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Una riflessione approfondita sullo scioglimento dell’Amministrazione Comunale da parte del governo deve partire da ciò che il ministro Cancellieri ha effettivamente dichiarato.
Il provvedimento, è stato detto, serve per difendere la Città e la sua massima istituzione rappresentativa, nonché i cittadini da un’aggressione criminale che negli anni si è fatta sempre più condizionante, tanto da determinare l’impossibilità per impiegati, funzionari, consiglieri, assessori e sindaco di impedire un oggettivo governo malavitoso della cosa pubblica.
Io mi dichiaro contrario a un siffatto scioglimento. Una contiguità, una vicinanza asfissiante del malaffare che soffoca la dialettica democratica ed il buon governo, non può coprire altri fatti inquietanti e gravissimi che si sono verificati, sia sotto le passate amministrazioni che durante l’ultima campagna elettorale, e che andavano perseguiti già allora, sottraendo così i presupposti per lo scioglimento.
Il primo, vilmente sottaciuto dalle cosiddette opposizioni per volgare tornaconto, è il gravissimo furto di democrazia realizzato a Reggio con i brogli elettorali consumati (secondola CommissioneElettoraledella Corte d’Appello che ha inopinatamente proclamato i risultati) in 177 sezioni su215, incui sono state commesse illegittimità, irregolarità, illegalità che ho denunciato in ogni modo recandomi anche in procura assieme al collega candidato sindaco prof. Siclari. La trasmissione di quegli atti alla procura a tutt’oggi non ha sortito alcun risultato. Attorno al presidente-governatore-imperatore e supercommissario a tutto a Reggio e in Calabria sembra esserci stato un cerchio magico, che solo oggi mostra qualche crepa: la sensazione comune dei normali cittadini è però che di volta in volta le elezioni le vince chi nel palazzo di giustizia decide di non decidere (emblematico il caso Rappoccio) e non il legittimo risultato che deve uscire dalle urne. Questo consiglio comunale doveva durare, e ne dovevano far parte i consiglieri ed il sindaco effettivamente eletti dai cittadini.
Il secondo fatto riguarda la dichiarazione di dissesto finanziario del Comune. Anche grazie al debole inizio di moralizzazione della vita (e dei conti) pubblici da parte del governo, oggi sappiamo tutti che una norma già esistente impedisce agli amministratori responsabili dello sperpero di denari pubblici la ricandidatura in ogni funzione pubblica per 10 anni.
La dichiarazione della terna commissariale sul forte tentativo che intende porre in atto per evitare la dichiarazione di dissesto desta gravi e forti perplessità: evitare il dissesto non può coprire le responsabilità di chi ha amministrato male e deve risponderne sul piano contabile, amministrativo, etico e politico. I 200.000 reggini che vedono le magre buste paga ridursi ogni mese (tasse comunali persino nella bolletta Enel!) devono sapere che i commissari per evitare il dissesto potranno (o dovranno?) raddoppiare l’IMU, le tariffe dell’acqua, dei rifiuti, e la stessa IRPEF, togliendo nel contempo alla città nuovi pezzi di servizi essenziali (trasporti ATAM, buoni libro, mense scolastiche, scuolabus, assistenza ai poveri e disabili, manutenzioni etc.).
L’intenzione dichiarata dal Ministro dell’Interno che il governo “intende ripristinare la legalità a Reggio” è sicuramente lodevole. Ma è anche un pesante atto di autoaccusa verso le autorità centrali dello Stato che hanno lasciato per decenni questa città sola davanti a minoranze spavalde, agguerrite, foraggiate e ben rappresentate all’interno dei pubblici poteri, senza muovere un dito. Due anni fa il ministro delle Finanze Tremonti ha inviato una commissione d’inchiesta per valutare le finanze del Comune. Già allora si sapeva ufficialmente che almeno 170 milioni di euro erano stati mal spesi. È seguita una perizia del tribunale per conto della Procura, che nelle indagini seguite alla tragica scomparsa di Orsola Fallara ha confermato le cifre della disamministrazione. Le ingiunzioni non rispettate della Corte dei Conti si sono susseguite a catena. Quali interventi sono venuti dal ministro delle Finanze di allora? E dal ministro dell’Interno che vigila sugli enti locali? E da chi rappresenta i poteri di prevenzione, contrasto e repressione dei reati, anche in materia di sicurezza? E da chi ha in mano la garanzia del regolare svolgimento delle elezioni? Tutto è stato lasciato marcire fino alla catastrofe.
Io non penso proprio che a pagare sulla propria pelle la criminale assenza dei poteri dello Stato possano essere i cittadini di Reggio: i cittadini che hanno votato; quelli che pagano le tasse; quelli che hanno diritto ad essere difesi sempre, e non puniti per l’incuria omertosa di chi doveva provvedere per tempo: a pagare i conti e il conto del dissesto deve essere lo Stato.
Carlo Sbano
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