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C’è un sogno, c’è un’idea in Nino Guarnaccia, recuperare l’intero set cinematografico di Ortì di Reggio Calabria, studiare fotogramma per fotogramma di “Carne Inquieta” e far rivivere le strade, le piazze, le campagne, la chiesa e tutto ciò che riguarda la memoria del film.
Guarnaccia e la sua associazione culturale denominata “Ortì nel mondo” è convinto di poter effettuare un lavoro di scavo in una archeologia della memoria in quel paese che Leonida Repaci nella fantasia chiamò Gralimi, lacrime. Abbiamo intervistato Nino Guarnaccia, una delle comparse del film, per conoscere il suo inedito progetto.
“Gralimi di Leonida Repaci, Gralimi nella finzione cinematografica del regista Silvestro Prestifilippo, ma per noi è Ortì: un paesino, poco più che un villaggio, impregnato di storia sin dalle sue origini quando si chiamava Mesanova. Incastonato nel tufo di Monte Chiarello, arso dal caldo vento che sale dall’Africa, tempestato da quello gelido della Tramontana, stupendamente condito dalla salsedine e dall’odore di zagara dello stretto di Messina”.
Ortì è davvero incantevole nella sua prospettiva magica in una posizione geografica davvero invidiabile, ecco come continua a descriverla Guarnaccia: “ è alle pendici dell’Aspromonte da dove si può ammirare l’affascinante panorama che non trova eguali in nessun luogo della terra con il litorale reggino dalla punta di Pellaro alla collina di Pentimele, da Gallico a Villa San Giovanni. Lo stretto di Messina che assomiglia a un grande canale sempre affollato di piccole e grandi navi in transito.
Il rimpettante litorale di levante della Sicilia, da Catania a Messina. Fa da sfondo, il gigante Etna sempre fumante imbiancato sette mesi l’anno, la catena dei Peloritani sino a Ganzirri, con, alle spalle, le isole Eolie fra le quali svetta imponente il cono senza punta di Vulcano. Poi, in particolari condizioni atmosferiche, Sua Eccellenza la Fata Morgana mostra i suoi magici poteri: le immobili acque verdeazzurro dello Stretto, su cui le case di Messina, adagiate dolcemente, appaiono quasi assopite. Persino i mezzi a motore in movimento vi si rispecchiano. E’ una scena da mozzare il fiato, che lascia all’osservatore il segno per tutta la vita. Peccato che tale sortilegio duri poco”.
Questo si vede da Ortì, dagli occhi di Guarnaccia e di tutti quelli che da quassù cercano la lontananza. Sono passati giusto sessant’anni da quel lontano 1951 quando il paese di Ortì fu piacevolmente invaso da un cast cinematografico, capeggiato da Silvestro Prestifilippo, per girare, quasi integralmente, il film “Carne Inquieta”, tratto dall’omonimo romanzo del palmese Leonida Repaci. “La gente a Ortì ancora viveva di povertà – ricorda Guarnaccia – strappando alla terra tutto ciò che poteva servire alla propria sopravvivenza. Gli uomini, irrobustiti e induriti dagli affanni delle due guerre, affrontavano pacatamente qualsiasi sacrificio, le donne non erano da meno e li accompagnavano in tutto e per tutto.
Il paese era ancora illuminato da lampioni a petrolio, non essendo ancora arrivata lì l’energia elettrica. L’arrivo di quei forestieri portò una ventata di modernità e nello stesso tempo d’infinita curiosità. Era allegro e ricco quel cast; i bambini si raccoglievano a frotte intorno agli attori, perché sapevano che ci sarebbe stato anche per loro un sacchetto di viveri destinato alle comparse, in esso avrebbero trovato, tra l’altro, un bel panino bianco, e per quel giorno non si sarebbe mangiato il solito pane nero. Avevano diversi macchinari, tra i quali un generatore di corrente che era grande quanto un furgoncino. Io allora ero bambino ma oggi ricordo ancora benissimo la voce di un uomo che gridava “Mario, accendi i motori!” e come per magia, una volta avviato quel rumoroso e infernale macchinario, si accendevano tutti i fari che illuminavano a giorno il circondario.
Raccontano che una volta, nel girare una scena sotto un grande pergolato di vite, quelle luci emanarono un calore così forte da fare maturare l’uva. Il ricordo di quei giorni è ancora vivo a Ortì nella mente degli ultra sessantacinquenni”. Purtroppo le comparse locali che ingrossarono il cast, oggi non ci sono più, ma prima di andarsene hanno certamente raccontato a figli e nipoti qualche aneddoto con protagonisti d’eccezione come Raf Vallone e Marina Berti; quest’ultima, fra la gente del paese, è ricordata col nome di Femia, la protagonista della storia. Ciò trova la sua logica spiegazione nel fatto che durante buona parte delle riprese del film il povero Peppe Lamia (Raf Vallone) per le viuzze e le campagne di Ortì gridava a gran voce questo nome.
Guarnaccia vuole andare casa per casa con la sua piccola videocamera, vuole chiedere alla gente di raccontare il ricordo e la memoria di questo film, vuole recuperare forografie e documenti delle persone che hanno partecipato al cast come comparse. “Se ancora oggi, dopo tanti anni, un forestiero chiedesse a un giovane del paese di Raf Vallone e di Femia, egli risponderebbe “Carne Inquieta”. Consideriamo che per noi, gente di Ortì – conclude Nino Guarnaccia – quest’opera del regista Prestifilippo non è soltanto un film da vedere, bensì un documento che riguarda il nostro passato storico.
Per questo motivo il mio sogno sarebbe di dedicare anche una giornata alla proiezione del film nella sua veste integrale e in lingua nazionale, nel luogo dove esso fu creato, così da avere l’opportunità di illustrare ai giovani, antichi luoghi e personaggi che rivivono ogni volta, e ancora una volta, allo scorrere dei fotogrammi”.
Franco Vallone
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