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E’ stato notificato al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministero dello Sviluppo Economico, al Ministero dei Beni Culturali ed alla società proponente SEI S.p.A., il ricorso della Regione Calabria – informa una nota dell’ufficio stampa della Giunta regionale – predisposto dagli avvocati Paolo Arillotta e Benito Spanti, dell’Avvocatura regionale, per l’annullamento del decreto del Presidente del Consiglio, che ha recepito il favorevole parere espresso dalla Commissione per la verifica di impatto ambientale del Ministero dell’Ambiente, con il quale è stata dichiarata la compatibilità ambientale della costruzione della centrale a carbone nel sito di Saline Ioniche.
Il ricorso è stato pure notificato agli altri enti locali direttamente interessati alla realizzazione dell’intervento (Provincia e Comune di Reggio Calabria, Montebello Ionico, Melito Porto Salvo, Condofuri, Bagaladi, Motta san Giovanni, San Lorenzo) che avevano già espresso il loro orientamento e proposto osservazioni alla Conferenza dei servizi, anche al fine di sollecitarne, ove lo ritengano opportuno, un intervento nel giudizio promosso dalla Regione Calabria.
Il ricorso ribadisce la contrarietà degli enti locali interessati sulla scorta degli atti di programmazione adottati dagli organi regionali ben prima della proposta avanzata dalla SEI, primo fra tutti il Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR) del 2005, e le cui linee di aggiornamento sono state approvate dalla Giunta regionale nel 2009, che individuavano nell’incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili la strategia di fondo in materia, tenuto anche conto che la Calabria in atto produce più energia di quanto ne consuma ma anche dei vincoli comunitari che impongono la riduzione delle emissioni di CO2 nella misura del 20% rispetto al livello del 1990.
La stessa impostazione strategica è stata posta a base, tra l’altro, dell’Accordo di Programma Quadro sull’Energia, stipulato il 22 dicembre 2008 dal Governo italiano con la Regione Calabria e nel quale si afferma che gli interventi da realizzare dovevano riguardare le fonti rinnovabili: solare termico, solare fotovoltaico, idrico ed eolico.
I provvedimenti governativi impugnati si muovono dunque in direzione contraria alle autonome scelte programmatiche effettuate dalla Regione nell’esercizio di funzioni che l’ordinamento costituzionale attribuisce alla sua competenza. Anche per questo la Regione sostiene una violazione dei principi di leale collaborazione, di sussidiarietà, delle sue sfere di competenza in materia di programmazione dello sviluppo economico, della tutela della salute, dei beni culturali e paesaggistici, che trovano positivo riconoscimento negli articoli 117 e 118 della Costituzione.
Le norme di settore, relative agli impianti superiori ai 300 Mega Watt, in particolare quelle contenute nelle leggi n. 55/2002 e n. 239/2004, prescrivono che le autorizzazioni alla realizzazioni di tali impianti debbano essere adottate “di intesa con la regione o le regioni interessate”.
Intesa che nel caso della proposta di costruzione della centrale di Saline è del tutto mancata avendo la Regione Calabria espresso il proprio motivato dissenso sin dalla prima seduta della conferenza dei servizi poi ribadito in atti del Consiglio, da ultimo l’ordine del giorno n. 66 del 2012, della Giunta Regionale, del Presidente della Regione Giuseppe Scopelliti.
Per evidenziare i profili di incostituzionalità che i provvedimenti governativi concretizzano, il ricorso della Regione richiama la sentenza della Corte Costituzionale n. 6 del 13 gennaio 2004, che ha riconosciuto la necessità di una intesa “in senso forte” tra Stato e Regioni, e, quindi, valore essenziale al parere favorevole della regione interessata alla realizzazione di un impianto di tale potenza.
Il ricorso evidenzia anche le molteplici carenze istruttorie cui è incorsa la Commissione di Verifica di impatto ambientale che ha omesso di valutare con la dovuta attenzione le ricadute su una zona di particolare pregio ambientale, ma anche interessata dalla presenza di siti archeologici, sia per quanto riguarda la costruzione della centrale ma anche per la realizzazione dell’elettrodotto necessario ad immettere in rete l’energia elettrica prodotta. Lo stesso Ministero dei Beni Culturali ha espresso motivato parere negativo per la realizzazione della centrale
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