimento pro tempore dell’ARPACAL di Reggio Calabria, a contattare il responsabile del Comitato Oliveto e dare massima priorità allo svolgimento delle attività relative all’inquinamento segnalato. Invito suggerito anche dal Direttore Generale del Dipartimento delle Politiche dell’Ambiente della Regione Calabria, dott. Giuseppe Graziano.
Il fatto di non avere l’informazione ambientale richiesta ha impedito allo scrivente comitato di integrare le pratiche per alcuni esposti presentati in giudizio riguardo il riconoscimento della restituzione del canone di depurazione e il risarcimento del danno esistenziale.
Infine giova ripetere che tutta l’attività svolta da Organismi Istituzionali, nel caso in trattazione, non è altro che uno spreco di risorse pubbliche perché sarebbe come: alla presenza del rinvenimento di un corpo putrefatto richiedere una visita medica per stabilire se il corpo appartiene a persona viva o morta. E tuttora l’enigma non è stato chiarito perché non si sa se quel corpo putrefatto appartiene a essere umano vivo o morto. Questo è un aspetto del danno erariale. L’altro aspetto. In una situazione di guasto ambientale di straordinarie proporzioni, posto che l’ambiente non ha confini ed è un bene indisponibile, eventuali patologie da esso derivanti alcune di esse gravissime possono manifestarsi anche nel lungo periodo con conseguenze devastanti sulla salute umana.
La situazione di inquinamento e di danneggiamento delle acque fluviali e marine permanentemente in atto è riscontrabile a vista. A riguardo anche se più volte scritto, giova ripetere che per dimostrare tale stato di fatto non è necessario eseguire alcun accertamento tecnico e le segnalazioni che questo Comitato continua ad inviare alle Istituzioni non sono finalizzate all’accertamento dell’inquinamento bensì alla eliminazione della fonte inquinante che potrà avvenire soltanto con interventi strutturali sugli impianti di depurazione e con il conseguente rilascio al Comune di Motta San Giovanni della prescritta autorizzazione allo scarico.
Comitato Spontaneo “Torrente Oliveto” rappresentato da Vincenzo Crea
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