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E’ inutile nascondere che lo scioglimento del Consiglio Comunale di Reggio rappresenta una gravissima ferita per l’intera città, una sconfitta per ognuno di noi di fronte alla quale nessuno è legittimato a chiamarsi fuori.
Peraltro sembra altrettanto chiaro come gli elementi generali emersi dagli atti, e le motivazioni poste alla base del decreto di scioglimento, abbiano reso il commissariamento l’unica soluzione praticabile, tanto dolorosa quanto inevitabile.
Ciò nonostante ci preoccupa la tensione e l’odio di questi giorni che si respira nell’aria cittadina, ci spaventa la possibilità di faide civili che non avranno altro effetto se non quello di acuire il dolore di una città ferita.
La drammaticità della situazione impone al contrario alcune riflessioni indifferibili ed una precisa richiesta a chi, in questo caso i Commissari, è deputato per i prossimi 18 mesi alla guida della città.
Le riflessioni riguardano innanzi tutto l’individuazione di chi dovrà sostenere il costo dello scioglimento. E’ infatti chiaro che quanto stiamo vivendo porterà con sé un prezzo da pagare, se non altro in termini di difficoltà ad individuare luoghi di dibattito democratico, di acredine e scontri tra cittadini, di difficoltà e lungaggini istituzionali su questioni focali. E questo a prescindere dalle capacità e dall’impegno dei Commissari che, ne siamo certi, non mancherà.
In questo senso la nostra paura, peraltro già manifestata prima del provvedimento del Ministro Cancellieri, è che il prezzo più alto lo debbano pagare proprio le fasce più deboli e fragili della cittadinanza.
Sappiamo bene, e la cronaca recente lo può confermare, come le politiche sociali a Reggio Calabria abbiano dovuto sopportare una fase di grave regressione negli ultimi anni. I servizi verso le fasce deboli, per la stragrande maggioranza portati avanti dal Terzo Settore e dal volontariato, hanno dovuto fare i conti con un deficit strutturale che ha determinato un buco di circa due anni nel pagamenti delle spettanze dovute a cooperative ed associazioni.
I conti sono presto fatti: il credito vantato dal Terzo Settore per residui relativi agli anni 2010-2011 supera i 5 milioni di euro, mentre per il corrente registriamo un arretrato di 5 mensilità, pari a circa 1 milione 350 mila euro.
E’ quindi indubbio che nel corso degli ultimi 4 anni il mondo delle organizzazioni no profit ha garantito, sulle proprie spalle e, purtroppo, su quelle degli operatori, il mantenimento del sistema dei servizi sociali a Reggio Calabria.
In altre parole se in città si sono portati avanti servizi essenziali nei confronti di anziani, disabili, minori e persone in difficoltà, lo si deve alle cooperative ed alle associazioni che, esponendosi direttamente con fornitori e banche, hanno garantito continuità alle proprie attività.
Questo è un dato inconfutabile, rispetto al quale ritengo doveroso che l’intera cittadinanza rifletta con attenzione, dandone atto a tutti quegli operatori che ogni giorno, tra lacrime e fatiche, consentono a Reggio di mantenere un minimo di civiltà e solidarietà umana.
Mi sembra quindi fortemente ingiusto che, come purtroppo sta accadendo, venga messo in discussione proprio il mondo del Terzo Settore, additato con una certa “leggerezza generalista” come terminale di interessi della criminalità organizzata.
E’ bene essere chiari sul punto. Non poniamo dubbio alcuni sui presupposti che hanno portato allo scioglimento del Consiglio Comunale, anzi auspichiamo che questo momento, comunque drammatico per la città, diventi un periodo di crescita e di impegno per tutta la parte sana della cosiddetta società civile. Al contempo però ribadiamo, con umiltà e con altrettanta fermezza, che il mondo del Terzo Settore reggino possiede capacità, competenze e valori che da sempre ha posto al servizio della collettività, senza alcuna pretesa di rendite di posizione o affaristico-mafiose.
Lo dimostrano le battaglie per i diritti dei più deboli portate avanti nel corso di questi anni e le storie quotidiane di tante donne ed uomini che hanno fatto dell’impegno sociale una scelta di vita, pagando in prima persona e divenendo spesso più poveri di coloro che servono.
