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Quella di Lucia, suicida a 28 anni, è la storia innanzitutto di una tragedia in una terra, la Calabria, che si racconta ancora troppo poco, chiusa nei suoi drammi quotidiani e nelle problematiche più spicciole che sembrano quasi non suscitare troppo scalpore o imbarazzo.
E’ un racconto, senza epilogo, che evidenzia i tratti ormai ben definiti di un malessere, quello di una generazione smarrita tra le incertezze del futuro. Un futuro sempre più lontano in una Calabria già oppressa e intimidita da altre e ben note criticità che soffocano le speranze, soprattutto dei più giovani, costretti spesso a fuggire altrove.
Ma non è il caso di Lucia, che aveva invece preferito vivere la sua Calabria, in cui continuare a credere e coltivare il sogno, quello di tanti giovani come lei, di mettere a frutto la propria preparazione universitaria, spesso conseguita fuori regione fra tanti sacrifici economici e personali, senza compromessi e con l’onesta di chi rivendica diritti e non favori.
Quello della disoccupazione, soprattutto giovanile, è un dramma che colpisce una fascia sempre più ampia di calabresi, giovani e meno giovani, che spesso si accompagna ad un forte disagio sociale di non più trascurabile entità ed interesse per una società civile degna di definirsi tale.
Affrontare il problema è una emergenza e una responsabilità di tutti, a partire da una classe dirigente chiamata a tutelare gli interessi della collettività e il bene, non solo materiale, di ogni singolo individuo.
Il dolore della famiglia di Lucia, al quale tutti ci leghiamo, non può indiscutibilmente essere oggetto di alcuna strumentalizzazione, ma di profonda e seria riflessione per una società cosciente di non sentirsi affatto estranea ai disagi che la vita nelle sue difficoltà molte volte comporta, quando l’essenziale sembra inutile ed il “futile”, troppo spesso, l’interesse generale.
Cesare Anselmi
(Componente Coordinamento Regionale FLI Calabria)
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