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Il quadro che emerge dal Piano di investimenti enucleato da Contship Italia pochi giorni fa a Londra durante il “Containerisation International”, deve necessariamente richiamare tutti gli attori interessati ad un’attenta riflessione su quello che potrà essere il futuro prossimo del porto di Gioia Tauro.
Lo scalo gioiese, infatti, non rientra nel progetto di potenziamento che a livello nazionale il Gruppo Contship ha appena deciso. Probabilmente c’era da aspettarselo, considerando non solo il nuovo asset societario ma anche la progressiva dismissione che da anni sta interessando il terminal di Gioia Tauro da parte di Contship Italia, iniziata con l’addio di Grand Alliance nel 2008.
Il progressivo smantellamento ha portato in pochi anni il primo terminal del Mediterraneo, per mancanza di commesse, ad attivare la cassa integrazione straordinaria che coinvolge la metà dei dipendenti e che rischia di aggravarsi se non si invertirà tale tendenza. “Non siamo preoccupati per la mancanza di investimenti su Gioia Tauro – dichiara il segretario nazionale del SUL Antonio Pronestì – perché la nostra struttura ha tutte le carte in regola non solo per il transhipment che gli altri porti italiani non hanno, ma siamo fortemente preoccupati – e lo abbiamo denunciato più volte – per il disinteresse dimostrato da tempo dal gruppo monopolista che gestisce lo scalo.
Il problema non sta nel fatto che alla luce dei programmi di Contship Italia, Gioia Tauro non vedrà un centesimo, ma nel fatto che pur registrando, con i volumi attuali, un traffico di merci importante l’azienda lascia 6 gru inoperose parcheggiate dimostrando di non voler potenziare le attività pur avendo gli strumenti.
Noi accettiamo di buon grado che il Gruppo guardi a potenziare altre realtà italiane, ma non possiamo accettare che si usi Gioia Tauro solo come postazione strategica nel Mediterraneo. Non riusciamo a capire perché per continuare l’attività a Gioia Tauro, dove si ha già tutto per fare transhipment secondo la richiesta del mercato, si pretende la riduzione delle accise, l’abbattimento delle tasse di ancoraggio e degli oneri sociali perché i lavoratori costano molto e gli stessi problemi non esistono nelle altre realtà portuali. Non essendo manager o economisti e considerando che la produttività del nostro porto viaggia a livelli altissimi, non ci resta che pensare che o negli altri porti i lavoratori si autofinanziano il lavoro – ma non ci risulta che siano autolesionisti come lo sono stati in passato e per lunghi anni i portuali gioiesi – oppure l’azienda sta cercando scuse per giustificare il suo disinteresse. È per questo che da tempo chiediamo a tutti di vederci chiaro.
A nulla servirà, infatti, lo sforzo che la Regione Calabria sta facendo insieme all’Autorità Portuale, ai lavoratori ed ai sindacati per sostenere la crisi dichiarata da MCT se l’azienda continua nella direzione intrapresa”. Infatti, mentre si chiedono enormi sacrifici ai lavoratori dello scalo gioiese e soprattutto mentre si sollecitano Regione e Governo a fare la loro parte per abbattere strutturalmente le tasse di ancoraggio, le accise sul gasolio, il costo del lavoro; mentre la Regione Calabria, grazie al lavoro attento e certosino del suo vicepresidente Antonella Stasi, mette sul piatto 25 milioni di euro per i contratti di investimento, riesce a farne sbloccare altri 25 dal MISE previsti per Gioia Tauro e si impegna a investirne altri 8 per il ferrobonus ed altre operazioni di marketing per promuovere il porto a livello internazionale; mentre il vice ministro Mario Ciaccia in visita nei giorni scorsi a Gioia Tauro, promette di sbloccare i 5,2 milioni di euro per le tasse di ancoraggio del 2011 e prospetta un tavolo ministeriale con il ministro Passera per affrontare tutti i nodi per rilanciare il porto di Gioia Tauro definito dallo stesso Ciaccia “struttura prioritaria non solo per l’Italia ma per l’intero sistema europeo dei trasporti nel nuovo modello a rete“ , nel frattempo Consthip punta su Cagliari, Ravenna e la Spezia dove i 200 milioni euro da investire sino al 2015 serviranno a potenziarne le banchine e renderle strutturalmente idonee ad ospitare le grandi navi da 18..000 teus.
Non possiamo non pensare che ci sia un disegno ben strutturato a monte per cui l’ hub di Gioia rimane strategico solo nella misura in cui è necessario che potenziali concorrenti non possano insediarsi al suo interno. Per il resto si navigherà a vista verso questo fantomatico 2015 che, a detta degli esperti, porterà un incremento sostanziale di container in tutti gli scali del Mediterraneo ma che a Gioia Tauro rischieranno di non poter essere opportunamente accettati per la carenza e l’obsolescenza delle sue strutture. Inoltre siamo chiamati, a breve, a dover riaffrontare il problema della CIGS non più per mancanza di traffico delle merci, ma per esubero di manodopera causato dall’ aumento indiscriminato della produttività dei lavoratori che per paura di perdere il lavoro mantengono ritmi che mettono a repentaglio la loro sicurezza, una cosa insostenibile che affronteremo – viste le azioni di Contship – con determinazione augurandoci che si possa gestire in modo sereno e con responsabilità da entrambe le parti perché bisogna far conciliare le esigenze aziendali con le esigenze dei lavoratori che hanno bisogno di avere certezze e di riappropriarsi della loro dignità che in quest’ultimo anno è stata più volte calpestata.
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