In quest’ottica vanno lette anche le diverse iniziative che in questi anni pezzi importanti del mondo della cooperazione sociale hanno portato avanti nel campo dell’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Iniziative che sul nostro territorio, già estremamente povero di opportunità lavorative, si trovano a dovere quotidianamente fare i conti, oltre che con le difficoltà di ogni calabrese in cerca di lavoro, con lo stigma sociale che spesso accompagna le persone che si tenta di reinserire. Uno stigma che riguarda tutti, siano essi disabili, siano essi ex tossicodipendenti o detenuti e che pure, nonostante tutto, viene affrontato senza paura ogni giorno da centinaia di cooperative in tutta Italia che si sforzano di produrre lavoro e speranza anche in favore di persone sulle quali nessuno è disposto a scommettere. Basti pensare ai piccoli miracoli delle tante esperienze agricole, delle imprese sorte sui beni confiscati alle mafie, delle attività commerciali ed imprenditoriali nate proprio dall’iniziativa coraggiosa di persone pronte a sognare un futuro diverso.
Piccole e grandi realtà che vanno comprese, aiutate e tutelate, e non guardate con sospetto perché, in ossequio della legge, annoverano tra le proprie fila lavoratori ex detenuti o tossicodipendenti con precedenti penali.
Il Terzo Settore è un fenomeno complesso, articolato, che spesso, e questo è un limite, non si lascia comprendere sino in fondo. Un mondo certamente non esente da errori, ma non per questo da additare come realtà malata o a rischio di condizionamenti, in particolare pensando alle tante esperienze che da oltre un trentennio offrono risposte ai cittadini più deboli, promuovendo la dignità umana e la speranza.
Il terzo settore si sforza, pur con mille limiti, di prendersi cura della parte più debole ed a rischio di una società malata, e nel farlo si sporca le mani, scende sulle strade, naviga in mezzo al fango, si inoltra oltre i margini delle periferie umane, superando confini di pregiudizio per altri invalicabili.
Abbiamo deciso di rompere il rispettoso silenzio che abbiamo tenuto a seguito dello scioglimento del Consiglio Comunale perché oggi tutto ciò è seriamente a rischio.
Oltre a ritrovarsi schiacciato dai debiti, sull’orlo del fallimento economico, il Terzo Settore reggino rischia di perdere anche la propria credibilità ed autorevolezza di fronte al mare di fango che, come uno tsunami incontrollabile, si è rovesciato sulla città.
La relazione della commissione di accesso, resa irresponsabilmente pubblica senza censura alcuna, fornisce, come giustamente osservato dal Commissario Panico, un quadro generale, a dir poco sconcertante, ma non può e non deve determinare una lettura generalista capace di colpire indistintamente tutti e tutto.
Detto ciò appare evidente come la città di Reggio sia di fronte al rischio di un’emergenza sociale senza precedenti.
Il commissariamento del Comune giunge infatti in un momento già drammatico per le politiche sociali reggine. Abbiamo espresso, in tempi non sospetti, il timore che il commissariamento potesse cadere come una mannaia sulle teste dei più deboli. Infatti il normale periodo di osservazione che, giustamente, la triade commissariale dovrà prendersi prima di ri-attivare le procedure ordinarie, potrebbe risultare letale per un contesto già provato oltre ogni dire da anni di ritardi ed omissioni.
Il risultato potrebbe portare all’interruzione e quindi alla chiusura dei servizi, con una conseguente sospensione dei diritti umani e civili in questa città.
Ed ecco quindi la richiesta per i Commissari: un’attenzione particolare ed urgente alla problematica delle politiche sociali, capace di scongiurare il rischio immediato di chiusura per poi riprogrammare su basi più solide. A tal fine abbiamo chiesto un incontro alla struttura Commissariale per esporre le diverse problematiche che ci stanno strozzando ed ipotizzare possibili soluzioni. Siamo infatti convinti, e lo ribadiamo con forza oggi, che nei momenti di difficoltà una vera comunità deve essere capace di programmare il proprio futuro a partire dai suoi figli più piccoli e fragili.
Vediamo nel periodo di commissariamento che abbiamo davanti un’occasione di importanza fondamentale per la società civile di riappropriarsi del proprio ruolo politico e democratico.
Su queste basi il Terzo Settore è pronto a svolgere la sua parte, con la passione e l’impegno di sempre.
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